La scrittura è terapeutica

Premetto che non ho seguito né corsi di scrittura terapeutica né altro.

Quello che ti dirò oggi è semplice esperienza.

Né vorrò elencarti grandi verità o i motivi per cui scrivere faccia bene. Se scrivi, lo sai anche tu.

Però mi piacerebbe condividere con te la mia esperienza con la scrittura.

Perché la scrittura è terapeutica, e tante volte mi ha salvato.

Cromaconceptvisual/Pixabay

Ho iniziato a scrivere quando avevo dieci anni

ed ero appassionata dei Piccoli Brividi di R. L. Stine. Già da piccola mi piaceva leggere, soprattutto favole e racconti tratti dai libri della mia vecchia scuola rilegati con la carta marrone. Quando ero con mio zio, invece, sarei rimasta ad ascoltarlo tutto il giorno raccontarmi storie tramandate dalla sua famiglia o che inventava sul momento.

Insomma, questo per dirti che pure io, come tanti artisti in erba, ho iniziato il mio viaggio nella scrittura molti anni fa.

Allora ero troppo piccola per capire l’importanza della scrittura nella mia vita, e mi limitavo a buttare sui fogli storie che cercavo di scopiazzare da Stine ma che, ammetto, erano terribili.

La prima storiella che scrissi era ambientata nel mio paese e la protagonista ero io: non ricordo bene, ma mi trovavo davanti strane apparizioni e vivevo avventure surreali. Fortuna che quella storia è andata persa.

La mia passione per il paranormale e l’horror non poté che farmi incrociare la strada del Re, Stephen King, forse anche perché mia madre era una sua assidua lettrice e abbiamo in casa tanti suoi libri che lei aveva comprato da giovane.

Il primo romanzo che lessi, o uno dei primi, fu proprio “IT”. Una bella sfida, per una ragazzina di dodici anni!

Sono però sempre stata con la testa sulle nuvole,

amante di avventure magiche, fantastiche e in mondi sconosciuti.

Il mio primo grande amore (e forse l’unico) è stato il libro di Michael Ende: “La storia infinita”.

L’ho letto cinque volte e penso che una sesta arriverà a breve.

Leggere “La storia infinita” mi ha aperto un mondo: il fantasy.

Oltre all’horror e al thriller, il fantasy è un altro dei miei generi preferiti. Ho divorato tanti libri della Bradley quando ero tredicenne, per poi passare a “Il signore degli anelli” che, seppur pesante per la mia età, mi è piaciuto. “Lo hobbit” ha accompagnato la mia convalescenza dopo essere stata operata d’urgenza all’appendice.

Immergendomi in questi mondi fatati è stato quasi naturale decidere di crearne uno anche io: ed è nato Charma, l’isola fatata in cui sono ambientate le Cronache che usciranno a fine luglio.

In quegli anni, e come mi sarebbe capitato anche a venire, ero molto sola. Avevo pochi amici che vedevo poche volte, giusto qualche settimana in estate, e l’età pre-adolescenziale stava iniziando a mostrare i lunghi artigli.

Così, per distrarmi dalla solitudine passavo lunghe giornate a costruire l’ambientazione del mio piccolo universo fantasy — peccato aver perso i quaderni!

Scrivevo anche il mio diario personale. Ho scritto diari personali da quando avevo tredici anni a quando ne avevo ventisei o ventisette, e li conservo ancora tutti, divertendomi qualche volta a rileggere quei deliri — che però, per me, erano importanti.

Lì iniziai a vedere la scrittura come un’ancora a cui aggrapparmi.

Il grande periodo buio della mia vita sarebbe arrivato solo molti anni dopo, ma già durante il periodo infelice delle medie nascondermi nel mio diario personale mi aiutava a tirar fuori la rabbia, il dolore, l’allegria e a far chiarezza nei mille problemucci che avevo all’epoca.

L’anno scorso ho collaborato alla stesura di una guida sull’autobiografia e, documentandomi, ho letto molto della scrittura autobiografica come terapia.

Non ho mai scritto nulla di me, ma posso concordare con chi afferma che tenere un diario personale è benefico per lo spirito: gettare su carta i pensieri mi serviva per non sentirli più miei, in un certo senso, come se dopo che li avevo scritti li vedessi sotto una luce nuova.

Dovevo scrivere quei diari, era una necessità come bere acqua o dormire. E parlando con questo amico immaginario (sì, perché in breve tempo ho smesso di chiamarlo “diario”) mi sentivo meno sola.

In quel periodo scrissi quello che è diventato il mio prossimo romanzo: “Aequilibrium“, il fantasy di cui ho parlato prima.

Lo lasciai poi nel cassetto, e lì è rimasto fino a qualche mese fa, quando ho deciso di recuperarlo e darvi una veste quantomeno decente.

Presto, però, scrivere diari cominciò a essere più doloroso che vivere:

iniziò così il periodo buio della mia vita.

Non so quanti ci siano passati, e spero di no per loro, e lo spero per te che stai leggendo.

Fatto sta che, appena ventenne, mi sentivo già vecchia e fuori posto.

Non voglio annoiarti con questa parte triste della mia vita, ma dirti soltanto che è stata la scrittura a salvarmi.

Magari potresti sorridere o non crederci, ma non mi importa perché io so che è così.

Non era più, però, tempo di scrivere diari, o non era più tempo di scrivere solo diari.

Come ho detto prima, parlare della mia vita era più difficile che viverla.

E così creai il mio mondo parallelo, fatto di personaggi che vivono ancora oggi nella mia testa, dove mi rifugiavo quando vivere diventava troppo doloroso.

È stato lì che ho iniziato a scrivere davvero. Brevi racconti, parti di storie, o anche solo stralci di scene che mi venivano in mente al momento.

Scrivere, a quell’epoca, è stato davvero terapeutico, e consiglio a chi sta passando un periodo difficile di farlo: magari non aiuta, ma serve molto.

La scrittura, quindi, per me è stata di vitale importanza,

e lo è anche adesso, adesso che è diventata il mio mestiere.

Adesso non scrivo più per non sentirmi sola o fuggire dalla realtà: adesso scrivo perché mi piace e perché a volte, mannaggia, ci sono storie che se non escono mi fulminano il cervello.

Anche per questi motivi ho deciso di diventare editor freelance: so che la scrittura, oltre a essere un’arte bellissima, ti aiuta a vivere meglio.

In questi anni di lavoro ho conosciuto tante persone, tanti autori e tanti scrittori in erba, e sono felice di averli aiutati a coltivare il loro piccolo sogno e a creare un libro che potranno poi mostrare ai nipoti.

Perché scrivere ti fa sentire bene, ti fa sentire completo, ti fa sentire vivo.

Come disse Anna Frank: “Posso scrollarmi di dosso tutto mentre scrivo; i miei dolori scompaiono, il mio coraggio rinasce.”