Quando l’editor riesce (e l’autore è contento)
In ogni lavoro creativo, oltre al doveroso compenso economico, il professionista è soddisfatto quando anche il cliente è soddisfatto.
Vuol dire che ha lavorato bene e le ore spese sono state utili.
Succede anche per l’editor, e quando accade è davvero una sensazione unica.
Il rapporto editor/autore…
… è ostico.
Diamine, ne ho già parlato in precedenti post, ma spesso capitano situazioni davvero antipatiche, che se non si ha una grande padronanza dell’arte diplomatica rischiano di degenerare.
Spesso editor e autore, infatti, vanno tutto fuorché d’accordo: l’uno vuole imporsi sull’altro reciprocamente, con il risultato che il testo che esce da questa sorta di guerra fredda ne risente. E parecchio.
Questo capita quando un autore non ne vuole proprio sapere di accettare gli interventi dell’editor (che siano giusti o meno) e rifiuta sistematicamente ogni revisione, o quando l’editor ci prende gusto e tratteggia di rosso pagine e pagine, magari senza nemmeno un motivo preciso.
Il libro che esce è quindi un misto dell’interventi di editor e di contro-interventi dell’autore, quasi una gara a “chi faccio meglio”. E la voce di quest’ultimo scompare, ma non perché viene sostituita da quella dell’editor, ma perché il prodotto di queste battaglie è un ibrido che per forza di cose non accontenta nessuno.
Quando invece editor e autore sono in armonia… eh, è tutt’altra cosa!
Essere in armonia, però…
… non equivale all’autore che si prostra davanti all’editor quasi avesse di fronte una divinità.
Cerco di far passare questo messaggio ai miei autori: non sono infallibile, posso sbagliare anche io.
Inoltre l’editor non deve sfruttare questa supposta reverenza agendo di testa sua e stravolgendo il testo non perché “così va meglio” ma perché “così mi piace”.
Il migliore intervento di un editor è quando il libro corretto acquista una migliore scorrevolezza ma lo stile rimane quello dell’autore.
La formula migliore
Sto rileggendo un romanzo che ho finito di editare per un controllo su eventuali refusi o inesattezze che ho lasciato per strada (eh sì, bisogna sempre rileggere, soprattutto quando la correzione è terminata!) e mi sono accorta di un fatto interessante.
Sicuramente è già successo altre volte, ma chissà perché mi è balzato agli occhi proprio oggi. Forse perché pensavo a questo articolo.
Di norma io lavoro a blocchi di testo, che mando settimanalmente all’autore così che possa starmi dietro, quindi nella rilettura finale spesso non ricordo dove sono intervenuta nei primi capitoli, a meno che non fosse un intervento davvero incisivo.
Ebbene: in questo romanzo mi sto accorgendo di non trovare traccia dei miei interventi. Dirai: ovvio, l’autore magari li ha tolti, eccetera… No, perché mi ha detto di averne accettati in gran parte.
Questo è successo perché i miei interventi si sono armonizzati alla sua scrittura, creando un tutt’uno musicale in cui lo stile dell’autore è rimasto intatto.
Quando ci ho riflettuto, ammetto di essermi sentita orgogliosa. Ogni tanto un po’ di merito me lo prendo anche io 🙂
Tuttavia è davvero difficile trovare questa armonia, bisogna essere aperti da entrambe le parti a mettersi in gioco e come dicevo prima senza fare guerre inutili.
Non entro nel merito di ciò che dovrebbe fare l’autore, ne ho già parlato soprattutto identificando quali sono i tipi più tosti che un editor può trovare o quando il suo lavoro non ha senso.