Penso che chiunque, scrittore indie o pubblicato da una casa editrice, si sia trovato davanti a questo momento critico.

Perché scrivo, se non mi legge nessuno?


blue and white sky with stars

Un’esperienza fallimentare

Dopo l’ultima esperienza al Salone del Libro di Torino, nella libreria Self, che è stata per me fallimentare sotto ogni aspetto (organizzazione, vendite, lato “umano”), ma di cui ho deciso di non parlare dopo una riflessione lunga un mese, mi sono posta questa scomoda domanda: perché continuare a scrivere se nessuno legge? Che senso ha comunicare messaggi che solo una decina di persone riceverà?

In effetti, questa è una questione che affligge molti scrittori, sia self/indie che pubblicati da case editrici. Vorrei fare una precisazione: sto parlando di autori poco conosciuti, non di quelli che hanno successo (sia nel self-publishing siacon le case editrici) e che quindi hanno un vasto pubblico e riscontri positivi. Spesso, il cosiddetto “plancton” letterario si stanca dopo qualche anno e lascia tutto perdere.

Tempo fa, stavo conversando con un’autrice che mi ha confidato di essere tentata di smettere di scrivere. Vendeva poco e non riceveva molte gratificazioni, quindi non vedeva più un motivo per continuare. All’epoca, ero sorpresa perché avevo appena iniziato a lavorare nel mondo editoriale, sia come professionista che come aspirante scrittrice, ed ero entusiasta. Mi chiedevo come fosse possibile smettere di scrivere. La mia risposta era “mai!”

Ora, invece, capisco quella scrittrice e molti altri autori che, scoraggiati, si sono dedicati ad altre cose. Il lavoro editoriale che svolgo da anni, fortunatamente, mi dà sempre grandi soddisfazioni (non solo economiche, ma anche personali), mentre scrivere diventa sempre più difficile.

Arrivo al punto da pensare: domani smetterò.

Che fare?

Mi trovo nella situazione di molti altri autori ed è difficile trovare la motivazione per continuare a scrivere e dare consigli a chi si trova nella mia stessa situazione. In effetti, questo articolo è uno dei pochi che parla principalmente di me. Spero di non annoiarti!

Ho diversi progetti in corso: un romanzo terminato, una raccolta di racconti quasi completata, una raccolta di poesie (che dovrei pubblicare ma che non ho il coraggio di dare in pasto agli squali, siccome è molto intimista) e tre romanzi in lavorazione. Potresti dirmi: “Be’, non sei messa così male.”

Tuttavia, mi manca la forza (e la volontà) di fare il passo successivo: pubblicare o inviare i miei scritti a un editore o a un agente. Ciò che mi blocca è sapere che, a parte i soliti lettori fedeli (che per fortuna non sono pochi), nessun altro avrà il piacere (o il dispiacere) di leggere le mie opere. Mi chiedo: dopo che i miei affezionati lettori avranno letto il libro, chi altro lo leggerà? O meglio ancora, lo leggerà qualcun altro? O finirà per diventare plancton letterario, fagocitato da un pesce più grande?

Certo, più di una persona dirà: va be’, ma uno scrive soprattutto per se stesso. Non sono d’accordo. Io ho sempre scritto per gli altri, per aiutarli (coi manuali) e per dar loro un messaggio. Se scrivessi per me, continuerei con i diari che ho dal 2000.

Questo è un periodo di riflessione, di attesa. Di nuovo. Forse, il consiglio che mi sento di dare è quello di aspettare. La crisi potrebbe essere temporanea e magari tra un mese, cinque o un anno, il mio stato d’animo sarà diverso.

Spero che sia così.

Per il resto, ringrazio tutti coloro che hanno letto i miei libri e che magari li leggeranno in futuro. Chiudo le persiane e lascio che solo una sottile lama di luce accarezzi il cassetto in cui ripongo i miei manoscritti.