Su noi editor se ne sentono tante e prima o poi mi verrà voglia di scrivere un libro. Dicono che rendiamo i libri tutti uguali, oppure che vogliamo imporre il nostro stile, o ancora che ci sostituiamo all’autore… Be’, l’elenco sarebbe lungo.

Dappertutto, quindi, è estesa l’idea che l’editor non sia soltanto egoista ecc. ecc., ma anche e soprattutto str***o.

Più che str***o! Str***issimo!


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Non scriverò mai più, ecco!

Raramente, ma per fortuna succede, un autore esce bene dopo una stroncatura (che può essere di qualsiasi tipo e riguardare tanto macroediting quanto microediting). Nella maggior parte dei casi una qualsiasi critica da parte dell’editor viene vista come il più grande degli affronti, tali da spingere l’autore a non scrivere più.

Il che è tanto inutile quanto controproducente.

Non è lo scopo di questo articolo invogliare chiunque abbia sbattuto contro una critica, o sia capitato in una bella stroncatura, a continuare a scrivere, quanto spiegare perché l’editor a volte stronchi o critichi.

Credimi, salvo rarissimi casi, non lo fa per ego o per sadismo!

Un po’ str***o lo sono, ma è per il tuo bene

Tempo fa sono andata dal dentista per un controllo annuale. Dopo un bel plauso per non aver (finalmente) più carie, la ragazza, gentilissima, mi dice: «Purtroppo questo dente è storto, e come vedi non ha quasi più gengiva. Anzi, a dirti la verità tutta la tua arcata inferiore è storta. Dovresti mettere l’apparecchio, per evitare problemi.» «Ma come!» esclamo io. «Ho portato l’apparecchio per anni, ho sofferto come può soffrire qualunque ragazzino con l’apparecchio, e adesso a più di trentacinque anni mi si dice che dovrò rimetterlo?» La risposta è stata priva di appigli: sì.

Ora, pensiamo alla visita di controllo come all’invio di un manoscritto all’editor. I denti storti sono elementi che non vanno bene nella storia (architettura narrativa, stile, qualsiasi cosa). Il parere del dentista è il “no” dell’editor. La richiesta di rimettere l’apparecchio è il “tranchant”: devi riscrivere la tua storia.

Questo esempio è molto estremo: le critiche possono anche riguardare soltanto una parte del testo, o un elemento (trama, o intreccio, o personaggi, o stile…).

Quale che sia la critica, non va vista come una stroncatura o come il massimo degli affronti (alcuni scrittori reagiscono veramente male, quasi che tu li abbia offesi nel loro io più profondo), bensì come lo sprone a fare meglio.

Noi editor siamo qui apposta: per aiutarti a migliorare laddove necessario. Se ti diciamo che un testo va riscritto, non è per cattiveria, sadismo o altro ma perché abbiamo visto una potenzialità che riscrivendo potrà essere meglio espressa.

Io capisco gli autori, sono passata in queste forche più volte e comprendo lo scoramento, la rabbia di cui sono pervasi. A volte vorresti gettare all’aria tutto. Però poi capisci che seguendo i consigli dell’editor effettivamente il testo ne giova. E ti dici: non sarà meglio interfacciarsi con qualcuno che cerca il pelo nell’uovo e al quale nulla va bene, e che ti costringe a rivedere e rivedere e rivedere, rispetto a interfacciarsi con qualcuno a cui tutto va bene e che sembra ti consideri come la stella nascente della scrittura?

Personalmente, diffido di chi del settore apprezza in toto quello che faccio: conosco i miei limiti. Diffido anche di chi stronca in toto, perché ci vuole, come per tante altre cose, una via di mezzo.

Ossia: questo va bene, ma… e questo va male, ma…

Tu cosa ne pensi? Scrivilo nei commenti!