Un noir psicologico che accompagna il lettore al confine tra bene e male, vendetta e perdono, allucinazione e realtà. Cosa può trasformare un ragazzino mite e amante dei libri in un assassino implacabile? Cresciuto all’ombra di un padre violento, umiliato dai compagni di scuola e rinchiuso per quasi tre anni in un ospedale psichiatrico, Michele Sabella è sopravvissuto aggrappandosi all’amore per Elena, una paziente anoressica conosciuta in istituto. Quando Elena tenta il suicidio, Michele decide di dare la caccia al carnefice silenzioso che la sta trascinando oltre i confini della follia. Per farlo, dovrà liberare i propri “demoni di cellophane” e abbandonarsi alla violenza dalla quale era sempre fuggito. Se nessuno può essere assolto, ha davvero senso condannare?
** questa recensione fa parte del Review Party dal 18 al 30 aprile – in fondo troverai le recensioni degli altri blog **
Pur avendo letteralmente divorato questo romanzo, non sono ancora riuscita, dopo diversi giorni, a inquadrarlo.
Innegabile il fatto che mi sia piaciuto molto, soprattutto lo stile diretto e incalzante del Salamino, ma mi è sembrato che mancasse qualcosa che mi facesse esclamare il classico “wow!”
La storia di per sé non è originalissima: il protagonista Michele vive con una famiglia disastrata (padre violento e madre sottomessa) e da adolescente inizia a mostrare segni di squilibrio mentale, che sfoceranno in un ricovero coatto presso un manicomio. Qui incontra Elena, una giovane anoressica, di cui si innamorerà. Quando, dopo tre anni, Michele esce, inizia una relazione stabile con Elena, fino a quando lei non tenterà il suicidio. Dopo aver scoperto che dietro l’impensabile gesto c’è più di un malessere interiore, Michele si metterà sulle tracce di chi la sta riducendo a un mucchio d’ossa. E purtroppo dovrà di nuovo fare i conti con i suoi demoni, che mai lo hanno abbandonato.
Niente è senza movente. Si tratta solo di guardare abbastanza lontano, scavare abbastanza a fondo.
“Il Kamikaze di Cellophane” non è un vero e proprio thriller, e nemmeno del tutto un noir. Certo, le atmosfere sono fosche, come cupo è l’animo di Michele e di tanti personaggi che lo circondano, ma penso che le colonne portanti di tutta la storia siano soprattutto due: amore e redenzione. E anche un pizzico di vendetta.
L’amore è il filo conduttore di tutto il romanzo, e a esso si intrecciano vendetta e redenzione, creando un puzzle davvero complesso e che sarà svelato solamente alla fine.
L’intreccio è complicato e sta al lettore riunire i vari pezzi per giungere al risultato finale, ma grazie a uno stile asciutto ed emotivo il libro scorre dall’inizio alla fine senza che tu te ne renda conto… anzi: vuoiarrivare alla fine.
“Ho fatto tre gravi errori, in questa storia”, dico, “per questo mi eri quasi sfuggito.”
“Di quali errori parli?”
“Avrei dovuto ricordare perché ci ammaliamo, noialtri. È sempre l’amore a spalancarci le porte dell’Inferno. L’amore è il tradimento.”
Pur essendo un romanzo interessante sotto molti aspetti e piacevole da leggere, come scrivevo prima non riesco a inquadrarlo bene perché alcuni aspetti non mi sono del tutto piaciuti — personalmente parlando, s’intende.
Primo, la scelta di altalenare la narrazione dal presente al passato. Non contesto tanto la scelta quanto il fatto che le scene al presente si trascinano a mio avviso troppo a lungo, lasciando intendere qualcosa che accadrà ma spesso tirandola troppo per le lunghe. Più volte mi sono sentita frustrata dal fatto che non venissero tirate le fila definitive.
Secondo, non mi è piaciuto molto il protagonista. L’ho trovato spesso disordinato dei pensieri. Lui afferma più volte di essere uno squilibrato, ma spesso i suoi comportamenti sono quelli di un sano di mente al cento percento. Fa da bilancia, però, l’aspetto emotivo, che il Salamino riesce a descrivere molto bene, creando così un personaggio a tutto tondo con un io narrante calato in lui alla perfezione — ossia: è il personaggio a parlare, non l’autore.
A parte queste sottigliezze tipiche della mia vena pignola, ho trovato piacevole la lettura di questo romanzo, e lo consiglio a tutti, anche a chi non ama storie cupe.
Quello che “Il Kamikaze di Cellophane” ci insegna è che la redenzione è possibile per tutti: anche se per tutta la vita sei stato in fondo all’abisso.
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