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Nel 2015 ho acquistato il mio primo e-reader (un Kindle che ormai sta tirando le cuoia dal troppo utilizzo) e ho letto il mio primo libro autopubblicato.
Non sapevo nemmeno che esistessero, se devo dirtela tutta.
Per me c’era non grande differenza tra un libro autopubblicato e un libro prodotto con una casa editrice: l’importante era il contenuto. E lo è anche adesso.
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Fino a qualche anno fa, giravano sui social post promozionali che promettevano, con il Metodo Unico e Certo, di renderti ricco grazie all’autopubblicazione, qualsiasi fosse il tuo settore.
Adesso, a questo si è aggiunta l’intelligenza artificiale: diventa ricco con il self-publishing grazie alla IA.
Ma siamo davvero sicuri che sia così?
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Sappiamo tutti che il dibattito intorno all’autopubblicazione non terminerà domani e nemmeno fra qualche anno.
È la battaglia, chiamiamola così, fra tradizione e innovazione. Fra chi difende (per rimanere nella metafora) l’editoria tradizionale e chi si ribella cercando nuovi porti a cui approdare.
Una battaglia che, come tante, non ha né vinti né vincitori, ma due fronti lunghi ormai chilometri.
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Voglio essere schietta come sempre: in Italia ci sono tanti libri autopubblicati, tantissimi, ma non tutti decollano. Anzi, un buon 60% finisce nel dimenticatoio o viene letto da poca gente, amici, parenti, vicini e conoscenti. Mi sono domandata quindi il perché, e la risposta non mi è piaciuta. La voglio comunque condividere con te.