Come indebolire una storia con le filter words
Oggi inizia una nuova crociata. Sì, la crociata contro le parole filtro (o filter words, che fa più figo)!
Questi verbi antipatici che quando li vedo strapperei il foglio o spaccherei lo schermo del PC.
No, scherzo, ovviamente.
Ma le filter words sono antipatiche e allontanano il lettore dalla scena.
Ok, non ci stai capendo una cippa, vero? Forse è settembre, forse questo freddo improvviso che mi rende difficoltosa la scrittura.
Comunque, andiamo per ordine.
Oggi parlerò di filter words (no, davvero?) e di come sarebbe meglio, se possibile, evitarle nella scrittura.
Filter words: ecco cosa sono
Cerchiamo subito di capire che cosa sono ‘ste maledette parole filtro e perché in ogni lavoro di editing le elimino senza sé e senza ma (e il povero autore mi uccide più e più volte).
Le parole filtro filtrano, appunto, la scena attraverso gli occhi del personaggio.
Embé? ti chiederai. Che male c’è?
C’è che ogni volta il lettore si sente un po’ preso per i fondelli, perché è come se lo scrittore spiegasse ogni azione del suo personaggio.
Meglio qualche esempio, eh?
- Vidi un gatto attraversare la strada
- Si sentiva triste
- Sentì il suono del cellulare
- Sapeva che era ora di andare
- Guardò oltre il cancello e vide il cane andarle incontro
Di per sé, queste frasi non sono errate, e ne trovi a migliaia nei libri.
Appunto, se ne trovo a migliaia, perché mi stai dicendo che non vanno bene?
Prova a variare gli esempi precedenti:
- Un gatto attraversò la strada
- Era triste
- Il cellulare suonò
- Era ora di andare
- Guardò oltre il cancello: il cane le andò incontro
Non noti come queste ultime frasi siano più immediate, più visive, rispetto alle filter words che rallentano la narrazione?
In effetti, come molti scrittori inglesi e americani notano, le parole filtro distanziano il lettore dalla scena; al lettore viene spiegato cosa fa, cosa prova il personaggio, anziché lasciarlo vedere con i suoi (diretti) occhi.
Per farti capire meglio, ecco un altro esempio.
Nel primo caso, il periodo è da correggere, zeppo di filter words e altre amenità.
Con lo sguardo andai alla finestra del primo piano. Era aperta, e si sentiva il rumore dell’aspirapolvere. Un solo vetro aveva la tenda di pizzo, l’altro sembrava guardarmi come un’orbita vuota.
Adesso vediamo una versione più corretta.
La finestra del primo piano era aperta, il rumore dell’aspirapolvere accompagnava il frusciare delle foglie. Un solo vetro aveva la tenda di pizzo, l’altro mi guardava come un’orbita vuota.
La seconda versione è migliore, tu che dici?
Qui sotto ti lascio l’elenco (non completo, lo so) di filter words che, se possibile, andrebbero eliminate:
- Vedere
- Sentire
- Pensare
- Toccare
- Desiderare
- Realizzare
- Guardare
- Osservare
- Sembrare
- Provare
- Potere
- Decidere
- Sapere
- …
Come evitare le parole filtro?
Capiamo una cosa: nella prima stesura, è praticamente impossibile evitare le filter words.
Sto correggendo la mia ultima fatica e mi sarò sì e no strappata i capelli cinquanta volte dopo tutti i “sentì”, “vide”, “sembrava” che ho tolto (l’esempio di poco prima è tratto proprio da lì, ma ne avrei altri dieci!)
Come ben sai, nella prima stesura va bene tutto, l’importante è arrivare alla fine.
È difficile evitare le parole filtro, ma, una volta capito quali sono, è semplicissimo rimuoverle e riformulare la frase diversamente. Certo, è un lavoro lungo, ma chi ha detto che la correzione e l’editing si fanno in un giorno?
E se le filter words fossero necessarie?
Ecco, non correre a cancellare ogni verbo sentire, sembrare, vedere eccetera.
Torna qui.
Ci sono alcuni casi in cui le parole filtro sono essenziali e vanno tenute, per evitare di stravolgere il senso della frase.
Michael Emmert evidenzia 5 casi in cui le filter words vanno lasciate:
- Quando è essenziale sapere cosa un personaggio vede o sente (es. Ricordavo ancora quando io e Maria sedevamo sulla spiaggia e guardavamo il sole lanciarsi a picco sul mare).
- Quando la parola filtro è essenziale per la comprensione della scena (es. Sentii un colpo alla porta, ma la mia mente faticò a registrarlo)
- Quando la parola è essenziale per capire (es. “Ho sentito bene? Mi stai lasciando?”)
- Quando non c’è altro modo per esprimere una frase (es. “Sento il tuo cuore. Batte per me?”)
- Quando la parola è parte della storia (es. Potevo sentire la brezza calda provenire dalla finestra. L’aveva lasciata aperta).
Orbene, come noterai non c’è una condanna stretta contro le parole filtro: occorre valutare scena dopo scena per capire se questi filtri sono necessari o se una frase è comprensibile anche senza (o riformularla diversamente).
Non fare come me, quindi: non partecipare alla mia crociata contro le filter words ma valuta caso per caso.
E no, in realtà anche io ne tengo alcune. Proprio poche, però 😉
Se vuoi saperne di più:
There are 2 comments on this post
Intanto complimenti per il sito, gli articoli sono molto chiari, anche se scritti in modo leggero e simpatico.
Io ho finito da poco la mia crociata personale contro gli avverbi (qualche superstite c'è stato, perché sono stata magnanima). Ho impiegato però molto più tempo a notare le parole filtro ( ho un serio problema coi verbi "guardare" e "sembrare"...). Me ne sono accorta da sola passando in un racconto dalla terza alla prima persona, dove mi sono sparite quasi tutte, riducendo la lunghezza alla metà. Credo che, almeno nel mio caso e di altri scrittori alle prime armi che ho letto, dipenda soprattutto dall'insicurezza, da una sorta di remora a dire "le cose stanno così e basta", come se filtrare le cose attraverso il personaggio ci permettesse in qualche modo di "nasconderci", ma sono d'accordo che allungano e spesso appesantiscono la narrazione, e ora mi sforzo di lasciarle via già mentre scrivo
Grazie mille, Laura :) Effettivamente ho avuto parecchi problemi anche io con le filter words, e ancora adesso durante le prime stesure qualcuna ci scappa. Però l'importante è sapersi migliorare!