Da ghost, fantasma, e writer, scrittore, emerge una professione vecchia ormai di anni ma, come si suole dire, sempre attuale.
Una professione spesso malpagata in rapporto al lavoro che occorre fare. E, sempre più spesso, lo scrittore-ombra rischia di essere anche dimenticato.
Nel 2015 ho acquistato il mio primo e-reader (un Kindle che ormai sta tirando le cuoia dal troppo utilizzo) e ho letto il mio primo libro autopubblicato.
Non sapevo nemmeno che esistessero, se devo dirtela tutta.
Per me c’era non grande differenza tra un libro autopubblicato e un libro prodotto con una casa editrice: l’importante era il contenuto. E lo è anche adesso.
Ultimamente (vabbè, da un annetto ormai) leggo dappertutto che non serve più la nostra creatività: ci pensa l’intelligenza artificiale a scrivere per noi, qualsiasi cosa.
Addirittura, ci propinano corsi, webinar, ecc., per imparare e, così, fare soldi a palate.
A parte questo (i soldi a palate, intendo), siamo davvero sicuri che l’IA sia, al momento, in grado di scrivere per noi? Io nutro qualche dubbio, e adesso te lo spiego.
Fino a qualche anno fa, giravano sui social post promozionali che promettevano, con il Metodo Unico e Certo, di renderti ricco grazie all’autopubblicazione, qualsiasi fosse il tuo settore.
Adesso, a questo si è aggiunta l’intelligenza artificiale: diventa ricco con il self-publishing grazie alla IA.
Ma siamo davvero sicuri che sia così?
In occasione dello scorso festival di cultura e poesia ad Acqui Terme (AL), organizzato dall’associazione Archicultura, ho avuto il piacere di essere intervistata dalla collega scrittrice e operatrice editoriale Wilma Coero Borga. Parliamo di libri (in particolare il mio Prontuario di editing), di editoria e di collane editoriali.
La scrittura creativa è un viaggio affascinante verso mondi immaginari e storie coinvolgenti.
Grazie all’avanzamento della tecnologia, gli scrittori possono sfruttare strumenti innovativi per potenziare la loro creatività. Uno di questi strumenti è ChatGPT, un modello di linguaggio avanzato sviluppato da OpenAI.
In questo articolo, esploreremo cinque vantaggi derivanti dall’utilizzo di ChatGPT nella (per la) scrittura creativa.
Ovvero: come NON interagire con il proprio editore.
Un decalogo di errori che, per il quieto vivere, e per un rapporto editore-autore professionale, consiglio di leggere con attenzione.
Warning: ironia a gogò, quindi se sei suscettibile ti sconsiglio la lettura.
I puristi dello “show, don’t tell” epurano qualsiasi elemento di “disturbo” dai testi che scrivono (se autori) e che correggono (se editor).
A me una scrittura in “tell” non dispiace, o perlomeno non sempre la vedo con gli occhi di fiamma.
Come sempre, però, a tutto c’è un limite, e nel caso della scrittura in tell c’è un limite che, se varcato, potrebbe annoiare il lettore… o peggio.
Spesso sento dire che una volta che conosci le regole, disattendile.
Ecco, in scrittura creativa è sempre un piacere farlo (sì!), perché altrimenti dove starebbe la creatività?
In scrittura creativa, appunto, non in scrittura (e basta).
Una delle prime cose che insegnano nei corsi di scrittura creativa e in quelli di editing è: se puoi scriverlo con meno parole, fallo.
Ossia: evita circonlocuzioni aerobiche: ne va della scrittura.
In effetti, se ci sono solo due parole per dirlo, perché usarne quattro?