I tre errori più grandi che puoi commettere in un romanzo

Si sa, scrivendo chiunque commette degli errori. Possono essere semplici refusi o sviste, ma anche errori ben più gravi che riguardano la grammatica.

E poi ci sono quelli, gravissimi, che riguardano invece la struttura, l’architettura della storia.

Errori che ti potrebbero portare a doverla riscrivere.

Li vediamo oggi.


woman in white long sleeve shirt writing on white paper
Photo by cottonbro on Pexels.com

L’architettura narrativa

Per architettura narrativa intendo la sovrastruttura della tua storia, ossia ciò che la fa stare in piedi. Un po’ come le mura portanti di un edificio.

Se queste presentano delle crepe, delle infiltrazioni, occorre intervenire quanto prima per evitare incidenti.

Anche nell’architettura narrativa è così: se ci sono lacune di trama, difetti nei personaggi, nell’intreccio e così via, devi sistemarli prima di pubblicare il tuo libro.

Tra i vari errori che puoi trovare nella tua architettura, come incongruenze, punti morti, lacune, ce ne sono tre davvero gravi che rischiano di compromettere tutto l’impianto.

Il primo riguarda il punto di vista

Come ben saprai, il punto di vista sono gli occhi attraverso i quali il lettore osserva la storia: da dentro un personaggio, dall’alto, esternamente…

Il punto di vista può cambiare a seconda della scena: in una puoi vederla attraverso gli occhi di un personaggio che come io narrante racconta gli eventi, in un’altra puoi vederla attraverso gli occhi di un altro personaggio usando la terza persona, e così via.

Le difficoltà iniziano quando nella stessa scena il punto di vista saltella: è il problema dell’head hopping, l’errore in cui ogni scena viene vista da più personaggi contemporaneamente, creando confusione nel lettore.

Se ad esempio inizi legando la scena a Mario, non puoi passare nella frase successiva legandola a Luigi, come in questo esempio:

Mario uscì di corsa. Aveva pochi minuti per correre alla stazione e prendere il diretto per Milano. Se lo avesse perso, la sua giornata poteva considerarsi finita: niente colloquio, e per giunta per un lavoro importantissimo, niente appuntamento con Luisa, niente di niente. Immerso in questi pensieri, si accorse in ritardo di essere finito contro un uomo, che lo apostrofò con un insulto.

Diamine, ma non poteva stare attento quello lì? si disse Luigi. Gli era praticamente piovuto addosso, e meno male che lui era un armadio, come gli diceva sempre sua nonna, sennò sarebbe finito a terra trascinandosi appresso la ventiquattrore.

Mario non prestò nemmeno attenzione a quelle parole che gli scivolavano sulle spalle: ormai la stazione si stagliava dinnanzi a lui. Si lanciò sulle scale mobili e schizzò al binario.

Luigi continuò a camminare scuotendo la testa. Che razza di gente girava, e per di più non erano nemmeno le sette del mattino. Qualcuno che doveva prendere il treno, di certo. Ma non poteva alzarsi prima? Cosa ci voleva? Lanciò un’occhiata alla ventiquattrore. Se fosse caduto e si fosse aperta… non osava nemmeno pensare. Lì dentro c’era una cosa troppo importante perché gli altri la vedessero.

La narrazione potrebbe proseguire di questo passo ancora per molte pagine, con il rischio che la confusione nel lettore aumenti: chi è il personaggio principale (attenzione: principale, non protagonista) di questa scena? Dove vuole arrivare l’autore? Perché mi sta facendo vedere due personaggi?

È logico che la scena dovrà essere riscritta soltanto dal punto di vista di un personaggio (a meno di non voler usare un narratore onnisciente, ma attenzione: il narratore onnisciente non è head hopping!)

Problemi di questo tipo sono davvero gravi e rischi di dover riscrivere intere scene per evitare che il lettore si confonda.

Ma c’è un problema ancora più grave…

Sbagliare il protagonista

Il protagonista è uno solo. Sì, ci possono essere più personaggi la cui importanza sembrerebbe simile a quella del protagonista, ma lui è uno soltanto.

Avendo bene in mente questa differenza, ti accorgerai subito nei vari libri che leggi, anche quelli con più PDV, qual è quello con il maggior risalto, la maggiore importanza. Il protagonista, appunto.

Il problema è quando sbagli.

Mi spiego meglio con un esempio che ho vissuto sulla mia pelle.

Come sai, io ci metto anni a lavorare su una storia, e proprio su una sono “china” da un po’. Complessa, è divisa in due PDV: quello di X, il protagonista, e quello di Y, un comprimario. I PDV si alternano con flashback in cui si ripercorre la storia di Y.

Dopo aver partecipato a un interessante webinar sulla progettazione del proprio romanzo, curato da Barbara Fiorio, in cui si parlava proprio del protagonista, mi sono resa conto, rileggendo la storia, che non si capiva chi fosse. X o Y? Nella mia testa so che deve essere X, ma il lettore lo capirà, visto che gran parte del testo parla di Y? Quindi temo proprio di dover riscrivere tutto, cercando un compromesso che racconti la vita di Y ma dagli occhi di X. Un bel lavoro, e mi incoraggio da sola.

Occhio allora, durante la scrittura, di avere ben chiaro chi è il protagonista: lui soltanto ha l’attenzione principale, e se noti di scivolare troppo verso altri personaggi ti consiglio di sistemare subito questo problema (sennò ti ritrovi come me con cento e passa cartelle da rivedere).

L’ultimo errore è forse il peggiore, ma il più risolvibile.

Non saper più come andare avanti

Ci sono cascata anche io.

Non sto parlando di non progettare la trama punto per punto o di scrivere di getto avendo una bozza di trama in mente.

Sto parlando di iniziare a scrivere con un’idea ma rendersi conto dopo un po’ che non conduceva da nessuna parte.

Che fare? Continuare a scrivere e vedere se qualcosa salta fuori, oppure piantare lì e dedicarsi ad altro?

Mi è successo anche questo, e riguarda il mio romanzo “L’uomo con il berretto rosso“. L’ho iniziato tre anni fa, spinta più da un’idea che da altro, e mi sono dovuta interrompere dopo un po’ perché non sapevo più dove sbattere la testa. Ma questa pausa mi è servita, perché dopo qualche tempo l’ho ripreso e la trama è scivolata via da sola, come se avesse deciso lei che era il momento di terminarlo.

Sì, perché questo problema è ostico ma semplice da risolvere: spesso basta lasciar perdere per un po’ la storia, e se davvero c’è un’idea giusta dietro, quando sarà ora verrà alla luce da sola, senza che tu ti perda a cercare di capire come continuare.

Questi tre errori come hai visto sono antipatici e difficili sia da scovare sia da risolvere. Forse l’aspetto principale è proprio questo: non aver coscienza dell’errore che si sta commettendo. Con la conseguenza che va tutto a catafascio e magari ti chiedi dopo qual è il motivo. Un’attenta lettura e magari l’aiuto di un esterno ti risolveranno un po’ di magagne.