
Sappiamo tutti che il dibattito intorno all’autopubblicazione non terminerà domani e nemmeno fra qualche anno.
È la battaglia, chiamiamola così, fra tradizione e innovazione. Fra chi difende (per rimanere nella metafora) l’editoria tradizionale e chi si ribella cercando nuovi porti a cui approdare.
Una battaglia che, come tante, non ha né vinti né vincitori, ma due fronti lunghi ormai chilometri.

Caro editore, o aspirante editore:
questo articolo è per te. Per te che ogni giorno devi schivare i sassi che i tuoi autori ti tirano contro. Per te che ogni ora devi fronteggiare minacce di querela e quant’altro. Per te che fai il tuo lavoro ma raramente riceverai un grazie.
Questo articolo è per te (anche perché i “tipi di autore” di cui scriverò hanno l’ego talmente enorme da non rendersi conto che si sta parlando di loro).

Dopo la bufera e altro (non è una poesia) che si è tirato addosso l’ufficio stampa Il Taccuino, è bene fare una riflessione, ancora una volta, sulle recensioni negative. Una riflessione che va a toccare due pilastri di qualsiasi Nazione democratica: la libertà di parola e il reato di ingiuria e diffamazione.