E mostralo! Cenni sul show, don’t tell

È uno dei pilastri della scrittura dei romanzi di oggi: mostra, non raccontare!

Ma che cosa significa, di preciso?

Lo vediamo oggi.


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Strano davvero

Ieri ho iniziato a scrivere un racconto per un concorso.

Come sai, la primissima stesura è lasciare correre l’estro creativo; solamente dopo dovrai fare i conti con il famigerato setaccio ed eliminare l’eliminabile.

Mi è sorto, però, un ragionamento.

Nel mio racconto ho scritto una cosa del tipo: “Marcella vide una statua con strani segni”.

Leggendo l’interessante vademecum di Bruna Graziani sulla scrittura creativa, proprio alla sezione sul show, don’t tell, si parla ovviamente degli aggettivi.

L’aggettivo strani serve davvero? E perché sono strani questi segni?

Dire che una statua ha degli strani segni è raccontare.

Descrivere questi segni è mostrare.

Anche perché i segni possono sembrare strani per me, che non conosco ad esempio una scrittura arcaica, ma non per te che ne sei cultore.

Invece di “Marcella vide una statua dagli strani segni”, allora è meglio scrivere: “Marcella vide una statua che aveva delle linee orizzontali e verticali laddove avrebbero dovuto esservi occhi e bocca”.

Più interessante, eh?


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Sono davvero arrabbiatissimo

Altri elementi da controllare attentamente per mostrare anziché raccontare sono le emozioni.

Le persone non girano con un cartello in cui c’è scritto che sono arrabbiate, felici, tristi, preoccupate eccetera. Carpiamo i loro stati d’animo da come si comportano, che cosa dicono, come parlano.

Scrivere: “Mario ha paura” non ci dice nulla.

Certo, è veloce e diretto e ti evita di sperticarti in arzigogolate acrobazie… ma cosa resta poi al lettore? Poco e niente. Anzi, niente del tutto.

Meglio allora far muovere le rotelline del cervello un poco di più (magari durante la revisione) e mostrare come Mario ha paura.

“Mario trema. Mani scheletriche dalle dita adunche gli hanno afferrato le caviglie e non lo lasciano andare, e così lui rimane lì, paralizzato, il fiato corto e un rigagnolo di sudore a corrergli lungo il collo.”

Discorso simile per: “Maria è arrabbiata con il marito Luigi, rientrato a casa come sempre in ritardo per pranzo.”

“Maria dà un pugno sul tavolo. Le nocche strillano di dolore, ma lei non se ne accorge nemmeno: il suo sguardo è tutto per quello scansafatiche del marito che anche oggi si è dimenticato che devono pranzare all’una… all’una! E sono le 13.34. Afferra il mestolo e lo stringe, ma vorrebbe tanto sbatterglielo su quella faccia da rincoglionito che si ritrova.”


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Un esercizio utile

Un esercizio utile per avvicinarsi allo show, don’t tell è scrivere usando un narratore esterno.

Una voce fuoricampo, quindi, che si limita a riportare quanto vede e non conosce nulla dei personaggi, ma solo quello che fanno e dicono.

Non può entrare nelle loro teste, pertanto non può sapere se sono tristi, allegri, arrabbiati eccetera, ma può solo mostrarlo (appunto).

Stessa cosa per gli aggettivi o altro: la voce narrante non può dare giudizi come “strano”, “bello”, “brutto” eccetera, quindi potrà solo limitarsi a descrivere quello che vede.

Usando più e più volte questo tipo di narrazione, ti focalizzerai più su fattori visivi, esterni che interni o di giudizio. E imparerai a mostrare di più e a raccontare di meno.

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