Come scrivere un libro in… l’importante è scriverlo (prima parte)

Questo è il primo articolo di una guida per scrittori disperati ma volenterosi di scrivere finalmente il loro libro.

O forse no.

Ogni riferimento alla mia esperienza è puramente casuale.


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Quando anche partire è difficile

C’è chi lo chiama blocco dello scrittore. E c’è chi si prodiga in mille consigli per eliminarlo definitivamente.

Io lo chiamo, invece: mannaggia ho l’idea ma non riesco a scriverla.

E non ho consigli da darti perché non ce ne sono.

Oh, diamine, se non riesci a scrivere, non ci riesci. Punto e basta.

Non serve a nulla concentrarsi su altro, leggere, magari scrivere una pagina di diario personale solo per raccontare (a nessuno, poi, sennò che diario sarebbe) che ieri hai comprato il panettone, oppure riaprire il vecchissimo blog e buttare giù una recensione su un libro che nemmeno ti è piaciuto, ma l’autore è tuo amico, e allora…

Tanto, nel momento in cui prenderai la penna (o la tastiera) in mano, pronto per iniziare il tuo libro, tutto si azzererà.

Ogni idea, ogni scena, persino la più corta delle frasi che avevi in mente… puff! tutto sparito.

Lo so perché ci sono passata e ci passerò di nuovo.

Però, se anche tu come me sei uno scrittore disperato ma volenteroso, posso raccontarti com’è scrivere un libro partendo da zero, e soprattutto da quella voglia che, pur essendoci, manca (sì, ti spiegherò anche questo apparente paradosso).

Ma siccome non c’è guida che non inizi da un’esperienza, mi tocca aprire le porte delle mie vicissitudini da scrittrice disperata, pazienza se poi i soliti ignoti diranno che è troppo autoreferenziale.

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Tutto inizia da lì

In principio ci fu l’idea.

In effetti è da qui che tutto parte: dall’idea.

Può essere qualsiasi cosa: un’immagine, un ricordo, una persona, una scena che hai visto mentre aspettavi il bus o eri in fila alla cassa per pagare, un sogno…

Qualsiasi cosa che ti faccia scattare in testa la famosa lampadina e dire: “Posso scriverci una storia!”

Scriverci una storia, sì. Perché l’idea è la base di partenza.

Il punto d’inizio di un percorso lungo, travagliato e a tratti impossibile ma che ti farà esclamare di nuovo, alla fine: “Ho scritto una storia!”

Nel mio caso sono i sogni, le idee da cui traggo ispirazione.

Lo so che è banalissimo e lo avrai già sentito quattrocentocinquanta volte, però è così.

Per “Reach” si è trattato di una semplicissima immagine; invece per quanto riguarda “Buia fu la notte” è stato un sogno che poi ho rimaneggiato. Con “Io sono l’usignolo” è un discorso a parte, ma te ne parlerò più avanti.

Ho usato un verbo che dovrai appuntare da qualche parte: rimaneggiare.

Sì, perché quale che sia la tua idea, messa lì, così, non porta a nulla.

Certo, puoi sognare una storia dall’inizio alla fine (e ti garantisco che mi è capitato), ma c’è sempre qualcosa da sistemare. E se non sogni, puoi avere un’idea in testa, ma dovrai da lì estrapolare una storia.

Una storia che stia in piedi, beninteso.

Rimaneggiare un’idea

Pianificare, progettare, imbastire…

Tutti verbi che avrai già sentito e letto praticamente ovunque, in alcuni casi come verità inossidabili, in altri come qualcosa da cui scappare, e in fretta.

Non siamo ancora a questo punto ma molto (molto!) indietro, però mi servono per farti capire che, sebbene tu possa essere un fautore della creatività a briglie sciolte, bisogna comunque avere un quadro chiaro della situazione.

Mi spiego meglio attingendo ai soliti esempi self-made.

Come ho scritto prima, “Buia fu la notte” è nato da un sogno. Tuttavia, sebbene fosse molto nitido, la storia non avrebbe comunque potuto stare in piedi.

Avevo il contesto, ossia una notte che non finisce mai, e alcuni personaggi, ma mancava la miccia per far proseguire la storia.

E non potevo fare solo affidamento al sogno che, come ben sai, per quanto chiaro possa essere prende spesso strade confusionarie.

Si è reso necessario, allora, tirar giù non dico una trama, ma almeno un quadro generale su cui lavorare.

È questo che intendo con rimaneggiare un’idea: avere qualcosa da cui partire, ma che stia in piedi.

Progettazione o creatività libera vengono dopo, ma nessuna delle due funziona se non sai cosa vuoi scrivere. O meglio: da dove vuoi partire e dove vuoi arrivare.

Concludendo la prima parte…

Iniziare è difficile, non lo nego.

E proprio perché è difficile che è fondamentale avere una solida base da cui partire.

Pensa se, spinto da un’illuminazione e fronteggiando ogni pericolo, inizi a scrivere, a scrivere, a scrivere… per poi fermarti perché non sai più dove andare.

Demotivante e, per i meno volenterosi, segno che la scrittura non fa per loro.

Invece occorre partire per primissima cosa dall’idea, rimaneggiarla dandovi un filo logico, da A a B, e poi, solo successivamente, iniziare a pianificare. O lasciarsi condurre dalla creatività.

Ma senza un quadro chiaro e nitido difficilmente andrai, e andremo, da qualche parte.

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