L’uso del punto fermo

Il punto fermo lo conosciamo e lo usiamo tutti. È spesso considerato il segno di interpunzione più semplice e il cui utilizzo è il più facile da imparare.

In effetti tutti sanno che a ogni fine frase ci va un punto, salvo rare eccezioni.

Il punto fermo, però, ha anche altri utilizzi, che devi conoscere.

In questo articolo ti elencherò tre modi per usare il punto fermo.

Primo modo: stile

Nell’ultimo periodo l’utilizzo del punto fermo va spesso di pari passo con lo stile narrativo dell’autore.

In altre parole: l’autore decide di allungare o spezzare frasi e periodi per dar loro maggiore o minore incisività. E quale segno che più si addice a questo meccanismo? Sì, proprio lui. Il punto fermo.

Pensa a questa frase:

Tornai a casa e la trovai seduta sul pavimento contro il divano, le mani in grembo e lo sguardo altrove; sembrava una bambola di pezza.

Proviamo a renderla più incisiva.

Tornai a casa. Era là, seduta sul pavimento contro il divano. Le mani in grembo, lo sguardo altrove. Sembrava una bambola di pezza.

Con una piccola aggiunta abbiamo reso la frase un pizzico più incisiva. E potremmo spingerci oltre.

Tornai a casa. Era là. Seduta sul pavimento. Contro il divano. Le mani in grembo. Lo sguardo altrove. Una bambola di pezza.

Tutto sta allo scrittore

. Lui ha il suo stile e lui decide come utilizzarlo.

Ti basti sapere che il punto fermo ha un’importanza essenziale: grazie a esso, ad esempio, puoi rendere il ritmo narrativo sincopato, veloce, adatto soprattutto in scene emotive o d’azione.

Secondo modo: dialoghi

Il punto fermo è il re dei dialoghi. Oddio, forse ho esagerato, ma è per farti capire quanto importante sia in questo contesto.

Facciamo un altro esempio per schiarirci le idee.

«Oh!» diceva la ragazza senza alzare gli occhi «non disprezzatemi, monsignor Phoebus. Sento che quello che faccio è male.»
«Disprezzarvi, bella fanciulla» rispondeva l’ufficiale con un’aria di elegante e distinta superiorità «disprezzarvi, testa di Dio! E perché?»
«Per avervi seguito qui.»
«Su questo punto, bella mia, noi non ci comprendiamo. Io non dovrei disprezzarvi, ma odiarvi.»
La ragazza lo guardò spaventata: «Odiarmi? Che cosa mai ho fatto?».
«Per esservi fatta tanto pregare.»

Questo è un passaggio tratto da Notre Dame de Paris di Hugo. Presta molta attenzione all’utilizzo del punto nei dialoghi. La casa editrice in questione, la Mondadori, struttura i dialoghi in maniera semplice: a ogni fine battuta inserisce il punto fermo dentro le virgolette, tranne che se la frase termina con un punto escalamativo, un punto interrogativo o i puntini sospensivi. Il punto fermo viene messo fuori dalla virgoletta di chiusura nel caso in cui il dialogo è introdotto dai due punti.

Ogni casa editrice segue le proprie norme editoriali. E, come accade con le virgolette, anche il punto fermo ha un utilizzo diverso. Ne parlerò più approfonditamente in un articolo apposito, ma qui ti basti sapere che il punto fermo va sempre usato nella chiusura di un dialogo. Raramente troverai una frase così:

«Ciao»
«Ciao a te»

Terzo modo: sigle e abbreviazioni

Il punto fermo viene usato nelle sigle e nelle abbreviazioni.

Dott., prof., f.lli, mr., e così via. Ogni abbreviazione necessita del punto fermo.

Quindi:

  • Oggi ho un appuntamento con il dott Rossi     NO!
  • Oggi ho un appuntamento con il dott. Rossi    OK!

Numerose sigle hanno hanno il punto fermo, come S.p.A (società per azioni), D.D.L. (disegno di legge).

In altri casi ogni lettera della sigla non è separata dal punto, come nelle sigle più complesse, dove si aggiungono una o più vocali o consonanti per migliorare la leggibilità (CONAD – Consorzio Nazionale Dettaglianti).

Conclusioni

Scrivere semplicemente che il punto indica una pausa forte e la conclusione di un discorso è corretto, ma non dobbiamo fermarci lì.

Oggi grazie al punto fermo l’autore ha in mano uno strumento potentissimo, capace di stravolgere intere frasi.

Quindi non limitarti a seguire le regole classiche della grammatica. Vai oltre.