Chi cerca trova: un giorno al Salone della Cultura di Milano

Forse un titolo un po’ esuberante, questo, ma dal mio punto di vista la giornata al Salone della Cultura di Milano è stata così: una quest e una scoperta… sotto tutti i punti di vista.

Ore 6.50. Parto da casa con il fedele Pandino che è ancora buio; anzi, c’è una nebbia che si appiccica alla macchina e alla strada, e per giunta il faro sinistro ha deciso di morire sul più bello; così che guido più per pratica che per altro. Alla stazione, però, ci arrivo.

Ore 7.50. Primo treno in orario! E per fortuna, perché alla stazione di Ronco Scrivia ti gelano le chiappe.

Ore 8.20. Milano, I’m coming. Se il vagone fosse più caldo, però…

Ore 9.30. Piano piano si avvicina, esuberante, metallica, imponente: è la stazione di Milano Centrale. Da anni ormai accoglie i miei sogni e i miei spostamenti verso mete più o meno “inculate” per seguire le band di una vita.

Ore 10.15. Ce l’ho fatta! Dopo un’ascellata in metro (ma la gente suda anche d’inverno?) e qualche domanda per capire dove fosse la sede dello Superstudio Group, eccomi finalmente al Salone del Libro.

Ore 10.30. It’s INTERVISTE TIME!

In qualità di media partner del Collettivo Scrittori Uniti, ho avuto il piacere di intervistare alcuni autori e di scoprire, così, nuovi libri. E soprattutto di conoscere nuove persone, che è sempre un piacere.

Inizio con Angela Gagliano, che mi racconta dei suoi due romanzi: “Bieco accordo” e “Pelle di parole”. Due libri molto diversi ma accomunati da un’attenzione alla forma e al contenuto che, per un autore self-publisher (anche se Angela ha pubblicato anche con case editrici), è un plus non da poco.

Ore 11.00. Seconda intervista della mattinata. Questa volta sono con Stefano Cafaggi.

Un po’ timido, questo scrittore, e spesso mi sono trovata in mano la classica pinza affinché mi dicesse qualcosa di più sui suoi libri, “Lontani, per sempre” e “Senza ritorno”. Il primo e l’ultimo, in una carriera di scrittore molto prolifica. Due noir di nome e… di copertina.

Ore 11.30. Ultima intervista della mattinata!

Cristina Tata è un’autrice che non ama molto generalizzare: il suo “È una vita che sogno di amarti” non è un romance vero e proprio, bensì un libro che unisce molti generi, tra i quali anche l’introspezione e la formazione. Il mio occhio da curatrice di collana l’ha già messa nel radar: preparati perché potrei venirti a cercare.

Ore 12.00. Un po’ di pausa. E qui mi lascio finalmente andare. Il Salone ha una sezione anche sul libro usato, e mi ci fiondo tipo il mio gatto quando annusa una micia in calore. Se potessi sbavare senza che nessuno mi porti via con il 118, lo farei, visto il ben di dio che ho davanti.

E chi cerca trova…

Parte del bottino

Dall’emozione per aver FINALMENTE trovato il libro di King quando usava lo pseudonimo è tale che fatico persino a mangiare. E ho detto tutto.

Ore 14.00. Riprendono le interviste.

Questa volta è il turno di Stefano Conti, storico e che ho già avuto modo di conoscere a Libri in Baia. Il suo romanzo, “Io sono l’imperatore”, è frutto di una lunga ricerca e di un lavoro che unisce giallo e storia.

Ore 15.00. Una bella chiacchierata con Cristiano Pedrini, autore di molti romance M/M (anche se mi ha confidato di aver scritto una favola per bambini), di cui qualche anno fa ho letto e recensito “Klein Blue” e l’anno scorso è uscita la recensione di “Sulle rive dei nostri pensieri“, a cura di Maura Chegia. Oggi mi parla dei romance “Il piano inferiore” e “L’isola di Corentin”.

Ore 15.30. Last but not least, le ultime due interviste, a due autori oserei dire radicalmente opposti.

Monia Scott, da una parte, autrice di un fantasy/romance molto particolare (“Nei pensieri del nemico”)… e cono colonna sonora incorporata; e Mattia Robino, autore di una raccolta di poesie decisamente sui generis, a partire dalla copertina.

Ore 18.30. Di nuovo stazione di Milano Centrale, il treno che lentamente si riempie, il controllore che fischia e le porte che si chiudono. E mi lascio di nuovo alle spalle la gigantessa di metallo che, però, prima di lasciarmi andare, mi sussurra: “Sono qui ad aspettarti. Torna presto”.

E, si sa, quando io vado a Milano, è sempre per un buon motivo.