I due punti nella scrittura
Li conosciamo e li usiamo senza accorgercene. Talvolta bene, talvolta male.
Sì, perché anche l’utilizzo dei due punti segue regole precise.
Vuoi scoprire quali? Te lo spiego in questo articolo.
Dopo averlo letto saprai:
- che cosa sono i due punti;
- come si utilizzano;
- come NON si utilizzano.
La punteggiatura è sempre bene saperla usare al meglio, per evitare di incorrere in fastidiosi problemi o veri e propri scivoloni.
Hai presente la simpatica frase che gira sui social network? Vado a mangiare nonna! Ecco, questo è uno dei tanti esempi di come, se non si conosce la punteggiatura, questa ci faccia incappare in gaffe e, peggio, renda incomprensibile una frase. A meno che a parlare nell’esempio precedente non sia il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso.
Due punti: che cosa sono, a cosa servono
In poche e spicce parole: i due punti servono per spiegare quanto detto in precedenza, per introdurre un discorso indiretto, un elenco o un esempio.
Tutto qui?
Sì e no.
Sì perché questo segno di interpunzione ha un uso specifico e non va confuso con altri “colleghi”.
No perché dietro questo utilizzo c’è tanto da sapere.
Spiegare quanto detto in precedenza, introdurre un discorso indiretto, un esempio o un elenco. Cerchiamo di capirci meglio.
Spiegare
In questo caso l’uso dei due punti spiega meglio il concetto espresso in precedenza:
L’Italia è un esempio di repubblica parlamentare: il Presidente infatti non è eletto dal popolo ma dal Parlamento (G. Mozzi e S. Brugnolo, L’enciclopedia della parola).
In questo caso la seconda frase ha lo scopo di spiegare meglio il concetto della precedente (che cos’è una repubblica parlamentare).
Anche una frase più semplice può essere spiegata utilizzando i due punti:
Quella sera rimasi a casa: ero arrabbiato e non mi andava di vedere nessuno.
Introdurre un discorso diretto
Ti ricordi le prime cose che ti insegnavano alle elementari? Per scrivere un discorso diretto devi mettere i due punti e andare a capo.
Ebbene, i due punti servono a introdurre il discorso diretto con un inciso, o tag dialogue, da mettere prima del dialogo:
Luca disse: «Me ne vado, qui non c’è più niente che possa fare».
Non necessariamente si deve andare a capo dopo i due punti. Nei libri si predilige il discorso diretto tutto su un’unica riga, ma capita anche di trovare testi in cui si va a capo, come nel caso di “L’amica geniale” di Elena Ferrante:
Lo feci volentieri, e mentre lavavo i pavimenti lei mi gridò dalla cucina:
«Come sei brava, sai pure leggere in inglese. Non ti bastano i libri che ti sei portata?».
Molti autori e testi di scrittura creativa preferiscono, all’inciso che introduce il dialogo, non mettere nulla. Perché scrivere, ad esempio, “Luca domandò”, quando la frase si capisce lo stesso senza?
Luca domandò: «Quando ci rivedremo?».
Lei rispose: «Sai dove trovarmi».
In effetti, se sappiamo già quali sono i personaggi che parlano e non c’è rischio di confusione, è preferibile scrivere:
«Quando ci rivedremo?»
«Sai dove trovarmi.»
Oppure inseriamo degli incisi “d’azione”:
Luca mosse la mano per scacciare le mosche che si accanivano sul suo volto come piccoli cacciatori affamati. «Quando ci rivedremo?».
«Sai dove trovarmi». Lei se ne andò senza voltarsi indietro.
Introdurre un elenco o un esempio
I due punti sono usati anche per introdurre elenchi o esempi:
Mario acquistò sei libri: due gialli, due classici e due romanzi rosa.
Per quanto riguarda gli esempi, ne troverai sparsi qua e là in questo articolo, come nella frase a inizio paragrafo.
Come non usare i due punti
Per ogni regola che ci dice come fare qualcosa, c’è sempre anche la parte opposta che ci dice come NON fare qualcosa. Ed è lo stesso per i due punti.
Quando non usarli?
- Tra il verbo e il suo complemento oggetto;
- Nella stessa frase;
- Con i verbi dire, chiedere, domandare, se non reggono un discorso diretto;
- In frasi generiche, ossia qualora la subordinata non sia una spiegazione della frase principale.
Vediamoli nel dettaglio.
Tra verbo e complemento oggetto
Il verbo è la parola variabile che indica un’azione o uno stato generalmente riferiti a un soggetto (Garzanti Linguistica). Il complemento oggetto indica l’oggetto (persona, essere animato o inanimato) dell’azione indicata dal verbo transitivo attivo della frase (Treccani).
Fatta questa premessa, cerchiamo di capire come non usare i due punti.
Restringiamo subito il campo di analisi, perché l’utilizzo è un errore solo nelle frasi in cui vi è un elenco formato da verbo e complemento oggetto:
Mario ha mangiato pasta al sugo, carne alla griglia e tre fette di torta.
Michela studia storia e filosofia.
I due esempi sono corretti. È errore, invece, scrivere:
Mario ha mangiato: pasta al sugo e carne.
Michela studia: storia e filosofia.
Se, invece, gli elenchi sono usati come apposizione (sostantivo che ne accompagna un altro per determinarlo e attribuirgli una proprietà particolare, Treccani), allora i due punti servono.
Mario ha mangiato diverse cose: pasta al sugo, carne alla griglia e tre fette di torta.
Michela studia solo due materie: storia e filosofia.
Nella stessa frase
Ricordo quando consegnai una prima bozza di un capitolo della mia tesi alla relatrice, che me la restituì con numerosi segni rossi (ahi!). Uno di questi mi balzò subito all’occhio: avevo usato i due punti nello stesso discorso, e lei mi segnalava che era un errore.
In realtà la regola di non usare i due punti nella stessa frase non è così perentoria.
Anche se i libri di grammatica e di scrittura consigliano di evitare di usarli nella stessa frase, questa regola è in parte sfumata, soprattutto nella scrittura creativa.
Autori come Carlo Emilio Gadda, in effetti, ne fanno un uso frequente:
All’anulare destro, sulla mano bianca dalle lunghe dita di signore, che gli servivano da scotere la sigaretta, er signorino ci aveva un anello: d’oro vecchio, assai giallo: magnifico: un diaspro sanguigno nel castone; un diaspro ovale con una cifra a matrice. (Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, in Accademia della Crusca).
Se i due punti servono per legare “un susseguirsi di enunciati consequenziali“, allora non è errore metterne più di una volta nella stessa frase.
Con i verbi dire, chiedere, domandare se non introducono un discorso diretto
Faccio subito un breve esempio:
Mario ha chiesto: come si sente.
Luca aveva detto: che era stanco.
Michela mi domandò: se fossi felice.
Noterai subito che queste tre frasi sono sbagliate.
I due punti non vanno mai messi dopo verbi come dire, chiedere, domandare, se essi non introducono un discorso diretto.
I tre esempi sono corretti così:
Mario ha chiesto come si sente.
Luca aveva detto che era stanco.
Michela mi domandò se fossi felice.
O così:
Mario ha chiesto: «Come ti senti?»
Luca aveva detto: «Sono stanco»
Michela mi domandò: «Sei felice?»
Frasi generiche
Una frase subordinata che non spiega la principale non ha bisogno dei due punti.
Ad esempio:
Mario nacque a Genova: abitò lì fino a tre anni.
Questa frase è, come dire, generica, nel senso che possiamo sostituire ai due punti un qualsiasi altro segno di interpunzione.
Mario nacque a Genova. Abitò lì fino a dieci anni.
Mario nacque a Genova; abitò lì fino a dieci anni.
Mario nacque a Genova, abitò lì fino a dieci anni.
Mario nacque a Genova e abitò lì fino a dieci anni.
Per concludere
I due punti non sono così banali come potrebbero sembrare a prima vista. Anche in questo caso è necessario conoscere le regole su come usarli e come non usarli per non fare errori e per rendere la nostra scrittura fluida e comprensibile.
Prima di lasciarti, ecco uno specchietto riassuntivo. Fanne buon uso!
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