Raccontare o mostrare? Tell o show?

Sebbene molti ripudino a priori il raccontato e si lancino sul mostrato, come per tanti altri elementi di scrittura creativa anche per show e tell non c’è la regola.

Quando usarli? Dipende.

Oggi vediamo alcuni esempi.

photo of leaves
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Show, don’t tell!

Per chi fosse ancora a digiuno di scrittura creativa, una delle primissime regole che insegnano corsi, master e laboratori è: mostra, non raccontare.

In altre parole, è meglio mostrare una scena anziché descriverla.

La scrittura è molto più incisiva e attrae il lettore, che al contrario tenderebbe a guardare dappertutto tranne che la pagina del libro (o lo schermo dell’e-reader).

In realtà, come per molte altre regole, anche questa ha tante eccezioni.

Una storia scritta “in tell” è difficile da leggere da seguire, il lettore fatica a immedesimarsi. Ma anche una storia scritta “in show” presenta delle difficoltà.

In effetti, oltre a saper usare show e tell, occorre sapere anche quando usarli.

Quando mostrare?

Ogni volta che ti fremono le dita per inserire un aggettivo, innanzitutto.

Maria è arrabbiata.

Okay, ma arrabbiata come?

Maria è triste.

Triste come?

E via dicendo.

Usare uno di questi aggettivi, che definisco deboli, equivale a raccontare, a descrivere uno stato d’animo. Ma non dice nulla al lettore. Ci sono tanti modi di essere arrabbiato, ci sono tanti modi di essere triste, e così via.

Inoltre, il lettore non vede la rabbia, o la tristezza, di Maria. Lo legge, va avanti, e magari dimentica anche che Maria era arrabbiata/triste/ecc.

È meglio allora mostrare: scrivere che cosa sente Maria, o, ancora meglio, far vedere come agisce. Se è arrabbiata potrebbe dare un calcio a una sedia. Se è triste potrebbe rannicchiarsi sul letto e piangere. Le possibilità sono infinite.

Mostra anche qualsiasi scena di forti tensioni.

Che sia una scena di paura, di amore, di violenza… è meglio mostrarla anziché raccontarla.

Prendo in prestito un passaggio del libro Intensity di Koontz che uso anche nel mio Prontuario di editing:

Nel corridoio i passi si fermarono. Una porta si aprì.

Senza dubbio, era assurdo attribuire un sentimento di rabbia al semplice gesto di spalancare una porta. Il rumore secco del pomello che veniva girato, il raschio del chiavistello, il cigolio dei cardini non oliati… erano solo rumori, né calmi né irati, né colpevoli né innocenti, poteva averli provocati sia un prete sia un ladro. E tuttavia lei sapeva che si trattava di movimenti compiuti con rabbia.

Sdraiata sullo stomaco, strisciò sotto il letto, i piedi contro la testiera. Si trattava di un mobile di elegante fattura, dai solidi piedi torniti e fortunatamente piuttosto alti. Un paio di centimetri di spazio in meno e non le sarebbe stato possibile usarlo come nascondiglio.

Di nuovo rumore di passi nel corridoio.

Un’altra porta si aprì. Quella della camera per gli ospiti. Esattamente di fronte ai piedi del letto.

Qualcuno accese la luce.

Chyna era sdraiata con la testa girata di lato, l’orecchio destro premuto contro la moquette. Sbirciando da sotto il letto, riusciva a vedere gli stivali neri dell’uomo e le gambe dei blue jeans dal polpaccio in giù.

[…]

La scena va avanti per molte pagine, fino al momento topico in cui la protagonista vede cadere una goccia di sangue davanti a sé e capisce di trovarsi di fronte a un killer. L’autore dosa dettagli e sensazioni per creare ansia nel lettore, e può scommetterci che ne ha creata molta, visto che avevo una decina di anni quando ho letto questo romanzo (non chiedermi cosa diavolo leggessi da bambina, avevo seri problemi già allora XD) e mi ha ossessionato per un bel po’.

Diverso sarebbe stato se Koontz si fosse limitato a scrivere: la porta della stanza si aprì. Chyna era seduta sotto il letto. Era terrorizzata. Il terrore si trasformò in orrore quando una goccia di sangue cadde davanti a lei.

Mostra anche le descrizioni.

… se proprio devi descrivere!

Spesso le descrizioni sono noiose, e a meno che tu non sia un mago in questo, le ridurrei al minimo. Una descrizione, soprattutto di un luogo o di un personaggio, rallenta la scena. È come durante un film si mettesse in pausa e il narratore descrivesse questo o quello. Che pizza, no?

Se però la descrizione ti serve perché è fondamentale per la storia, allora cerca di mostrarla anziché descriverla.

Il che pare un controsenso, ma il metodo c’è.

Ecco un bell’esempio tratto da Papà Goriot di Balzac.

La prima stanza emana un odore che non ha nome nel linguaggio, e che bisognerebbe chiamare odor di pensione: tanfo di rinchiuso, di muffa, di rancido; fa rabbrividire, è umido all’olfatto, penetra attraverso gli indumenti; ha il sentore di un locale in cui si sia mangiato; puzza di gabinetto, di cucina, d’ospizio di vecchi.

No comment, direi.

Quando raccontare

In tutti gli altri casi 🙂

Scherzi a parte, sì, in tutti i casi in cui è superfluo mostrare, usa il raccontato.

Ad esempio, se una scena deve essere veloce, ha poco senso mostrarla, e anzi: la renderesti noiosa.

Immagina di dover descrivere il tragitto in auto di Mario da X a Y. Se non succede nulla, evita di impelagarti in noiose descrizioni (sebbene raccontate) di cosa vede e di quello che questi scenari evocano: vai al dunque. Parlo di un tragitto in auto, ma può essere qualsiasi altro passaggio in cui non succede nulla e che quindi può essere risolto con due o tre frasi di raccontato: Mario prese l’auto e partì. Dopo dieci minuti era a casa.

Per questo prima scrivevo che troppo show potrebbe creare dei problemi: usandolo troppo (e magari male), potrebbe creare l’effetto opposto: appesantire tanto quanto un uso spropositato di tell.

È bene dosare, quindi.

Altri casi in cui raccontare è meglio di mostrare:

flashback brevi in cui non sono presenti dialoghi;

racconti nei dialoghi (per evitare i “pipponi”);

riassunti (di un evento già accaduto, ad esempio, a mo’ di reminder).

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