Essere freelance: la mia esperienza
Ormai i tempi stanno andando così: se da una parte vi è un aumento del lavoro autonomo a scapito di contratti a tempo determinato o indeterminato, dall’altra vi è ancora ritrosia nel lavorare “da soli”. Per non parlare dei soliti idioti che continuano a sviolinarti l’uguaglianza freelance=nullafacente.
La scelta di lavorare autonomamente (nel rispetto della legalità, ovvio) è difficile per chi è abituato a rispettare “ordini” impartiti da altri, orari fissi e stipendi fissi (nei casi in cui va bene); è ancora più difficile se non si è nessuno e si deve iniziare da zero (anche sotto).
Purtroppo (o per fortuna?) io faccio parte di quella schiera di soggetti a cui piace l’essere libero e che vuole mettere la faccia; sono fatta così, non mi piace stare sotto padrone. Per questo, forse, ho deciso di diventare freelance.
Oggi ti parlo della mia esperienza.
Bada bene! Non è un articolo su come diventare freelance da A a Z o simili; è semplicemente il racconto di cosa faccio io, e magari sì: anche una frecciatina a chi continua a dire che noi autonomi dormiamo tutto il dì 😉
Tutto iniziò con… boh?
Di preciso non so dire quando ho deciso di andare all’Agenzia delle Entrate, macinarmi la solita coda e chiedere l’apertura della partita Iva: semplicemente è successo. Un giorno lavoravo come tirocinante e quello successivo ero un lavoratore autonomo.
Aprire una partita Iva è semplice: compili qualche foglio, metti una firmetta e sei lanciato.
Meno semplice è iniziare a lavorare.
Sei nessuno, come scrivevo prima, e sei circondato da veri e propri squali che non aspettano altro che divorarti. Difficile, se non si hanno gli agganci giusti, emergere, soprattutto agli inizi. Impossibile guadagnare cifre astronomiche i primi mesi (e diffida di chi ti dice il contrario; oppure presentamelo che voglio conoscere il suo segreto). Se, poi, come nel mio caso, hai un budget ristretto, la situazione si fa spinosa.
E già solo per tutto questo vorresti tornare indietro e cercare un posto fisso… ti capisco, ci ho pensato anche io, almeno i primi tempi.
Perseverare è diabolico
Se credi davvero nell’attività che hai scelto (nel mio caso quella dell’editor), però, è tempo di arrotolarsi le maniche di camicia, maglione, giacca, o quello che hai, e darsi da fare.
Così ho fatto io, iniziando a lavoricchiare qua e là, prendendo quello che capitava (eh, sì!) e cercando di crearmi un’immagine virtuale, o reputazione, da consolidare nel tempo.
I social sono uno strumento utile, ma nel mio campo anche un ostacolo: concorrenza spietata e scarsa conoscenza (in alcuni casi diffidenza) della figura dell’editor.
Altre “smadonnate” e “mannaggie”, che forse era meglio ascoltare il papà e lavorare in comune per far fotocopie fino a quarant’anni.
La perseveranza è ciò che mi ha aiutato a proseguire, e ti giuro che sono state più le volte in cui avrei voluto mollare tutto che quelle in cui ero felice della strada scelta.
Nel frattempo creavo, lavoravo giorno e notte su questo sito, scrivendo anche tutti i giorni per creare un ampio cestino di argomenti utili per farmi conoscere e aiutare il lettore.
Anche in questo caso: se ti dicono che è sufficiente aprire un sito, scrivere un articolo al mese e lanciarsi sui social, o altro, e avere nel giro di cinque mesi seimila visite, be’, sono curiosa di sapere com’è successo perché io ho dovuto scrivere un articolo al giorno per quasi un anno prima di ottenere un pubblico quantomeno decente.
Ma questa è un’altra storia.
Lavorare, lavorare, lavorare
Un altro problema cui ha a che fare il neonato freelance, oltre alla gestione amministrativa fiscale INPS commercialista e via così, è la questione tempo.
Mi spiego meglio: abituati a lavorare sei-otto-dieci ore al giorno come dipendenti, si pensa che iniziando in proprio si possa fare quello che si vuole. E allora vai con le vacanze, che sono stanco, e domenica c’è la partita, e prossimo week-end ponticino a Roma con la fidanzata, e settimana bianca a Cervinia che mamma mia quanta neve.
Oddio, nessuno ti vieta di girare il mondo e pensare di conquistare lo spazio, ci mancherebbe! Però il fatto di lavorare in proprio deve essere visto come un lavoro (per forza!): e quindi occorre darsi orari e scadenze.
Senza questi aspetti rischi di trovarti a fine mese con lavoro arretrato che non sai come gestire.
Ad esempio io ho scelto di darmi un orario da ufficio: da X ore a X ore la mattina e poi da X ore a X ore al pomeriggio, con l’extra serale quando proprio c’è tanto da fare. Se riesco mi ritaglio la domenica come piena libertà, sennò rischio di fondermi con i libri che correggo 🙂
Tutta questa pappardella per dirti che essere freelance ha i suoi vantaggi, come la libertà di gestirsi il lavoro e di rendere conto solo a se stessi e ai clienti, ma anche molti contro, e soprattutto non è detto che vada sempre tutto liscio come olio di oliva!
Ma anche questa è un’altra storia e, parafrasando un simpatico ma arcigno libraio, va raccontata un’altra volta.