Tutti gli scrittori (nessuno escluso!) orbitano attorno a due pianeti: il Generale e lo Specifico.
Quando si tratta di scrittura, però (ormai lo sai se segui da un po’i miei articoli), non esiste LA regola che dice “fai questo e fai quello”. Quindi, non esiste lo scrittore di serie B (o A) che generalizza o di serie B (o A) che specifica.
Tuttavia, spesso, nell’economia di una frase, è meglio o generalizzare o specificare, ed è sbagliato generalizzare o specificare.
Oggi vediamo alcuni casi in cui generalizzare funziona poco e soprattutto penalizza.
I puristi dello “show, don’t tell” epurano qualsiasi elemento di “disturbo” dai testi che scrivono (se autori) e che correggono (se editor).
A me una scrittura in “tell” non dispiace, o perlomeno non sempre la vedo con gli occhi di fiamma.
Come sempre, però, a tutto c’è un limite, e nel caso della scrittura in tell c’è un limite che, se varcato, potrebbe annoiare il lettore… o peggio.
Scrivere un buon dialogo è un’arte che non può essere appresa in due giorni e nemmeno in dieci anni. È un lavoro costante che lo scrittore, anche il più bravo, fa su di sé e sulle proprie storie. Cancella e riscrive, cancella e riscrive, finché il dialogo non è quello giusto. Ossia, è verosimile, porta avanti la storia, dà voce al carattere di ciascun personaggio. Scrivere un dialogo non è quindi facile e ci vogliono ore e ore di tentativi. Prima di capire quali sono i trucchi per un dialogo efficace, dobbiamo però capire cosa evitare.