Scrivere un buon dialogo è un’arte che non può essere appresa in due giorni e nemmeno in dieci anni. È un lavoro costante che lo scrittore, anche il più bravo, fa su di sé e sulle proprie storie. Cancella e riscrive, cancella e riscrive, finché il dialogo non è quello giusto. Ossia, è verosimile, porta avanti la storia, dà voce al carattere di ciascun personaggio. Scrivere un dialogo non è quindi facile e ci vogliono ore e ore di tentativi. Prima di capire quali sono i trucchi per un dialogo efficace, dobbiamo però capire cosa evitare.
Editare (nel senso datogli correntemente da chi fa l’editing di un testo): rivedere, correggere, revisionare, sistemare… Ecco: già da questo verbo (che comunque Treccani definisce come atto di pubblicazione di un libro, dall’inglese to edit) abbiamo capito che dare una definizione di editing è complesso. Zingarelli ci aiuta poco: la seconda accezione di editare è: fare l’editing di un testo. Per fortuna, però, sempre Treccani ci viene in aiuto definendo precisamente che cosa è l’editing. Da qui parto per analizzare in modo più approfondito un lavoro che spesso (troppo) si dà per scontato.
Hai già fatto qualche fioretto per l’anno nuovo? Io sì: dedicarmi alla scrittura in maniera full time. Spero di riuscire a farcela!
Questo articolo però non riguarda me né eventuali propositi per il 2022. O meglio, non lo riguarda al cento percento. Perché quello di cui ti parlerò oggi potrebbe essere il tuo, di fioretto. Chissà!
Oggi, infatti, vediamo di fare luce su due errori gravissimi di scrittura: se ti ci ritrovi, chissà che per l’anno che è appena nato tu non decida di evitarli. Una volta per tutte.
>Una scrittura incisiva e accattivante non deve mai fermarsi al “già sentito”. Anzi: più originale è e più il lettore sarà contento e se ne ricorderà. Per questo, nell’articolo di oggi ti elenco dieci espressioni che dovresti evitare, se non vuoi cadere nella banalità e rischiare che la tua scrittura venga etichettata come “qualcosa che ho già letto”.