Il Progetto Fantasy è una rubrica in fase di costruzione che verte su uno dei generi a mio avviso più complicati e dalle mille sfaccettature: il fantasy.
Nel corso di questa rubrica verranno approfonditi diversi aspetti legati al fantasy, ma soprattutto verrà lasciato spazio a chi il fantasy lo scrive: gli autori.
Oggi parliamo con Vincenzo Romano, autore di “Mezzosangue”, edito da 0111 Edizioni.
Ciao e grazie per aver voluto partecipare al Progetto Fantasy. Inizio chiedendoti di parlarci un po’ di te. Chi sei? Che cosa fai nella vita?
Mi chiamo Vincenzo, ho 36 anni e sono Quality Manager in una azienda di packaging.
Amo il pensiero laterale; mi affascinano i fenomeni atmosferici, le emozioni, i processi mentali e le energie invisibili; mi piacciono le cose buone, le cose che fanno ridere, le cose che fanno pensare, i cieli stellati, la montagna, giocare con le parole e raccontare favole a miei figli. Mi lamento il giusto cercando di vivere il presente. Ho un sacco di difetti, ma non mi piace parlarne perché so di essere permaloso e poco autoironico.
Com’è nata la passione per la scrittura?
La passione per la scrittura è nata per gioco, nel senso proprio del termine, perché da sempre sono appassionato di gioco di ruolo, per cui il “giocare una storia” è sempre stata la mia passione. L’idea che non ci sia una trama già definita, ma che l’azione dei giocatori possa farla evolvere in diverse direzioni mi ha sempre affascinato. Mi piace pensare alla Storia (con la S maiuscola) come qualcosa di più grande dei singoli attori, ma comunque da loro influenzabile. È un equilibrio delicato, molto bello da immaginare ma molto complesso da realizzare all’interno di un racconto.
Perché hai scelto proprio il genere fantasy?
Mi sono avvicinato alla lettura con i grandi classici e soprattutto con la fantascienza. Il primo libro che ricordo di aver letto è “Il tempo della terra” di Robert Silverberg, ed è stato amore puro. Per diversi anni ho celebrato quell’avvenimento rileggendolo più o meno sempre nello stesso periodo. Oltre ai maestri della science fiction sono sempre stato affascinato dalle atmosfere di Tolkien e Brooks. Se aggiungiamo anni e anni con i dadi e le schede di Dungeons&Dragons sempre a portata di mano posso quasi dire che sia stato il Fantasy a scegliere me.
Ci racconti com’è nato il tuo romanzo “Mezzosangue”, edito da 0111 Edizioni?
Ero su un aereo, appena partito per una avventura, una esperienza di lavoro negli Stati Uniti subito dopo la laurea.
Roma-Chicago, molte ore di volo davanti e auricolare del sedile guasto. In questa situazione in cui si mescolavano molte emozioni ho messo per la prima volta su carta l’inizio di un libro che poi sarebbe diventato il mio romanzo d’esordio.
Un romanzo di viaggio e avventura non poteva nascere in altro modo.
Che tipo di background hai alle spalle?
Gli esperti lo definirebbero “background tecnico”: liceo scientifico, laurea in ingegneria, esperienza come ricercatore, ruolo tecnico in una organizzazione industriale.
Ma nel mio zaino ci sono anche libri, film, gioco, immaginazione, fantasia e creatività non appartengono al mio percorso di studi.
Quali sono state le maggiori difficoltà che hai affrontato durante la stesura?
Essendo un dilettante ne ho affrontate moltissime, alcune banali, altre più serie. Sulle difficoltà più “tecniche” sto girando una miniserie di video, quindi non anticipo nulla J
Verso la fine della stesura sono stato colto dalla “fase Penelope” per cui scrivevo e cancellavo e dal “panico da condivisione” perché terminare la stesura avrebbe significato esporsi alle critiche di tutti.
Come hai strutturato l’ambientazione? Hai disegnato delle cartine?
Dato che libro parla di viaggio è stato naturale disegnare il percorso su una cartina. La mappa usata durante la stesura, però, era molto scarna. Quella presente nel libro è stata realizzata con Salvatore, un bravissimo grafico, che ha trasformato uno sterile schema di lavoro in una piccola opera d’arte.
Hai qualche aneddoto da raccontarci?
Su un aereo ho iniziato a scrivere, su un altro sono stato ad un passo dal non voler scrivere mai più. Lavoravo sui primi capitoli, spesso nei ritagli di tempo e durante i trasferimenti.
Una volta ho lasciato la memory stick usb nella tasca del sedile mentre mi preparavo per scendere. C’erano dentro le bozze di due capitoli.
Ho provato emozioni del tutto sproporzionate rispetto a quello che era accaduto, neanche avessi perso l’unica copia di un codice di Leonardo da Vinci. Oltre allo sconforto per il lavoro perso e la sicurezza che non sarei mai più riuscito a riscrivere quei capitoli mi prese anche la paranoia che qualcuno, trovando quel promettente inizio, completasse la storia al mio posto. Se ci ripenso mi viene da sorridere.
Come hai strutturato i protagonisti, Kai e Narog?
I due protagonisti sono molto diversi, Kai è un mezz’elfo dal carattere misurato, silenzioso, determinato e un po’ disincantato. Narog è un mezz’orco entusiasta, espansivo ed a tratti ingenuo.
La condizione di mezzosangue, figli di due razze, ha determinato anche la storia personale dei due personaggi, in entrambi i casi quella con il mondo non è stata una convivenza facile.
Storie diverse, caratteri diversi. Kai e Narog hanno tutte le caratteristiche che preludono ad una convivenza faticosa.
Li accomuna un unico elemento: sono entrambi mezzosangue. Questa unica caratteristica è decisiva perché rappresenta la speranza di trovare comprensione.
Partendo da questo fulcro i due proveranno a superare la barriera che li separa.
Entrambi avvertono il calore dell’accoglienza. L’assenza di pregiudizio e senso di rifiuto che si offrono reciprocamente permette loro di abbassare le difese.
Sono personaggi in viaggio, alla ricerca, più consapevolmente uno, più istintivamente l’altro.
Hai in mente qualche progetto per il futuro? Un nuovo romanzo di cui vuoi raccontarci qualcosa?
Mezzosangue nasce come romanzo autoconclusivo, ma moltissimi lettori mi hanno chiesto di approfondire alcune sottotrame che fanno da sfondo alla narrazione principale, oltre a conoscere l’evoluzione dell’avventura dei due protagonisti.
Questo mi riempie di orgoglio ed anche di responsabilità, ma ce la metterò tutta per scrivere un sequel degno (e possibilmente migliore) del primo romanzo.
Sto beneficiando dei pareri positivi per trovare le energie, e di quelli negativi per migliorare lo stile, la prosa e la tecnica narrativa.
È molto bello aver scritto questo romanzo, mi ha dato e mi dà continuamente la possibilità di fare esperienze nuove e stimolanti.