Il racconto si snoda tra Panarìa, paese sanguigno siciliano, e le sponde, fredde e compassate, del lago di Como. I due personaggi, il maresciallo Mineco e il suo braccio destro appuntato Mimmo Gettinu, si recano al Nord, sotto mentite spoglie, per indagare, dopo il ritrovamento di un cadavere sotterrato nel podere di Gioanninu u scuntrusu.

Il morto, sfortuna vuole, indossa una camicia di seta con un indizio che richiama la città di Lecco.

È questo il pretesto che costringe il maresciallo e l’appuntato a varcare lo stretto di Messina, per dirigersi nel luogo lasciato dieci anni prima senza rimpianti, con la ferma ma errata convinzione che mai e poi mai ci sarebbero tornati. Il susseguirsi di peripezie nella loro, a volte, esilarante drammaticità, coinvolge i due personaggi in un ambiente nel quale una piramidale organizzazione ha il controllo dello spaccio della droga sul territorio lacustre. La nuova illegale attività, oggetto di facili guadagni, ha sostituito il contrabbando di sigarette dalla vicina Svizzera. Per il maresciallo Mineco il 1984 è un anno da dimenticare, perché nel corso dell’indagine riceve una notizia che lo sconcerta.