In genere io divido il lavoro di editing in micro e macro-editing.

Il primo tipo di lavoro, il microediting, sebbene venga considerato spesso poco e niente, è quello che rende effettivamente un libro pronto per essere pubblicato o inviato a un editore.

Te ne parlo in questo articolo.


Editing: micro e macro

Sebbene oggi rispetto anche solo a cinque anni fa vi sia più conoscenza del lavoro di editing, c’è sempre qualcuno che “cade dalle nubi”, non sa cosa voglia dire “editare” o abbia tutta una sua concezione al riguardo.

Questo succede perché non esiste il Corso per diventare editor ma soltanto tanti corsi in cui editor insegnano quest’arte dal loro punto di vista (e sono tutti punti di vista egualmente corretti e soddisfacenti).

Ciò che non condivido, di molti di questi corsi e di molti lavori di editing (ad esempio su testi che poi sono stati inviati alla redazione di Policromia, PubMe), è la scarsa o nulla attenzione al testo, sintatticamente, lessicalmente e grammaticalmente parlando.

Tanti colleghi storceranno il naso, ma a mio avviso l’editing non è solo intreccio, architettura narrativa, ambientazione e personaggi, ma anche cura del testo.

Perché se io, editore o redattore editoriale, ricevo un testo e mi dicono che è stato editato, mi aspetto che scorra a livello macro (quanto ho scritto sopra: intreccio, architettura…) e micro. Sennò devo rimetterci mano (e mi è capitato) e mi arrabbio (sono irascibile, mea culpa).

Tre livelli di microediting

Considero il microediting come composto di tre livelli (senza tener conto dello stile, che attiene al macroediting, poiché fa parte di tutto quel lavoro atto a rendere scorrevole l’intreccio e la narrazione).

Il livello morfosintattico

Secondo Treccani, la morfosintassi è lo “studio sistematico delle regole che presiedono alla formazione di un enunciato linguistico (parole, sintagmi, frasi) mediante la combinazione di morfemi. La m. si occupa dei rapporti reciproci delle parole nella frase, come per es. nella concordanza fra nome e aggettivo (libro rosso, e non rossi o rosse), nome e verbo (il cane gioca e non il cane giocano)”.

La sintassi, dunque, e generalizzando, studia la frase e le relazioni fra le frasi.

Esempi di errori morfologici e sintattici possono essere: io mangiato mele, i miei genitori aveva comprato una casa, Mario a comprato una macchina, la gente avevano, chiunque andarono, ecc.

Sono errori di cui il microediting deve tener conto: l’editor deve correggerli o dire all’autore di correggerli. Un libro che contiene questi errori non può essere pubblicato per nessun motivo.

Il livello lessicale

Generalizzando anche qui, il lessico riguarda l’insieme di parole di una lingua.

Occorre prestare molta attenzione all’uso corretto di ogni parola, durante i lavori di microediting. Spesso si tendono a dar per scontate le parole che compongono una frase, che siano sostantivi, verbi, avverbi o aggettivi, quando invece esse sono fondamentali per la corretta comprensione del testo.

Alcuni errori sono banali e saltano all’occhio subito perché palesi (egli era stato disegnato come relatore della conferenza: designato e non disegnato! Ho voluto a tutti i costi sopperire questi problemi: sopprimere e non sopperire! Porre limiti ai quali potrò aggirare: limiti che potrò aggirare!).

Altri, invece, sono infidi e spesso provocati da paronimi (infettare-infestare, lussureggiante-lussurioso, festini-festoni, sequela-sequenza, mancamento-marcamento, cognato-coniato), dall’accoppiamento di verbi, aggettivi o complementi che hanno diversa costruzione (esempio: Mario è interessato e responsabile della vostra formazione > essere interessato a qualcosa VS essere responsabile di qualcosa! Altro esempio: non mi capacito né credo a quelle parole > capacitarsi di qualcosa VS credere a qualcosa), o, infine, dall’uso di sostantivi, verbi, aggettivi sbagliati (rapportare al posto di portare, dormire il sogno dei giusti al posto di dormire il sonno dei giusti, barcollare nel buio anziché brancolare nel buio…).

Il livello grammaticale

Non è nemmeno il caso di sprecare troppo tempo: gli errori grammaticali vanno corretti. Punto. L’editor e il correttore non devono lasciar correre orrori come “si” anziché “sì”, come “li” anziché “lì” e così via… Occorre fare attenzione a che il verbo impiegato sia transitivo o intransitivo, e usarlo nel modo corretto; se il verbo è riflessivo va usata la particella “si” (il dubbio palesava la mente di Mario > il dubbio si palesava nella mente di Mario), e così via.

Dirlo all’autore, o intervenire sul testo: vanno bene entrambe le soluzioni, l’importante è che questi errori spariscano prima della pubblicazione.

Altri interventi di microediting

Il microediting non si risolve in questi tre livelli, ne abbiamo anche molti altri: l’ortografia (sopratutto anziché soprattutto, un po anziché un po’…), la semantica (scrittore provetto anziché alle prime armi), la fonosintassi (gran uomo invece che grand’uomo)…

Spesso si tratta di errori davvero piccoli, ma denotano poca cura (e, lasciamelo dire, anche una buona dose di ignorantia). Non soltanto l’autore fa brutta figura nel presentare un libro brutto a livello di microediting, o nel pubblicarlo, ma la stessa brutta figura la fa l’editor, perché uno si domanda: ma che ci sta a fare lì?