Ovvero: come NON interagire con il proprio editore.

Un decalogo di errori che, per il quieto vivere, e per un rapporto editore-autore professionale, consiglio di leggere con attenzione.

Warning: ironia a gogò, quindi se sei suscettibile ti sconsiglio la lettura.


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1) Tutto ruota intorno a me

L’errore principale (ahimè non l’unico) che commettono certi autori è di ritenere che l’editore stia pubblicando soltanto il suo/i suoi libro/i.

A parte che, salvo rarissimi casi, è praticamente impossibile che un editore esista solo per un autore, occorre tenere a mente che ogni casa editrice ha un piano editoriale ben preciso, con uno scadenzario che è fondamentale seguire. Spesso molti editori chiudono le selezioni proprio perché hanno già i piani uscita occupati.

Quindi ogni autore deve attenersi alle comunicazioni del proprio editore, al piano editoriale, e non ritenere che, visto che ha scritto un libro (!) e ha trovato un editore (!!), si debba fare come decide lui.

Spesso autori che si comportano così non hanno minimamente chiaro come funziona una casa editrice e tirano fuori pretese che non stanno né in cielo né in terra. Un esempio su tutti: ti chiedono prove copertina a ripetizione e se non rispetti la (loro) scadenza è finita. Come se i grafici che lavorano in quella casa editrice avessero solo quello da fare.

2) Ti querelo!

Il cavallo di battaglia di ogni autore scontento è minacciare l’editore di ricorrere a vie legali se.

Talvolta ne ha ben donde, non lo metto in discussione, altre volte basta un semplice errore (anche un refuso in copertina) che parte la minaccia.

Di solito chi ragiona così ha brutte esperienze editoriali alle spalle e fa di tutta l’erba un fascio: il mio precedente editore è stato disonesto e quindi lo sono tutti.

In realtà, esistono tantissimi editori onesti, e basta uno scambio diplomatico per risolvere questi problemi (perché spesso sono davvero irrisori), senza scomodare avvocati e affini. Vaglielo a spiegare…

3) Nessuno mi vuole bene…

L’autore lagnoso e insicuro è un fenomeno che ogni editore conosce.

Ritenendo di star ricevere la più grande ingiustizia del secolo (magari per il refuso in copertina di cui sopra), inizia una sequela di critiche e roba simile, magari nemmeno con l’editore ma sproloquiando sui social o sui blog, o ancora sui forum… gettando in cattiva luce l’editore.

Guai a rispondere in maniera formale, ad esempio, o a rispondere il giorno dopo a un’e-mail: e niente, non vuoi loro bene, sei cattivo, disinteressato e via di seguito!

4) Domani esce!

I più simpatici (per modo di dire) sono quegli autori che decidono loro quando dovrà uscire il libro, nel totale spregio del piano editoriale e dello scadenzario di cui parlavo prima. In effetti, questo errore è fratello del “tutto ruota intorno a me”.

Memorabile (di nuovo: per modo di dire) un autore, tempi addietro, in cui sui social pubblicizzava già l’uscita del suo romanzo, una settimana dopo la firma del contratto. Senza aver parlato con l’editore, beninteso. Oppure un altro autore, le cui parole erano velate di un certo sentore di comando: “Sai, mi hanno chiesto quando uscirà il mio libro. Per non dire nulla ho risposto a fine anno, ma senza impegno eh…”. Senza impegno ‘sta cippa.

5) So che sei in ferie, ma…

Classico: questi autori magari spariscono per mesi, si disinteressano del loro libro, di come sta andando la pubblicazione-promozione-ecc. (lo vedremo negli ultimi punti del decalogo), e poi un bel giorno saltano fuori con richieste assolutamente prioritarie, e non importa se l’editore è in ferie, malato, addirittura moribondo: bisogna agire, e subito.

Il cavallo di battaglia: so che sei in ferie, ma… c’è questa cosa che… eh, sì, bisogna risolverla con urgenza.

Sempre tempo addietro uno di questi autori, addirittura, arrivò a far squillare con ripetizione il mio cellulare, perché non rispondevo. Oh, magari ero in bagno con un attacco di dissenteria, o ancora a mollo nel mare, o intenta a cambiare un pannolino, ma niente: occorreva assolutamente rispondere.

6) Io, non voi!

Questo autore è pienamente consapevole dei propri diritti (bene), un po’ meno dei propri doveri (meno bene); del tutto ignorante, nel senso che ignora (Ajeje cit.), dei diritti dell’editore. Anzi: l’editore non ha diritti, solo doveri.

Anche in questo caso può essere reduce da brutte esperienze editoriali, perciò impone clausole su clausole da aggiungere al contratto, di modo da blindarlo da qualsiasi attacco dell’editore sconsiderato, vietando qualsiasi azione che (a suo modo di pensare) potrebbe risultare lesiva di questi diritti.

L’editore diventa un mero esecutore, non ha più voce in capitolo. L’autore è in pratica editore di se stesso: comanda editing, copertina, pubblicazione, promozione. Ma perché non autopubblicarsi, a questo punto?

7) Scusa, non è che potresti…?

Un autore velatamente gentile che però, come il punto 6), di fatto impone la sua volontà.

Attenzione, non sto dicendo che l’autore debba essere relegato in un angolo e avere un ruolo passivo, anzi, ma a lungo andare gli “scusa, non è che potresti” diventano “senti, fai…” e “fai, oppure dovrai rendere conto del tuo operato”.

Questo autore/errore è fratello di quello successivo e ne ho già parlato in un altro articolo: si parte da una situazione di finta amicizia, con cui si sonda il terreno, per diventare via via sempre più arroganti e minacciosi.

Aneddoto: tempo fa (eh, sì), un autore minacciò di chiedere conto del mio operato perché a suo parere non eravamo stati chiari su alcune clausole contrattuali. Il medesimo autore doveva però avere la memoria corta, perché carta alla mano queste clausole erano state più che sviscerate insieme. Bastò uno screenshot a zittirlo, ma ahimè spesso non non è sufficiente.

8) Caro amico mio

Tanti autori vogliono da subito instaurare un rapporto che vada oltre la professionalità e sfoci in un certo tipo di amicizia.

Questo non è sbagliato: anzi, posso dire che i rapporti più belli li ho proprio con autori di questo genere.

È sbagliato quando l’amicizia valica il rispetto, o peggio, lo elimina. Come recita il detto: dai loro una mano e si prendono il braccio.

Puoi considerare l’editore tuo amico, ma fino a un certo punto.

È pur sempre, per prima cosa, l’editore del tuo libro. Occorre quindi evitare quei comportamenti che si possono sì adottare con amici di lunga data, ma che in rapporto in primo luogo professionale sono oltremodo sconvenienti, come chiamare a orari assurdi, inviare sms nelle ore più impensabili o pretendere (hai notato che questo verbo ritorna sempre?) salti mortali e favori “perché siamo amici, no?”.

9) ‘frega niente

Un altro errore, all’esatto opposto di tutti quelli che abbiamo visto in questo articolo, è disinteressarsi totalmente del libro e di quanto è a esso collegato, come pubblicazione, promozione, ecc.

Soprattutto in fase di promozione, alcuni autori non fanno nulla. Sta all’editore avviare la promozione, certamente, ma l’autore, con questo comportamento, dà l’idea di infischiarsene. Non partecipare ai bandi per fiere, saloni, fregarsene degli eventi, della possibilità di ottenere interviste, recensioni, è un comportamento che non giova all’autore, e soprattutto al libro.

L'”evoluzione”, chiamiamola così, è l’autore che, da ceccozaloniana memoria, poi cade dalle nubi.

10) Questo non me lo hai detto

L’autore cade dalle nubi, appunto, ma si trincera dietro il “questo non me lo hai detto”.

Aneddoto (ne ho tanti, lo so, ahimè): autore che per mesi è sparito, disdegnando richieste di partecipazioni a eventi, fiere, salotti letterari, che poi sbuca da sotto il mobile e, incurante che i tempi sono ormai scaduti, chiede di partecipare. Alla risposta che ormai è tardi, la replica: ma non mi è stato detto.

L’editore ha ormai tantissimi canali per tenersi in contatto con i suoi autori, come gruppi social o su WhatsApp o Telegram. Io li uso regolarmente al posto della e-mail, che spesso non viene letta. Peccato che alcuni autori silenzino le notifiche e quindi si perdano eventi e altro. Non possono poi protestare sperando che sia l’editore a cercarli ogni volta. I canali a disposizione per tenersi aggiornati li hanno, sta a loro decidere di seguirli o meno. Se non lo fanno, è una scelta.