La primavera è sempre stata fervida per la mia mente, che durante l’inverno entra in letargo ed è difficile smuoverla.

Ultimamente, però, saranno gli uccellini o l’odore di caldo che si inizia a respirare, o anche la clausura alla quale siamo costretti, ma il delirio creativo, come lo chiamo io, è tornato a farsi sentire.

Con una storia. Delle mie solite, certo, ma pur sempre una storia.

Questo è il primo appuntamento di una serie in cui ti accompagnerò alla scoperta di quella che sarà la mia prossima fatica: “L’uomo con il berretto rosso”.

Non voglio svelarti nulla ma lasciare che sia la mia malata penna a parlare per me, e quindi ecco un estratto.

Non definitivo, perché siamo ancora in work in progress, ma mi piace per questo nuovo romanzo che tu lo segua insieme a me.

Buona lettura!


1 – 22 marzo

Qualcuno lo osservava.

Patrizio stava guardando le notifiche di Facebook sul suo smartphone quando ebbe quella spiacevole impressione.

Alzò gli occhi dal cellulare. Sul sedile davanti al suo non c’era nessuno, né su quello vicino. Poco più avanti, una ragazza leggeva un libro; accanto a lei un’anziana guardava fuori dal finestrino.

Nessuno prestava attenzione a lui.

Patrizio si voltò. La sensazione di sentirsi osservato non lo abbandonava. Effettivamente, nel sedile dietro al suo ma sulla fila opposta, c’era un uomo.

Era seduto composto, le mani in grembo, ma il corpo era rivolto verso di lui. Infatti la schiena era appoggiata in parte al finestrino, in parte al sedile. Portava un berretto con la visiera rosso e un paio di occhiali da sole. Le lenti scure mostravano appena gli occhi, fissi nei suoi.

Patrizio si guardò la giacca nera per cercare eventuali macchie, poi i jeans. Si toccò i capelli. Che avesse una gomma da masticare addosso? Ogni tanto succedeva. Di buontemponi che si divertivano a fare gli scherzi agli altri, i treni ne erano pieni. I capelli erano lisci al tatto, privi di nodi o di altri corpi estranei. E se avesse avuto qualche cosa in faccia? Prese lo smartphone e impostò la modalità fotocamera anteriore. Il suo volto ricambiò lo sguardo. Gli occhi nocciola guardavano la sua immagine con un misto di perplessità e timore. Le labbra erano appena schiuse. Per precauzione, Patrizio aprì la bocca. Magari aveva qualcosa tra i denti.

Si sentiva stupido. Era come quelle ragazzine che spesso aveva incrociato, nella sua vita da pendolare, sempre con il cellulare in mano, a controllare occhi, labbra, pettinatura, persino sopracciglia.

Spense lo schermo del cellulare.

Poi si voltò nuovamente.

L’uomo era nella stessa posizione di prima. Immobile, le mani in grembo.

Per fortuna nessuno prestava attenzione a lui, sennò Patrizio avrebbe fatto la figura del paranoico.

L’uomo dietro di lui, però, non si mosse. Non sembrava infastidito dal fatto che Patrizio continuasse a osservarlo. Né tanto meno lui smetteva di fare lo stesso.

Voleva fargli un gestaccio, o dirgli qualcosa, ma non era nella sua natura. Era sempre stato piuttosto riservato, poco incline a mettersi in mostra o a far parole. Preferiva rannicchiarsi nel suo cantuccio e sperare che nessuno lo infastidisse. In realtà, nessuno gli aveva mai fatto niente. Almeno, fino a quel giorno. Fino a quando quell’uomo dietro di lui non aveva preso a fissarlo.

Ma lui, Patrizio, era così sicuro che lo guardasse?

In fondo, aveva gli occhiali. Non poteva essere certo al cento percento che lo guardasse.

No, lo guardava. Patrizio non si sarebbe spiegato, in caso contrario, quella sensazione spiacevole che aveva addosso. Gli partiva dalla spina dorsale e correva su per la schiena, fino all’attaccatura dei capelli. Era arrivata all’improvviso.

Quando era salito sul vagone, Patrizio non aveva notato nessun tipo strano. Né nessuno che sembrava guardarlo. Ma, in fondo, l’uomo misterioso poteva essere salito qualche fermata dopo; lui era troppo preso dallo smartphone e non se ne era accorto. Sì, doveva essere andata così.

L’annuncio della voce registrata, che avvisava i passeggeri l’arrivo del treno in stazione, distolse Patrizio dai suoi pensieri. Mise il cellulare in tasca, infilò il berretto e abbottonò la giacca. Infine si alzò, evitando di voltarsi. Sperò che l’uomo non scendesse alla sua stessa fermata.

Una volta fuori dal treno e lontano qualche metro, Patrizio azzardò un’occhiata dietro di sé. L’uomo non era sceso, e questo gli fece tirare un sospiro di sollievo. Che gli si strozzò immediatamente in gola. Adesso era proprio davanti al vagone dove prima era seduto e dove si trovava pure l’uomo misterioso. Quest’ultimo era sempre lì, sullo stesso sedile. Ma la posizione era diversa: adesso aveva la schiena completamente appoggiata al finestrino, ed era rivolto verso di lui!

Patrizio aprì la bocca e la richiuse.

Alcuni passeggeri si lamentarono perché intralciava il passaggio e lui si accodò verso l’uscita, perplesso.

Fu tranquillo una volta giunto a casa, anche se si era guardato alle spalle almeno una decina di volte.

Sì, l’avrebbero scambiato per un paranoico.