In anteprima assoluta un estratto del nuovo romanzo di Cosimo Mirigliano, “L’estate interrotta”, uscito il 21 giugno 2019 e disponibile su tutti gli store online e in libreria.

Luglio 2016

«Mamma, posso portare con me le monetine?»

«Amore, a Londra non va bene l’euro, lì c’è solo la moneta locale, che è la sterlina. Puoi portarle, ma non ci puoi comprare niente.»

«Grazie, mami, allora le lascio qua.»

Carlotta recupera il piccolo Samuel e la borsa sul tavolo; una volta chiusa la porta d’ingresso raggiunge Gabriel, che si trova già alla guida dell’auto.

Prima di prendere l’autostrada in direzione di Milano, i tre passano dal lungomare di Napoli per dare l’ennesimo saluto alla città. I nonni del piccolo li stanno aspettando nel capoluogo lombardo per quella che sarà una sosta di due giorni, per poi proseguire verso la capitale inglese.

Dieci anni prima, Carlotta e Gabriel sono stati in Inghilterra, ma in aereo. Quando hanno deciso di rifare quel viaggio in macchina è stato solo perché volevano arrivarci con calma, assorbendo chilometro dopo chilometro l’idea di ritornare in quella città.

Dopo la sosta a Milano, si immettono nuovamente in macchina e proseguono costanti alla velocità massima consentita dal codice stradale.

Dopo tutti quei lunghi anni, Carlotta e Gabriel stanno per tornare a Londra, mentre per il piccolo Samuel sarà la prima volta. Una decisione, quella di andare nuovamente nella capitale inglese, costata loro anni e anni di dispute e incertezze. Anni in cui Carlotta ha cercato di esortare Gabriel a farlo, e in cui ripetutamente lui si è ricusato. Fino a circa cinque anni prima. Solo che, il giorno della partenza, è stata lei a cambiare idea.

«Gabri, la scelta di partire nel cuore della notte è stata una grande mossa. Guarda, per strada non c’è praticamente nessuno. Poi ti immagini viaggiare di giorno con questo caldo?»

«Sì, amore, lo so. Il tuo Gabri ha sempre delle buone idee. A proposito, hai controllato la camera prima di uscire? Non vorrei mai che succedesse come quella volta che siamo andati alla Reggia di Caserta. Che testa che hai.»

«Dai, scemo, smettila di prendere in giro la mia sbadataggine! Ti ricordi invece com’ero al liceo? Non mi sfuggiva niente.»

«Sì, ricordo bene tutto.»

Dopo cinque ore circa, fanno una piccola tappa per il rifornimento e il piccolo Samuel ne approfitta per andare a fare pipì. Si sente un ometto, oramai, ragion per cui appena il padre si propone di accompagnarlo lui si rifiuta categoricamente. Intanto Carlotta entra nel bar e recupera delle bottiglie di acqua fresca e un paio di brick di succhi di frutta per il piccolo. Una volta fatto il pieno, riprendono i loro posti e continuano spediti il viaggio.

Dopo un centinaio di chilometri cala il silenzio, quando alla radio viene trasmessa una hit del 2006, “You’re Beautiful”, di James Blunt. All’epoca era la canzone prediletta da Carlotta, ma in Gabriel provoca molesti turbamenti.

«Papi, cos’hai? Quando la mamma ascolta questa canzone hai sempre quel musone da papà triste.»

«Ehi, piccolo, non ti sfugge nulla, eh? Non è niente. È solo che questa canzone mi ricorda una persona che non c’è più.»

«Che vuol dire, che non c’è più? Che è andato via da Napoli?»

«Più o meno. Ma un giorno papà o mamma ti spiegheranno meglio dov’è andata questa persona.»

Il piccolo Samuel, per via della monotonia del percorso, inizia a trastullarsi con un gioco che gli è stato regalato dal nonno, ma appena il sole inizia a picchiare sul suo finestrino si abbandona a un sonno profondo.

I genitori continuano il viaggio con una rara commozione: Carlotta contempla il paesaggio con la consapevolezza che sta per ritrovare se stessa; Gabriel, invece, attende il momento in cui il passato gli ripiomberà addosso.

«Amore, sei sicura di quello che stiamo facendo? Perché lo dobbiamo fare? Siamo già abbastanza felici così.»

«Gabri, ne abbiamo parlato centinaia di volte. Sai come la penso, no? Questo non c’entra con noi due. Ti amo e questo dovrebbe bastarti. Si tratta del piccolo Samuel. È una promessa che feci a me stessa tanto tempo fa.»

«Sì, hai ragione, scusami. È solo che non vorrei vederti star male nuovamente.»

«Non succederà, tranquillo. Con questa cosa oramai ci convivo, e ho imparato molto bene a gestirla.»

Finalmente, intorno alle cinque del pomeriggio del giorno dopo, i primi grattacieli sbucano da dietro alcuni edifici in stile vittoriano. Da quello che possono constatare con i loro occhi, la capitale inglese si è conformata del tutto ai modelli urbani delle altre capitali mondiali, ma l’entità dell’espressione anglosassone si è trattenuta in ogni fabbricato.

Il piccolo Samuel, con la manina appoggiata sul vetro, guarda tutto con estrema curiosità. Scorrono davanti a lui decine di autobus rosso fuoco e migliaia di persone. Il tutto con una tale velocità da ricordargli uno dei suoi innumerevoli videogiochi.

Dopo qualche minuto, la madre apre lo sportello per farlo scendere dalla macchina. Con attenzione esagerata lo tira a sé, appena vede un autobus venire nella loro direzione.

«Sami, ti ho sempre detto di non staccarti da me quando siamo per strada.»

«Mamma, aspetta un attimo, mi si è impigliata la cintura dei pantaloni allo sportello.»

Una volta preso in braccio il piccolo Samuel, Gabriel recupera la mano di Carlotta e attraversa la strada.

Qualche minuto di attesa, dopodiché entrano in un grande giardino. Tutta la zona prende il nome da questo parco – Finsbury Park – e si trova nei pressi dell’omonima stazione della metropolitana.

Appena raggiunto un punto ben preciso, Gabriel si stacca da loro e si allontana, mentre Carlotta recupera il piccolo e prosegue per una stradina sterrata e isolata per poi sedersi su una panchina solitaria dove si mette il figlio sulle ginocchia.

«Mami, perché papà è andato via? E perché noi ci siamo seduti su questa panchina lontana dalle altre persone?»

«Perché aveva bisogno di fare una commissione e noi abbiamo bisogno di non essere disturbati.»

«Ma ci raggiunge presto, vero? Non voglio stare senza di lui.»

«Sami, papà ci raggiungerà molto presto, non aver paura. Sei stanco? Appoggiati a me e rilassati. Adesso la mamma ti deve raccontare una storia. Ti deve parlare di questo luogo e del motivo per cui siamo qui.»

Luglio 2006

Samuel decise di arrivare un po’ prima all’appuntamento e di aspettare gli altri seduto su uno stallo a ridosso della fermata dello shuttle bus. Nonostante progettasse quel viaggio da anni, lasciare la sua casa e di conseguenza le sue abitudini era stata un’esperienza sconvolgente oltre tutte le aspettative.

Qualche ora prima, mentre preparava le borse, scrutava con la coda dell’occhio il viavai dei genitori e di Virginia, la sorella più piccola, di soli otto anni: la mia brontolona, così la chiamava Samuel. Dentro di sé stava provando strane emozioni discordanti: disorientato dal silenzio della madre e del padre e rasserenato dai continui interventi della sorellina.

Una volta preparato il tutto, prima di chiudersi la porta alle spalle, aveva dato un ultimo sguardo all’interno della sua stanza, come se dovesse rubare un ultimo scatto panoramico: tutto era lì, chiuso in quel contenitore di calce e cemento. Tutte quelle suppellettili lo avrebbero aspettato al loro posto e ognuna di esse, raccogliendo polvere, avrebbe disegnato ovunque delle sagome.

Aveva fatto in tempo a scendere le scale che si era trovato davanti le facce macilente dei genitori, irrigidite dall’angustia. Virginia, invece, gli aveva agguantato la mano e lo aveva guidato fuori, lasciandolo andare oltre il cancello sulla strada dritta e in discesa. Lo aveva esaminato mentre si dissolveva, prima le gambe, poi la schiena, infine la testa.


Cosimo Mirigliano nasce in un piccolo centro della Calabria, Siderno, nel 1979, ma vive la sua adolescenza con i genitori e i suoi sette fratelli a Caulonia Marina, in provincia di Reggio Calabria. 

Dopo gli studi accademici nella capitale, e qualche collaborazione tra la stessa Roma, Milano, Barcellona e Toronto, rientra in Europa e si trasferisce a Londra, la città che lavorativamente parlando lo ha formato più di altre realtà. Nel tempo libero continua a viaggiare e a coltiva una delle sue passioni più influenti, la lettura, che lo sosterrà poi alla stesura di alcune prose e del romanzo d’esordio.


Nel 2004, all’interno di una raccolta, ottiene la pubblicazione della poesia “La notte”, e nel 2007 sarà la volta di “Stasera” e “10 settembre 2005”, entrambe edite da Aletti.


Nel 2016 esordisce col romanzo “Due corpi, una sola mente”, che grazie al primo capitolo presente un blog raggiunge diverse decine di migliaia di letture in pochi mesi.


Il suo stile ha origine da inclinazioni puramente classiche, sino a giungere agli autori più moderni, quindi all’utilizzo di un lessico ricercato, riflessivo e mai ordinario.


Sempre nel 2004, grazie a un’altra sua grande predisposizione artistica, partecipa in veste di attore allo spettacolo teatrale “I fisici”, tratto dall’omonima commedia grottesca del drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt, nel ruolo dell’infermiere McArthur.


Nel 2019, dopo il grande riscontro dovuto al suo esordio, esce col suo secondo romanzo dal titolo “L’estate interrotta”, edito da Policromia (PubMe).

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