Noi e il fantasy: Francesca Noto
Il Progetto Fantasy è una rubrica in fase di costruzione che verte su uno dei generi a mio avviso più complicati e dalle mille sfaccettature: il fantasy.
Nel corso di questa rubrica verranno approfonditi diversi aspetti legati al fantasy, ma soprattutto verrà lasciato spazio a chi il fantasy lo scrive: gli autori.
Oggi è con noi Francesca Noto, autrice de “Il segno della tempesta”, edito da Astro Edizioni.
Lasciamo a lei la parola!
Ciao e grazie per aver deciso di partecipare al Progetto Fantasy. Parlaci un po’ di te. Chi sei? Che cosa fai nella vita?
Ciao e grazie a te per avermi coinvolto! Mi presento brevemente, sono Francesca Noto, per gli amici Franny, nella vita lavoro come traduttrice da e verso inglese e come editor di riviste mentre cerco di conciliare il tutto con la famiglia e due esuberanti bambine, e poi ovviamente ci sono le passioni: in primis la scrittura, ma anche l’equitazione, la scherma medievale, la musica metal, i giochi di ruolo e i videogiochi (ma solo se puntano sulla narrazione!).
Quando e come è nata la passione per la scrittura?
Molto presto, in verità. Fin da bambina, leggendo i libri che mi appassionavano, ho iniziato a pensare che avrei potuto scrivere le mie storie, quelle che di solito mi raccontavo la sera mentre aspettavo di addormentarmi… E così, quando avevo 11 anni è uscito fuori il primo “romanzo”, chiamiamolo così. Potremmo definirlo un fantasy, un po’ sul tipo di “Ronja la figlia del brigante” di Astrid Lindgren… Definizione da prendere mooolto con le pinze! 😀
Come mai hai deciso di scrivere un romanzo fantasy?
Il fantasy mi permette di dare sfogo alla creatività, di divertirmi a creare un mondo “come dico io”, e consente di andare un po’ sopra le righe con personaggi ed eventi. E questo, per me, è sinonimo di evasione e divertimento. Gli stessi motivi, in fondo, per cui il fantasy lo apprezzo anche da semplice lettrice.
C’è o ci sono dei romanzi fantasy famosi che ti hanno ispirato o dai quali hai preso spunto?
Personalmente, adoro la forza creativa ed espressiva di Robert E. Howard, il “papà” di Conan il Cimmero. Dal punto di vista stilistico, di sicuro devo tanto a lui. Poi, be’, credo che dobbiamo tutti moltissimo a geni come Tolkien, la Rowling e Martin: quelli che non seguono gli schemi e diventano pionieri di nuove strade da esplorare.
“Il segno della tempesta”, edito da Astro Edizioni, è il tuo ultimo romanzo. Ci racconti com’è nato?
Primo, più che ultimo, considerando che si tratta del mio esordio. E sta per perdere il suo trono di “figlio unico”, perché a ottobre vedrà la luce il mio secondo lavoro, sempre nella stessa “lore” del primo, e con una continuità rispetto a “Il segno della tempesta”, ma per il resto indipendente.
Per quanto riguarda “Il segno della tempesta”, ha avuto una genesi molto lunga e travagliata. L’ho iniziato a scrivere nel lontano 1999, in seguito a un viaggio in Florida che mi aveva particolarmente colpito con le sue atmosfere; volevo che quelle emozioni non svanissero, e certi personaggi avevano cominciato a prendere forma nella mia mente.
La prima stesura è finita nel 2006, ma poi il romanzo è rimasto nel proverbiale cassetto fino al 2015, quando ha ottenuto la sua seconda stesura (praticamente riscritto), e a quel punto, a marzo 2016, è arrivato alle stampe grazie ad Astro Edizioni. Tutto è successo un po’ per caso… ma devo ammettere che io non credo nella casualità degli eventi, quindi immagino che abbia trovato un modo per venire alla luce, nonostante sia stato un “bambino pigro”, di quelli che non vogliono nascere mai!
Come hai strutturato il romanzo? Da cosa sei partita per prima cosa? Ambientazione? Personaggi? Background?
La primissima idea è nata dai personaggi. Intorno a loro, e alla loro storia, poi ho delineato un’ambientazione e un background. La cosa più divertente, che sto notando anche nel secondo libro che sto scrivendo, è che a un certo punto sembra che la trama inizi a collegarsi da sola: scattano dei nodi perfetti, delle consequenzialità a cui inizialmente non pensavi, e tutto inizia ad andare naturalmente al suo posto. Io, in particolare, tendo a cercare di dare, almeno di base, una spiegazione coerente a tutti i fatti che narro, e al background di partenza. Non per forza poi questa spiegazione va a finire nei dettagli nel libro, ma il fatto di averla mi consente di evitare scivoloni evidenti di logica o vicende incoerenti o inspiegabili. O almeno… be’, ci si prova!
Qual è stata la difficoltà più grande che hai avuto durante la stesura de “Il segno della tempesta”?
Probabilmente la difficoltà più grande, per me, è stata quella di tratteggiare dei “cattivi” credibili e accettabili. Ammetto che è una mia grande limitazione da sempre, e quindi ho fatto molta fatica, in questo senso. Fatto sta che, me ne rendo conto, avrei dovuto mostrare e approfondire di più l’antagonista e le sue ragioni: diversi lettori lo hanno apprezzato (e già questo per me è stato un grande sollievo), ma “ne avrebbero voluto sapere di più”. Magari in un futuro avrò modo di riprenderlo in mano…
Ci racconti qualche aneddoto sulla stesura de “Il segno della tempesta”?
A parte che, proprio come sto facendo in queste settimane per rispettare la consegna del secondo, mi svegliavo alle cinque per avere un paio d’ore sicure in cui scrivere e portare avanti il progetto (con taaante imprecazioni contro la sveglia)? Be’, forse il più buffo riguarda i due protagonisti e il loro rapporto. Poiché ho sempre immaginato questo romanzo per un pubblico giovanile, mi ero tenuta piuttosto “blanda” nelle scene erotiche, ma a un certo punto la mia editrice se ne è uscita: “Fra, ma… alla fine, Lea e Sven consumano o no?!”. Insomma, talmente blanda ero stata che non si capiva! Okay, ci tengo a dire che il problema è stato più o meno risolto.
Quali sono state le maggiori soddisfazioni?
Da una parte, le fiere del libro a cui ho partecipato, facendo spesso dei sold out che hanno lasciato me per prima a bocca aperta: ti danno un’energia positiva che ti resta addosso per giorni. E poi, quando alcuni lettori mi hanno contattata personalmente per ringraziarmi, dicendomi che avevano trovato conforto nel messaggio che volevo offrire. Ogni volta che è successo, ho capito che ne è valsa totalmente la pena.
Progetti per il futuro? Hai un nuovo romanzo nel cassetto e ci vuoi anticipare qualcosa?
Come ho raccontato in precedenza, sì, sto lavorando al mio secondo romanzo, che si intitolerà “I figli della tempesta” e, come detto, sarà un sequel “stand-alone” e indipendente, una specie di “erede spirituale” de “Il segno della tempesta”. Sto esplorando atmosfere più fantastiche ed emozioni e sentimenti diversi, con la presenza di due protagonisti maschili e adolescenti. Non sarà facile, ma conto di riuscire nella consegna a fine maggio, per poterlo far uscire a inizio ottobre, in concomitanza con la corrispondente edizione del Romics. Insomma… finger crossed! 😀
L’autrice
Francesca Noto, classe 1977, nata e cresciuta a Roma, città dove tutt’ora vive con il marito e le due figlie, si è laureata a 22 anni in lettere antiche con indirizzo archeologico, ma subito dopo ha abbandonato le sue velleità da Lara Croft per diventare giornalista e traduttrice di romanzi e riviste. Appassionata di heroic fantasy, scherma medievale, equitazione, giochi di ruolo e videogiochi fin da bambina, è stata caporedattrice del magazine Pokémon Mania nonché docente di game design allo IED di Roma. Il suo lavoro e i suoi interessi l’hanno spesso condotta all’estero, in particolare negli Stati Uniti, paese a cui è molto legata. Il segno della tempesta, concepito nel periodo dell’università, abbandonato e ripreso più volte e poi concluso in tempi più recenti, è il suo romanzo d’esordio.