Whisperwood, 1890. Un lento corteo funebre accompagna una piccola bara al cimitero. Ma quando la neve inizia a scendere tutti fuggono via e la bara non viene nemmeno seppellita. Perché, a detta di tutti, la piccola defunta era figlia di una strega. Restano solo una donna e una bambina, a cantare per lei. Lola si risveglia nella buca di neve in cui è stata sepolta. Non ricorda nulla della sua morte né della sua vita. Sul suo petto una ferita aperta. Whisperwood, 1990. Una sera Nathan, dopo aver discusso per l’ennesima volta col padre, il sindaco Morris, decide di infrangere il coprifuoco e raggiunge il cimitero proibito. Qui si imbatte in Lola, la pallida bambina che abita nel sepolcreto in rovina insieme a Rufus, un gargoyle che si crede un cane, a Bianco, un imponente angelo di marmo, e a Poeta, l’anima di un uomo d’altri tempi, anch’egli senza memorie del suo passato. Lola è una bambina in carne e ossa, sospesa in un limbo tra la vita e la morte, il cui unico pensiero è scoprire chi sia e che fine abbia fatto la sua mamma. E finalmente, grazie all’aiuto di Nathan, ma anche a quello di Rosie Maud, una vecchietta triste e solitaria, potrà scoprire tutta la verità sul suo passato.

Al sangue, al respiro. Quando si è vivi la morte non è che un incubo. Fa paura. Non si riesce a comprendere. Dopo morti è lo stesso, in fondo. Con la sola differenza che il pensiero della vita ha un sapore bellissimo.

È complesso riuscire a scrivere un romanzo gotico vincente senza cadere nella banalità di trame già sentite e di una scrittura poco originale.

In effetti è raro che trovi romanzi gotici nel vero senso del termine, mentre frequenti sono i pallidi tentativi di scrivere qualcosa di originale che invece rasentano la banalità.

È stato quindi un vero piacere scoprire questo romanzo e poterlo recensire. La trama, prima di tutto, e pure la copertina, a mio avviso calzata a pennello.

Il romanzo si svolge parallelamente tra il 1890 e il 1990 a Whisperwood, una cittadina circondata dai boschi. Il protagonista, Nathan, figlio del sindaco, è un ragazzo come tanti che, però, una notte farà una scoperta sorprendente: Lola. Una ragazzina che vive nel vecchio cimitero abbandonato sul lago. A stupore si aggiunge costernazione quando apprende che la giovane è non-viva. Non morta ma nemmeno viva: si trova in un limbo, sospesa tra l’al di qua e l’al di là. Ma non c’è solo quel mistero ad aleggiare su Whisperwood: di notte feroci animali attaccano e uccidono i malcapitati che si avventurano fuori casa, e lo stesso William Morris, padre di Nathan, sembra impelagato in una maledizione che dura secoli. E chi è davvero Rosie Maud, una vecchia in apparenza stramba che, da bambina, ha vegliato sulla bara di Lola?

In quello stesso istante, Nathan seppe cosa fosse un eroe: non una figura epica che correva incontro al suo destino brandendo una spada invincibile, ma un uomo come mille altri, con un grande amore da proteggere.

Oltre all’originalità della trama, ciò che ho apprezzato di più di questo romanzo è stato lo stile molto lirico, poetico, pieno di immagini molto evocative che mi hanno permesso di immergermi appieno in un’atmosfera cupa e gotica.

L’utilizzo di paragoni, metafore e altre figure retoriche è un’arma a doppio taglio, poiché a volte si rischiano immagini pittoresche se non vere e proprie “macchiette” il cui risultato è l’esatto opposto di quello previsto.

Non è il caso di questo romanzo, e l’autrice è riuscita a esprimere attraverso la sua penna tutte le emozioni di ogni personaggio.

L’accenno fiabesco, con statue di pietra che prendono vita, animali di pezza diabolici e donne-corvo mi hanno ricordato molto i film di Tim Burton, mentre l’uso di immagini evocative, pur non dell’orrore, hanno vaghi accenni a Lovecraft.

“Mi dispiace che tu sia morta. Ti ho vista nella bara. Io e la mamma ti abbiamo accompagnata fin laggiù. Purtroppo non sappiamo dove sia tua madre, in città non si è più vista” disse Maud. “Lola. Il mondo è sbagliato, per quelle come noi.”

“Perché?” chiese Lola. “Cosa siamo, noi?”

La storia è quasi come se fosse metafora dell’umanità egoista e della filosofia orientale che tutto ritorna: le nostre colpe, prima o poi, verranno pagate. Se non da noi, da chi verrà dopo.