Quando mi è arrivato nella mia casella mail il manoscritto di Giusy, leggendo la sinossi e le prime pagine mi sono detta: “Questo voglio per la mia collana”.
Potrà puzzare di già detto e sentito, ma all’epoca la collana era aperta da poco e facevo scouting per cercare nuovi autori con alcune… particolarità.
La prima era quella di non aver paura di nascondersi dietro un muro.
La seconda di voler parlare di temi “caldi” e spesso tabù.
E, con “Lasciami entrare nel tuo inferno”, la Pullara le ha azzeccate entrambe.
Mi piacerebbe affermare che sia stato scritto per il puro piacere di narrare una storia, ma sarebbe una piccola menzogna, perché si è trattato di un vero bisogno, più che di un semplice piacere. Un bisogno incontrollabile, come l’impulso di mettere sotto i denti un alimento qualsiasi pur di restituire energia al corpo, dopo un intero giorno passato a digiunare; una sorta di autoanalisi a cui non avrei mai pensato di poter dar vita.
“Lasciami entrare nel tuo inferno è il mio primo romanzo” mi racconta Giusy. “È un libro che combatte – tra le altre cose – per i diritti di chi non li ha, ecco perché voglio dedicarlo a tutte le minoranze, agli ultimi, ai tormentati, a coloro su cui nessuno punterebbe un solo centesimo.
Nello specifico, si tratta di un romanzo non di genere, che abbraccia diverse condizioni sociali: depressione, tematiche LGBT, difficoltà a relazionarsi con la realtà circostante e trovare il proprio posto in questa società che fa da sfondo alle situazioni irrisolte che riguardano un po’ tutti noi.
Omosessuale: ho rifiutato questa parola per anni, come se evitarne la pronuncia potesse rendermi, in qualche modo, distante dalla mia reale natura, la stessa che mi aveva sempre portata a recitare con chiunque, come un personaggio teatrale sprovvisto di talento. Non erano tanto le etichette a farmi paura, quanto la crudeltà con la quale le folle non perdevano tempo ad appiccicarle addosso a chiunque non rientrasse nelle categorie standard.
È un’avventura che ha poco di autobiografico, ma al tempo stesso rappresenta appieno il mio lato empatico, perché credo che la scrittura sia soprattutto un modo per mettersi nei panni degli altri e chiedersi come si reagirebbe se ci si trovasse al loro posto.
Forse un romanzo rosa avrebbe attirato un pubblico più vasto, perché certi temi vengono scartati a priori da molti, ma io e i numeri abbiamo sempre avuto un rapporto disastrato, quasi strafottente. Raggiungere i piani alti delle classifiche deve certamente essere un’emozione indescrivibile, ma incrociare le emozioni di chi legge, a prescindere dai numeri, credo equivalga a poggiare i piedi su un piccolo Eden terreno.
Perché la gente ama il mare solo durante la sua tranquillità, e quando, invece, cominciano a presentarsi le prime onde che lasciano presagire che stia per sfogarsi, è sempre pronta ad abbandonarlo; per poi ripresentarsi da lui quando torna in uno stato di calma apparente, quando ha già risolto da solo il suo problema?
Ci ho messo il cuore, qualche migliaio di parole e un bel po’ di notti insonni, ma adesso è finalmente pronto a mostrarsi a chiunque volesse entrare tra le sue pagine.
Mi piacerebbe che questa bizzarra storia potesse arrivare a chi ha perso anche l’ultimo briciolo rimasto di speranza, a chi ha fatto della solitudine il proprio pane quotidiano fino a dimenticare che esistono tanti altri cibi con cui allietare il palato, a chi non riesce a trovare un punto d’incontro col proprio cuore e continua a trafiggerlo. C’è sempre una via d’uscita, qualunque sia il calvario che stiate attraversando, ricordatelo.
Perché l’eterna ricerca del lieto fine sarà anche un’idea banale e romanzesca, ma ammettiamolo: nessuno di noi desidera altro.
Lasciami entrare nel tuo inferno, permettimi di visitarlo, di osservare i residui di tutte le speranze che hai visto sbriciolarsi davanti ai tuoi occhi increduli, di sentire l’eco di tutti i pugni allo stomaco ricevuti dalla vita, prima di arrivare al punto di adorare la morte come se fosse una dea.
Ringrazio di cuore la collana Policromia di PubMe ed Emanuela Navone per aver concesso a questo libro di venire alla luce, Luca Palumbo per realizzazione della splendida copertina, e le colonne portanti della mia vita, che poi sono anche il solo disinfettante efficace su qualsiasi tipo di ferita. Infine, un grazie speciale ai miei genitori Pietro e Francesca, gli unici veri maestri che abbia mai avuto.”