Le Brevissime è la rubrica dedicata ai miei racconti brevi o brevissimi. Stralci di deliri, sogni, incubi; o racconti creati per gioco.

Minzione notturna

Francesco si svegliò di scatto. Madido di sudore, aprì gli occhi. Si guardò in giro, come per accertarsi di essere lì, nel suo letto, al sicuro.
Aveva freddo. Le coperte erano accatastate tutte in fondo. Si sedette, stropicciandosi gli occhi. La radiosveglia segnava le due di notte passate.
Per un bel po’ non avrebbe ripreso sonno. Non dopo quello che aveva sognato. Li vedeva ancora. Mille occhietti che lo fissavano, piccole mani che lo pizzicavano ovunque, corpi pelosi che gli cadevano addosso.
Santo cielo, sembrava così reale.
Francesco si guardò in giro, certo che li avrebbe visti. Invece si trovò a fissare l’oscurità tagliati dai sottili raggi di luna che calpestavano le imposte.
Doveva andare in bagno. E doveva attraversare un corridoio buio, e che ne sapeva che loro non fossero lì ad aspettarlo, pronti ad afferrarlo?
Scacciò dalla testa quel pensiero e costrinse gli arti a muoversi. Cautamente, attraversò la stanza, cercando di fare meno rumore possibile.
Aveva paura di svegliare sua sorella, nella camera accanto? O temeva che loro lo sentissero?
Aprì la porta della stanza e rimase a indugiare per qualche minuto. Era quasi certo che al primo passo che avesse fatto avrebbe calpestato corpi pelosi e pulsanti.
Aveva freddo e sudava, e diamine, doveva proprio andare in bagno.
Ci impiegò cinque buoni minuti, nei quali si fermò a ogni singolo rumore, temendo che lo stessero spiando e ridessero.
Si chiuse la porta alle spalle con uno scatto e corse al water. Abbassandosi gli slip, tirò un sospiro di sollievo.
E se fossero stati nascosti dentro il water, pronti a saltare fuori?
Quel pensiero lo bloccò. Si sentì un pezzo di legno. Non riusciva a muoversi, la vescica andata in sciopero.
Però lo sapeva. Appena fosse tornato a letto, avrebbe avuto di nuovo l’urgente bisogno di liberarsi.
Erano loro. Si prendevano gioco di lui. Fottuti bastardi.
Tentò di concentrarsi. Pensò a tutte le cose possibili che gli venissero in mente, perfino a quegli stupidi personaggi dei cartoni animati che suo fratello guardava sempre.
Passò un po’ di tempo. Quando Francesco ebbe per la terza volta ripensato a tutto ciò che la sua mente poteva offrirgli (eccetto loro), qualcosa al suo interno si sbloccò, e la vescica si decise a funzionare.
Sorrise, sollevato, evitando di guardare la coppa del water; se avesse visto qualcosa che anche solo lontanamente fosse stato simile a un paio di occhi, avrebbe urlato, svegliando tutti.
Fece per rimettersi l’arnese dentro le mutande quando due mani gli si piantarono sulla schiena. Francesco represse l’urlo che gli era salito in gola, dicendosi che erano mani troppo grosse per appartenere a loro, e si girò piano.
Suo fratello Michele stava di fronte a lui, stretto nel suo pigiama a fiori che la sorella gli aveva comprato e che Francesco giudicava orribile. Michele aveva una faccia sconvolta, più del solito.
«Dannazione, Michi, mi hai fatto prendere uno spavento. Dico, ma sei scemo?» lo aggredì Francesco.
L’altro lo fissò, i grandi occhi che parevano uscire dalle orbite. «Li hai sentiti, li hai sentiti anche tu, vero?» mormorò, e cominciò a mangiarsi le unghie, come faceva sempre quando era spaventato.
«Sentito cosa, Michi?»
«Sono sotto il letto, si appendono alle finestre e mi guardano e ridono e io… non riesco a dormire.»
«Non c’è nulla, Michi, né sotto il letto né sulle finestre.»
Francesco cercava di tranquillizzare il fratello, ma non era poi così sicuro. Li aveva solo sognati? O li aveva sentiti anche lui?
Michele si strinse nel pigiama colorato. «No, ci sono, mi fanno paura e se provo a dormire mi vengono sopra e mi pizzicano ovunque.»
Era quasi sull’orlo delle lacrime, e Francesco pensò bene di evitare che si mettesse a frignare nel bel mezzo della notte.
«Vuoi venire in camera mia?» gli chiese a malincuore.
Michele tirò su con il naso e annuì. Allungò la mano. Francesco sbuffò.
«Per favore» lo supplicò il fratello.
Che cosa gli costava, in fondo? Francesco lo prese per mano e si avviarono verso la camera da letto.
Negli angoli, mille occhi erano puntati verso di loro.