Ecco a voi un estratto dell’ultimo romanzo di Maria Cristina Pizzuto, prolifica autrice che ha pubblicato con svariate case editrici tra cui PubMe. La serie di Castel Marina, di cui oggi presento un estratto dell’ultimo romanzo, racchiude storia d’amore, gotico e romanzo di introspezione. La serie è composta da quattro romanzi, di cui i primi tre sono raccolti in La vendetta di Nirak, mentre il capitolo conclusivo è La perla della speranza.
Vi lascio le due sinossi, e un estratto de La perla della speranza.
Buona lettura!
La vendetta di Nirak
Questo libro raccoglie la trilogia delle avventure di Castel Marina, o meglio le peripezie all’interno di un castello di un piccolo borgo che sorge a picco sul mare. Sono storie raccontate da nonna Erica ai nipoti, in una delle tante vacanze invernali davanti a un caldo caminetto.
La storia inizia con la descrizione dell’infanzia e dell’adolescenza della signorina Elisabetta, la figlia del signor Nirak, padrone del castello, fino a un fatidico incidente che porterà la giovane alla morte e così anche a quella di suo padre. Il castello diventerà un albergo. Da qui si susseguono persecuzioni e vendette del fantasma di Nirak nei confronti dei clienti, alla ricerca di un’anima simile a quella della sua bambina deceduta per farla sua per sempre.
Ma lo spettro non ha fatto i conti con lo spirito di Elisabetta, che continuerà a proteggere le persone prese di mira dall’incubo del fantasma di suo padre.
Solo il sacrificio di Sabrina, molto simile caratterialmente a Elisabetta, porrà fine a tutte le vendette di Nirak, restituendo tranquillità alle generazioni future.
La perla della speranza
La perla della speranza è il seguito della trilogia La vendetta di Nirak.
Una comitiva di trenta persone si ritrova a fare un viaggio organizzato a Castel Marina. Per sette di loro, tuttavia, la vacanza si preannuncia diversa dal solito…
Tra gli spiriti e i fantasmi del passato e le vite dei protagonisti cariche di problemi irrisolti, il maestoso castello sulla scogliera è teatro di una commovente storia il cui filo rosso è uno e solo: il coraggio di sconfiggere i propri demoni.
Un estratto da La perla della speranza
Jacopo fece notare che ogni qualvolta uno di loro entrava in contatto con i fiori o con la perla, egli veniva aiutato a comprendere il suo malessere più inconscio.
A quel punto ebbe un’illuminazione: «Non può essere che, avendo venduto la perla, Ivan, è come se l’avessi buttata? E quindi è come se non avessi voluto accettare l’aiuto che ti veniva offerto?»
Gli venne in mente la sua amata Sabrina.
Quanto gli mancava e quanto avrebbe voluto che fosse lì con loro!
«E allora perché continuano a perseguitarmi con gli incubi?» protestò Ivan. «Se io non voglio aiuto, che non me lo diano! Io sto bene così.»
«Non mi pare che tu stia bene come dici. Ti devo ricordare le volte in cui sei stato ubriaco o in cui hai tentato di molestare Iris? L’abbiamo visto tutti!» gridò Emanuele.
«Potrebbe anche essere che ti rifiuti solo apparentemente di essere aiutato, ma nel tuo profondo lo vorresti e per questo continui ad avere gli incubi» rincarò la dose Jacopo pensando a ciò che gli aveva detto Sabrina nella grotta.
«Che mi lascino in pace, e lasciatemi stare anche voi!» disse in tono minaccioso Ivan. Non ne poteva più delle loro parole e si allontanò.
La sua fuga fu breve, poiché Rolando chiamò tutti a rapporto per far ritorno a Castel Marina.
Ivan rimase sempre in disparte e, una volta arrivati a destinazione, sparì subito nelle vie del paese senza dire parola. Gli altri ritornarono alle loro camere per rinfrescarsi prima della cena.
Ivan non si fece vivo per tutta la serata. La sua sedia rimase vuota. Il gruppo era preoccupato: dov’era? E, soprattutto, cosa stava facendo? Avevano paura della sua volubilità.
Fu Emanuele il primo a vederlo, quando rientrò in camera ubriaco fradicio; si era conciato peggio del solito. Fece finta di dormire per non alterarlo ulteriormente, e Ivan, come se niente fosse, si mise sotto le coperte e si addormentò. Solo l’alcol gli dava tranquillità a sufficienza per riuscire a dormire serenamente; una volta esauritosi l’effetto degli alcolici, però, ecco che gli incubi si ripresentavano vividi nel suo cervello, svegliandolo tremante e in un bagno di sudore.
Maria Cristina Pizzuto è nata a Milano e ha trascorso l’infanzia a Bresso.
All’età di tredici anni la famiglia si è separata, suo padre è rimasto a Bresso, (MI) mentre lei e il fratello, di dieci anni in meno, sono andati ad abitare a Gorgonzola (MI).
Ha fatto lì le superiori, un liceo scientifico aad indirizzo ambientale.
Ha fatto sei mesi di università alla Bicocca, facoltà di Geologia. Al secondo anno avrebbe potuto prendere l’indirizzo di Geologia marina ma si è fermata molto prima perché aveva capito che non era quella la sua vera vocazione. Appena ha trovato lavoro ha abbandonato l’università.
Scrive dalla terza media circa, in primis poesie, poi si è dedicata sia a quelle sia a scrivere racconti con tecniche diverse di scrittura.
Attualmente abita a Fara Gera d’Adda (BG).