Siccome sto per cancellare il mio vecchio blog, “L’antico calamaio”, e non voglio perdere le recensioni lì presenti, ho deciso di riproporre le migliori qui.
Spero sia un modo per stuzzicare la tua curiosità e spingerti ad acquistare quello che per me è stato davvero un libro che ha meritato di essere letto.
Oggi propongo la mia recensione di Touchdown di Federica Martina.
Mancano solo due mesi alla conclusione dell’anno scolastico in corso e niente sembra scuotere la calma apparente che circonda la vita di Steven. Sembra, per l’appunto, perché basta una scritta a caratteri cubitali dipinta sul suo armadietto durante la notte a farlo piombare nella paura di dover scappare di nuovo. Tutto è pronto per l’ennesima fuga, ma il ragazzo decide che, questa volta, non si farà fermare da dei bulletti. L’intera scuola si aspetta che lui punti il dito contro un colpevole e i sospetti del nuotatore ricadono, per ovvie ragioni, sul famoso quarterback della squadra di football, Derren. Steven lo ritiene reo di aver dipinto la parola sul suo armadietto, mettendolo alla berlina ed esponendolo così al giudizio di tutti. Derren, ingiustamente accusato, si avvicina a Steven, finendo per farsi coinvolgere in qualcosa che inizialmente fatica a mettere a fuoco e, nonostante ciò, non riesce a porre un freno a quanto accade, che pare invece prendergli la mano e condurlo a scoprire un lato di sé insospettabile. Fra litigi, incomprensioni e paure, qualcosa cambia in modo irreparabile. Riusciranno i due ragazzi a vincere le chiacchiere, i timori e condurre una vita normale? Quello che li lega è solo un atto di bullismo o qualcosa di molto diverso?
Ho già avuto modo di leggere numerosi romanzi M/M e ne sono sempre rimasta piacevolmente colpita. In realtà, spesso l’amore omosessuale viene equiparato a quello etero (com’è giusto che sia, tra l’altro, ma non vorrei disquisire su cose che adesso non c’entrano nulla), quindi un lettore meno “schizzinoso” (perdonatemi il termine) non si accorge nemmeno della differenza. In fondo, l’amore è amore.
Steven è un ragazzo sfortunato: il suo essere omosessuale lo porta spesso a essere deriso da chi gli sta intorno e additato come “diverso”. Proprio per questo, i suoi genitori sono costretti a trasferirsi più volte, saltando da una città all’altra e cercando un luogo dove nessuno possa giudicare il loro figlio. Sembra non essere da meno Hopkinton, l’ultimo baluardo di salvezza per il giovane, che si rivela un ennesimo covo di vipere.
Dall’altra parte, abbiamo Derren: quarterback dei Minotauri, la squadra di football della scuola di Hopkinton. Grande, grosso e con il classico atteggiamento da bullo.
Insomma, i due sono come il diavolo e l’acqua santa. Ma, si sa, gli opposti si attraggono. O scontrano.
Il rapporto che lega Steven e Derren è soprattutto fisico, passionale: l’accettazione della diversità da una parte, e la scoperta della diversità dall’altra. In effetti, il romanzo mi ha dato proprio l’idea di questo.
L’amore omosessuale che ci descrive e racconta Federica è un amore normale ma anormale al contempo. Però è un amore genuino, senza se e senza ma. È un amore per il quale vale la pena lottare, segnare l’ultimo yard e coprire l’ultima vasca. E sono proprio i paragoni con il football e con il nuoto (che sono anche i due sport praticati rispettivamente da Derren e Steve) a muovere i fili di questa relazione tanto tormentata quanto profonda. Ottima l’idea di Federica di inserire questi paragoni nel romanzo, che arricchiscono tutta la narrazione. Narrazione che è molto scorrevole, e non infastidisce neppure nelle scene erotiche sparse qua e là.
Forse avrei preferito una trama con più colpi di scena, e una conclusione meno scontata, ma, forse, non era questo il messaggio che Federica vuole far passare con Touchdown.
Forse il messaggio è un altro e va letto tra le righe.
Forse l’autrice ci vuole far aprire gli occhi e guardare al di là delle apparenze.
Che spesso ingannano.