Spesso, nel mio lavoro o come semplice lettrice, ho avuto a che fare con le descrizioni. Suonerà strano a molti, e banale ad altri, magari più esperti del settore, ma le descrizioni sono la bestia grama di ogni scrittore. Per quale motivo? Perché talvolta rischiano di appesantire la narrazione, risultando superflue, e spesso cadono nell’infodump (eccesso di informazioni). In molti manuali o saggi di scrittura creativa le descrizioni vengono condannate in toto. No alle carte di identità dei personaggi, no a paroloni aulici e ridondanti, no a frasi che sembrano le previsioni del tempo.
Lungi da me voler dare regole precise o schierarmi completamente a favore o contro qualcosa. In questo post cercherò solo di offrire la mia opinione personale, e di far capire che talvolta le descrizioni posso esserci utili, o comunque sono un elemento di pregio in un libro.
Le descrizioni e il tipo di romanzo
Quante volte avete letto un romanzo e vi siete persi a sognare a occhi aperti quel particolare vestito indossato dalla protagonista? È il caso, ad esempio, di romanzi storici. Ricordo che nella saga di Maurice Denuzière, Louisiana, l’autore spende molte frasi nella descrizione dei personaggi. In questi casi personalmente non ho provato fastidio, anzi: la descrizione di abiti dell’epoca, unita ai tessuti e ai colori ha arricchito la narrazione. Per non parlare delle lunghe pagine di descrizioni che fa Tolkien ne Il signore degli anelli. Le stesse descrizioni potrebbero risultare scomode in un thriller o in un altro genere, come l’erotico. Provo a fare un esempio, scritto da me di getto:
Nel momento in cui la serratura della porta scattò, l’uomo tirò su la testa. Sapeva che era lui, ma non avrebbe parlato neanche questa volta. L’avesse pure preso a pugni, fatto sanguinare, boccheggiare, svenire. Avrebbe comunque taciuto. Il suo aguzzino entrò: indossava un paio di jeans stinti, di colore scuro e una t-shirt egualmente consumata. I capelli castani erano in disordine e bagnati, come se avesse appena fatto la doccia. Si avvicinò all’uomo incatenato a terra.
In quanti si sono annoiati? In quanti si sono detti: “Ma che cosa mi importa di com’è vestito sto tizio?”
In questo contesto a nessuno interessa sapere com’è vestito quest’uomo, né tantomeno che ha i capelli bagnati. L’azione dovrebbe essere concitata, tipica magari di un thriller. Inserire parti di descrizioni spegne l’attenzione e smorza l’adrenalina. Non tutti i thriller o gialli sono però privi di descrizioni: pensiamo a un poliziesco con la delineazione della scena del crimine, spesso l’autore inserisce elementi descrittivi qua e là, magari fornendo informazioni al lettore, o magari sviandolo.
Quindi possiamo giungere a una prima conclusione:
Le descrizioni possono funzionare a seconda del tipo di romanzo e a seconda del contesto.
Le descrizioni essenziali in una narrazione
Di contesto vorrei ancora parlarvi, segnalandovi un altro romanzo, a cui ho avuto il piacere di lavorare, dove sembra a prima vista esservi abbondanza di descrizioni. Vi riporto un passo:
Era un ragazzo di neanche vent’anni; la carnagione abbronzata faceva risaltare il verde degli occhi, che erano fissi sugli avversari. Il colore dorato della barba era contrapposto al castano scuro dei capelli, che gli scendevano lisci fino a coprire le orecchie. Era un combattente esperto, ma erano in quattro contro uno: troppi anche per lui. (Celeste: l’Ardore di una Donna, di Cristina Vichi)
Il personaggio di cui si parla sarà uno dei protagonisti della storia. L’autrice, nei suoi romanzi, gioca spesso sulle descrizioni per offrire al lettore alcuni dettagli che pescherà qua e là nella storia, ricordandoli e capendo immediatamente con chi si ha a che fare, senza che non venga espressamente scritto. Più avanti nel romanzo, infatti, troviamo quest’altro passo:
Un uomo, vestito riccamente, era in piedi al centro della navata, immobile. Tutti i presenti lo guardarono. La carnagione abbronzata faceva risaltare il verde degli occhi e lo strano contrasto di colori, fra la barba dorata e i capelli di un castano scuro, non passava inosservato. Quel bellissimo uomo guardò Celeste dritto negli occhi e le sorrise. (Celeste: l’Ardore di una Donna, di Cristina Vichi)
Il passo in questione è parte di una scena di azione: per far capire di chi si tratta senza svelarlo completamente, l’autrice ha fatto perno sulla descrizione del personaggio.
Un altro modo di utilizzare le descrizioni è considerarle un elemento a prima vista banale, ma in seguito molto utile per capire un passo fondamentale della narrazione. Ultimamente sto rileggendo alcuni romanzi per ragazzini che da piccola apprezzavo molto, ossia la serie “Piccoli Brividi” di Stine.
Ebbene, in uno degli ultimi racconti letti ho trovato questa descrizione, che a prima vista mi è sembrata superflua:
Zack si tolse il berretto da baseball dei Red Sox, ed esibì un nuovo taglio di capelli.‒ Uau! Sei… diverso ‒ dissi, studiando il suo nuovo look. A sinistra, appena sopra l’orecchio, lo avevano praticamente rapato a zero, mentre per il resto il barbiere si era limitato a una spuntatina. (1,2,3… Invisibile! di R .L. Stine)
In realtà, andando avanti nella lettura, grazie a questa descrizione ho potuto intuire una parte fondamentale del racconto, che l’autore ha poi spiegato verso la fine:
‒ I tuoi capelli ‒ dissi. ‒ Li hai sempre portati pettinati così?‒ Ehi, di cosa stai parlando? Ti ha dato di volta il cervello? ‒ chiese Zack, lo sguardo di chi stenta a credere alle sue orecchie.‒ Come portavi i capelli prima di diventare invisibile? ‒ insistetti. ‒ Cortissimi sul lato sinistro e più lunghi sul lato destro, se non sbaglio. ‒Tu sei proprio matto, Max ‒ rispose Zack. ‒ I capelli li porto così da sempre. Secondo me hai le traveggole. (1,2,3… Invisibile! di R .L. Stine)
Possiamo, allora, giungere a un’altra conclusione:
Le descrizioni sono utili qualora siano un elemento essenziale per lo svolgimento della storia, o qualora l’autore voglia giocare con esse per offrire diverse chiavi di lettura.
In conclusione, spesso non mi sento di condannare una descrizione a priori, solo se questa, però, è davvero coerente con la storia: in altre parole, se questa “calza”. Quello che ho potuto imparare, leggendo, scrivendo e correggendo, è che non ci sono regole ferree da seguire, ma che le prassi possono essere declinate a seconda della volontà dell’autore. I rischi però ci sono, e sta allo scrittore imparare a riconoscerli e a evitarli, oppure a strutturali a suo favore.
There are 2 comments on this post
Ennesimo ottimo articolo! Io però, preferisco non dare mai retta alle dichiarazioni estremiste.
la carta d'identità di un personaggio, per esempio, potrebbe essere divertnte, ma se uno scrive come su un documento ufficiale allora no, giusto?
ma in effetti, come da esempi riportati nell'articolo, spesso accade, che una cosa che piace da impazzire a me, faccia schifo e annoi a te (me e te sono due personaggi fittizi eh lol)... quindi -Le descrizioni possono funzionare a seconda del tipo di romanzo e a seconda del contesto- e, aggiungo io, a seconda del'individuo che legge, giusto? :)
In conclusione siamo alle solite, tra varianti, regole e tecniche non è facile gestire tutto!
Brava Ema!!
Hai ragione!
In effetti non avevo considerato l'aspetto "personale" :)