“Le acque del sonno eterno”: il terzo libro di Maria Cristina Pizzuto
Conosciamo Maria Cristina Pizzuto per i suoi precedenti Boccioli di rose e Il bacio del mare; quest’ultimo fa parte di una trilogia di prossima pubblicazione.
In questi giorni è uscito il suo terzo romanzo, “Le acque del sonno eterno”. Una storia d’amore, di speranza e di voglia di rinascita ambientata in una cittadina nei pressi di una diga. Una storia che, soprattutto, ci insegna a rispettare la natura e a non sentirci dei nei suoi confronti.
Perché è la natura a comandarci, e spesso lo fa nel modo più brutale che conosca.
Sara, rimasta orfana a causa di un incidente, è costretta ad andare a vivere al castello del suo austero zio Alberto, in una cittadina chiamata Pomlete.
Al suo arrivo è accolta con estrema freddezza ma, con il passare dei giorni, fa amicizia con Marta, la cuoca, e con Erika, la moglie defunta
dello zio.
Saranno proprio lo spirito di Erika e la pazienza di Sara a sciogliere il cuore arido e indurito di Alberto, trasformandolo in una persona cordiale e amabile.
Nonostante i ripetuti moniti di Erika di stare lontana dall’acqua, Sara deciderà di trasferirsi in un paesino nei pressi di una diga, dove troverà la sua indipendenza e l’amore al fianco di Francesco, fino al fatidico giorno in cui la diga riverserà le sue acque sul centro abitato, trasformando le loro vite per sempre…
Questo racconto vuole ricordare il disastro provocato dalla rottura della diga del Vajont, che in una sola notte ha causato mille e novecento morti.
Tragedia che poteva essere evitata e che ha causato danni all’ambiente e alle persone, devastando un intero paese.
Sebbene la narrazione sia puramente fantastica,
vuole mettere in risalto come vite diverse vengano spezzate in poco tempo, per motivi futili e prese di posizione politico-economiche.
Questa storia è stata scritta per non dimenticare, per sottolineare che la superficialità umana spesso porta
alla distruzione di vite, gremite di desideri ed emozioni. L’Uomo diventa, qui, il dio di se stesso. Un suo errore può varcare il limite della vita e della morte, ed egli si fa autore di misfatti che potrebbero benissimo essere evitati. È un urlo a chiunque possa decidere delle sorti dell’umanità a essere più responsabile in ciò che si fa e si esercita, a prescindere dai giri economici e di potere.
“Le acque del sonno eterno” vuole implorare tutti gli uomini a imparare dai nostri stessi errori. Sbagli che hanno portato a catastrofiche conseguenze spezzando l’esistenza di molte vite umane.
Come sempre, quando la Pizzuto scrive, riesce a calamitare l’attenzione del lettore sin dalle primissime righe, grazie a una prosa semplice ma ricca di dettagli e da una scrittura che dosa sapientemente metafore, paragoni e l’uso di aggettivi.
Inoltre il lettore non potrà non accorgersi, da subito, dei numerosi messaggi che il romanzo reca con sé. Ed è questa la peculiarità dello stile di Maria Cristina: riuscire a trasmettere emozioni, sensazioni, ma anche temi di forte attualità e di intimità.
Sara è una giovane donna che ha perso tutto, a partire dai genitori. Si ritrova sola in un fosco castello, in balia dell’altero zio Alberto che tutto è a parte una persona sensibile e capace di darle quell’amore cui tanto agogna. Ma Sara è anche forte, caparbia; ha uno spirito indomito e riuscirà a sopravvivere a questa mancanza di affetto e sensazione di estraneità, riscoprendo piano piano se stessa e tornando a vivere la sua vita.
Una storia, quindi, innanzitutto di fuga e riconquista del proprio Io, del proprio essere se stessi, attraverso un viaggio non solo reale, per le vie della cittadina di Pomlete, per i corridoi del castello e per i boschi e i prati che circondano la vallata, ma anche attraverso la propria anima.
È stato solo grazie a lei che si è salvato e le sarà sempre riconoscente, perché gli ha dato l’opportunità di continuare a vivere, di farsi una famiglia e di raccontare ai suoi nipoti la stupenda storia di una ragazza che gli ha portato la felicità nel cuore e l’opportunità di una nuova vita.
La scelta di trattare un tema forte come quello dell’uomo che si crede Dio e vuole soggiogare la natura è un plus, o forse è il plus, del romanzo.
“Le acque del sonno eterno”, infatti, è liberamente ispirato alla tragedia del Vajont, e ci racconta come un bellissimo elemento qual è l’acqua sia in realtà qualcosa di oscuro, malevolo, strasbordante nella sua fatalità.
L’acqua è l’elemento trainante del romanzo, com’è successo anche per i due precedenti libri della Pizzuto. L’acqua dà vita, perché Sara è nata dall’acqua, e l’acqua può reclamare questa vita quando vuole, ergendosi come giudice ultimo dell’esistenza degli esseri umani.
Quando, dopo parecchio tempo, le acque si calmarono e i suoi occhi cercarono all’orizzonte il corpo di Sara, non vide niente. Sembrava essere stata inghiottita dalla furia dell’acqua.
Un romanzo di amore e di speranza, di forza e di destino.
Un inno alla vita ma anche un avviso a non spingersi troppo oltre.
Una storia dell’uomo, sull’uomo e per l’uomo.