Come già saprai, il prossimo 27 luglio uscirà il mio nuovo romanzo: “Cronache di Charma – Aequilibrium”.

Si tratta del primo volume di una “quadrilogia” fantasy ambientata nel mondo di Charma.

Oggi, per incuriosirti, ho deciso di condividere con te il primo capitolo del romanzo.

Quindi, bando alle ciance e buona lettura!

Ps1. Se non sai nulla di questo romanzo, dai un’occhiata al mio post di presentazione.

Ps2. Ti ricordo che fino alla data di uscita il libro è preordinabile su Amazon a soli 99 centesimi 🙂

Ps3. Sto ancora lavorando alla revisione, quindi se trovi dei refusi ti chiedo di perdonarmi!

I

Acque Concrete

Corse giù per la discesa, i capelli che le svolazzavano attorno. Sperava di essere sulla via giusta, visto l’intricato labirinto che la circondava.

Giunse in una vasta radura e si fermò. Intorno a lei, gli uccellini intonavano fresche melodie e le farfalle volavano alte tra le fronde. Un ruscello scorreva accanto a un’enorme quercia centenaria.

L’aveva trovata, finalmente.

Si avvicinò, e a un tratto il vecchio albero aprì gli occhi, grandi cavità dallo sguardo senza tempo. La contemplò a lungo.

«Isiana Eva» parlò la quercia. La sua voce pareva il rombo di un tuono e allo stesso tempo il fruscio delle foglie. «Isiana Eva» ripeté, e la bambina si riscosse dallo stato di torpore nel quale era caduta. «Infine sei giunta, Isiana Eva.»

Nuvole opache oscurarono il cielo e la radura si fece plumbea. Eva alzò gli occhi; oltre la coltre grigia, l’astro nascente era un pallido disco.

«Sono giunta, sì.» Si inginocchiò. «E se tu sei così saggia come tutti dicono, saprai anche il perché.»

La quercia emise una serie di strani suoni rassomiglianti a una risata. «Il perché…! Mi chiedi se so il perché, ma… cosa ti dice che potrei conoscerlo?»

Eva si rialzò. Durante il viaggio aveva sperato che giunta lì avrebbe trovato la risposta alle domande che la logoravano. E se si stesse sbagliando?

«Leggo nei tuoi occhi il dubbio» disse la quercia, ed Eva non seppe fare altro che annuire.

«È vero. Credevo che arrivata fin qui avrei trovato ciò che cercavo, ma forse il destino deve condurmi da un’altra parte.»

La vecchia quercia chiuse gli occhi, e per un attimo Eva pensò che fosse ritornata al suo lungo sonno, ma essa li riaprì pochi secondi dopo. Non erano più occhi, bensì due aperture: quella destra era una porta di legno socchiusa, e all’interno si intravedevano delle scale che portavano chissà dove; quella sinistra era una finestrella dalle fattezze accoglienti.

La voce della quercia riecheggiò nella radura. «La tua strada ti ha portata sin qui, è giusto che tu vada avanti. Avrai le risposte che cerchi. Ma non tardare ancora! Scegli la tua via e vedrai cos’ha il destino in serbo per te.» Detto ciò tacque.

Eva fissò a lungo le due entrate, inquieta.

Entrambe le ricordavano qualcosa. La porta di legno le faceva tornare alla mente la sua infanzia, quando viveva nelle verdi praterie a sud. Le vennero le lacrime agli occhi. Tutto ciò sembrava così lontano… tremendamente lontano. La finestrella le rammentava le dimore dei Litii, i minuscoli abitanti delle foreste, suoi cari amici.

Distolse la mente da quei pensieri malinconici. Doveva varcare una delle due soglie, non vi era più tempo. Scelse la porta di legno, che più le ricordava casa propria. Appena l’ebbe oltrepassata, essa si richiuse, divenendo una parete di legno.

Sperando di aver fatto la scelta giusta, Eva salì le scale. Dopo un’ascesa infinita giunse a un’altra porta di legno, questa volta enorme, a tal punto che l’Isiana al suo confronto sembrava una formica. Oltre, in tutta la sua maestosità, vi era il Tempio delle Acque Concrete.

Il portone si apriva su una collina dove appoggiava, stancamente, l’edificio più grande che Eva avesse mai visto. Doveva avere più di mille secoli, forse più vecchio della vita stessa. Era così immenso che l’Isiana non riusciva a intravederne la fine. Alcune torri sembravano voler toccare il cielo e altre, piccole e strette, parevano poter infrangersi al più flebile soffio di vento. Le mura erano di diversi materiali, come se l’edificio fosse stato costruito nel corso dei secoli.

Eva cominciò la sua salita verso il Tempio. Attorno a lei, il tempo cambiava in continuazione, da una splendida giornata a un grigio giorno di pioggia.

Non seppe dire con esattezza quanto tempo durò la sua interminabile ascesa verso il Tempio delle Acque Concrete.

Quando stava per crollare, si trovò davanti a un portone di noce alto e massiccio.

Era chiuso.

Le forze di Eva scivolarono via. Nessuno avrebbe potuto aprire il portale, esso stabiliva quando spalancarsi. Esso e nessun altro. Eva si lasciò cadere sull’erba, le lacrime che formavano una ragnatela sulle sue gote. Aveva percorso tutta quella strada solo per trovare la porta sbarrata? Come poteva essere il destino così avverso?

Si coricò sul soffice tappeto di pratoline e ranuncoli. Non era più in grado di muovere un solo muscolo. A fatica riusciva a tenere gli occhi aperti.

Piombò in un sonno profondo.

Non si accorse che il massiccio portone del Tempio delle Acque Concrete si stava lentamente aprendo.

 ***

Il fuoco bruciava ogni cosa. Il fumo era così penetrante da impedirle di respirare. Il palazzo davanti a lei stava crollando. Una dopo l’altra, le immense si frantumavano sul marmo polveroso. Tutt’intorno, cadaveri. Donne bruciate vive, bambini attaccati alla sottana di giovani madri violate e sgozzate, uomini trafitti da lunghe sciabole. Dappertutto urla, e tra di esse vi era anche la sua.

Non poteva rimanere lì senza fare nulla, mentre il mondo intorno a lei collassava. Eppure, per quanti sforzi facesse, non riusciva a muoversi. Una morsa di ferro la teneva bloccata in mezzo a quella distruzione, mentre il fuoco, inesorabile, avanzava verso di lei…

Eva si svegliò. Di nuovo quell’orribile incubo. Da mesi non sognava altro.

Stentò ad aprire gli occhi, scossa dalla luce accecante che aleggiava intorno a lei. Non rammentò subito dove fosse. Anzi, non ricordava nemmeno cosa fosse successo prima di addormentarsi, e perché si fosse assopita così improvvisamente. Ricordava solo l’odore acre del fumo misto a quello della carne bruciata, e l’incendio che la divorava.

Aprì gli occhi dorati e si guardò in giro.

Ovunque intorno a lei brillava una luce bianca quasi abbagliante. Tuttavia, socchiudendo le palpebre, Eva riuscì a scorgere qualcosa. Si trovava in un ampio salone circolare turchese, e tutt’intorno a esso numerose scalinate salivano ad altezze inimmaginabili. Il soffitto era decorato con miniature scolpite nel marmo di strani animali che non aveva mai visto.

Dov’era finita?

Fu un attimo, poi tutto le ritornò alla mente, un fulmine lanciato nel lago di Yss.

Sussultò: ce l’aveva fatta, era riuscita a varcare le soglie del Tempio delle Acque Concrete!

L’Isiana si alzò e percorse una delle scalinate, spinta da un istinto che si rivelò esatto. Dopo numerosi gradini giunse in un altro salone circolare ornato di simboli sconosciuti. Al centro, una cavità ricolma d’acqua.

Erano le Acque Concrete. Accanto,una figura incappucciata: il Guardiano delle Acque Concrete. Eva sperò non la ostacolasse.

Egli alzò lo sguardo e la osservò. «Una straniera che giunge nelle Dimore di Stellar, da ere non accadeva un evento del genere.»

Eva annuì. «Sento che qualcosa sta scuotendo l’Equilibrio di Charma. Desidero gettarmi nelle Acque Concrete e ottenere una risposta.»

Il Guardiano del Tempio non distolse mai gli occhi da lei. Dopo un silenzio interminabile, egli parlò di nuovo. «Ciò che chiedi comporta delle conseguenze irreparabili se eseguito in modo errato. Tuttavia, poiché nelle tue vene scorre la linfa di Veltantel, le Acque devono schiudersi e mostrarti le risposte che cerchi.» Con un cenno della mano indicò la polla, e le acque cominciarono a turbinare.

Eva trasse un lungo sospiro. Ora non restava che l’ultimo passo, quello più difficile, poiché il terreno si faceva sempre più ristretto e i rischi di cadere nel burrone erano immensi.

In pochi passi si avvicinò alle Acque Concrete, che iniziarono a turbinare. La sua immagine riflessa era distorta, i suoi occhi dorati sembravano sdoppiarsi e i candidi capelli danzavano come un veliero sull’oceano.

Raccolse il coraggio dentro di sé, ripensando agli incubi che la tormentavano da mesi e al loro significato, poi si gettò nelle Acque, che si agitarono ancora per un po’ e infine smisero.

La luce si spense e il Tempio delle Acque cadde rimase nell’oscurità, in attesa della scelta del Destino.

***

«Matrice di Sinkeye.»

La voce che parlò sembrava il vento fra gli alberi, ma aveva un’impronta così reale da essere palpabile.

Eva rabbrividì. Intorno a lei, le acque si agitavano senza sosta. Nonostante ciò, riusciva a respirare liberamente. Era nel cuore delle Acque Concrete, la Dimora di Stellar.

«Rispondo, Oracolo dell’Acqua» replicò.

«Che cosa ti ha condotto qui, Matrice?»

Eva non poteva vedere l’Oracolo, ma esso era tutt’intorno a lei.

«Da mesi, ormai, un incubo tormenta le mie notti. Charma brucia e la gente muore, trucidata dal fuoco o da chissà cos’altro. Le mie percezioni non mentono: so che si tratta di una visione. Temo che stia per accadere qualcosa di orrendo.»

La voce tacque a lungo, e l’Isiana trattenne il respiro.

«Non ti sbagli, Matrice» replicò infine. «Nelle nostre orecchie è corso il presagio di un evento nefasto.»

Eva trasalì. «Cosa succederà, Oracolo Stellar?»

«L’Equilibrio che mantiene la pace tra i paesi di Charma si sta spezzando. Presto vi sarà una rivolta che porterà il Regno alla rovina.»

Eva strinse i pugni, sull’orlo delle lacrime. «No, non può essere! Abbiamo a lungo cercato la pace, e ora che essa è finalmente arrivata, qualcuno vuole di nuovo la guerra! Chi può essere tanto crudele?»

«Il popolo di Eartha sta cercando di rompere l’incantesimo che lo lega al sottosuolo. La casata dei Mellyes brama la vendetta.» La voce era impassibile.

«Eartha ha infranto le regole e disobbedito al Volere dello Spirito in Due. Ed Esso l’ha punita. Il suo Volere la lega al Villaggio al di Sotto.» Eva allargò le braccia. «Non può andare contro il Volere della Gemma Divina!»

«Ma lo farà.»

«Non posso lasciare che accada questa catastrofe!» Eva smise di piangere e il suo volto assunse l’espressione determinata che aveva avuto fino a qualche minuto prima.

«Non puoi fare nulla per impedire il corso degli eventi. È scritto nel Destino.» La voce cominciò a fluttuare tra le acque, si stava allontanando.

Eva comprese che le rimaneva poco tempo. «Veltantel non può permettere che l’Equilibrio venga infranto!»

«A Veltantel non importa né il Bene né il Male, Matrice.» La voce era ormai un sussurro. «Chissà, forse con questa guerra capiremo molti lati dell’esistenza che fino a ora ci erano sconosciuti…» Si dissolse con un lungo sospiro.

Eva fu avvolta da una luce fortissima, che quasi le impedì di respirare. Quando riaprì gli occhi, si ritrovò di nuovo nella radura della vecchia Quercia del Tempo, che ormai pareva solamente un albero rinsecchito in procinto di abbandonare le spoglie terrene.

La confusione l’avvolgeva e le impediva di pensare con lucidità. Gli incubi si erano rivelati peggiori di quanto avesse presagito. Doveva fare qualcosa. Non poteva permettere che quegli sciocchi degli Agartici spezzassero il Volere dello Spirito in Due. In ere ormai remote, Eartha era stata confinata sottoterra da Veltantel dopo aver infranto una delle leggi principali dell’Alleanza che i Regni di Charma avevano siglato al termine della Seconda Era del Cambiamento. Aveva mosso guerra contro Kaulta Landa, il Regno confinante con essa, allo scopo di dominare il popolo dei Reali. La guerra che ne era conseguita era stata lunga e sanguinosa, e il prezzo era stato alto.

Eva non poteva permettere che un evento simile si ripetesse. Lei non era soltanto la Matrice di Ondamarina, ma era soprattutto la Portatrice del Potere di Veltantel, che agiva su Charma attraverso di lei.

La Matrice di Ondamarina, assieme alla Dea Eletta di Rinau e la Grande Saggia di Sankana, erano le intermediarie dello Spirito in Due e garantivano l’Equilibrio di Charma. E se qualcosa si frapponeva tra loro e l’Equilibrio, dovevano agire.

Assorta nei propri pensieri, Eva si rimise in cammino verso Ondamarina. Doveva porre rimedio alla disgrazia che si stava per abbattere sul Regno.