I tempi verbali

Lo sto usando ora e lo userò diffusamente in tutto l’articolo: il verbo.

La parte fondamentale di una frase che, senza, rischia di non stare in piedi.

Certo, esistono casi in cui non vi è la presenza di verbo o di un tempo verbale, ma in un discorso complesso come è un articolo, un racconto o un romanzo, il verbo è indispensabile.

Altrettanto indispensabile è conoscere come si usano e a cosa servono i tempi verbali.

Sì, perché a seconda della narrazione scelta, dovrai fare ricorso a uno o più tempi verbali.

Sapere, quindi, a cosa servono e se possono fare al caso tuo.

Lo vediamo nell’articolo di oggi.

Premessa: che cos’è il verbo?

Il verbo è una parte del discorso, variabile, che indica l’azione del soggetto, che compie o subisce, lo stato del soggetto stesso o la sua relazione con il predicato:

  • Mario dorme
  • L’albero è caduto
  • Essere è
  • Luigi è stanco

Il verbo si caratterizza per alcuni modi e tempi.

Il modo indica l’atteggiamento con cui il parlante presenta l’azione espressa dal verbo:

  • può essere certa (Oggi vado al  lavoro), e quindi il modo usato è l’indicativo;
  • può essere ipotetica (Se oggi andassi al lavoro), relativa alla volontà, desiderio, timore, eccetera… del soggetto, e quindi si usa il congiuntivo;
  • può essere eventuale (Andrei al lavoro se non avessi la febbre), quindi condizionata all’accadere di un certo fatto ; in questo caso si usa il condizionale;
  • Può essere esortata, comandata (Va’ al lavoro), quindi si usa l’imperativo.

Questi modi vengono definiti finiti (scusa la ripetizione), contrapposti ai modi indefiniti:

  • Infinito
  • Participio
  • Gerundio

Il tempo verbale, di cui parleremo in questo articolo, si riferisce, invece, alla collocazione cronologica del verbo stesso, ossia quando si svolge l’azione di cui parla il verbo: passato? Presente? Futuro?

Ciascuno dei tempi verbali è diverso, per ovvie ragioni, e segue sue regole.

Ogni verbo appartenente a un tempo verbale sarà coniugato secondo precise declinazioni.

Quali sono i tempi verbali?

Lo abbiamo visto, il tempo verbale indica, a grosso modo, quando l’azione specificata dal verbo viene compiuta:

  1. Passato
  2. Presente
  3. Futuro

Oggi, nello specifico, vediamo quali sono i tempi verbali dell’indicativo che, abbiamo visto, è il modo che esprime un dato certo.

Il tempo verbale passato nell’indicativo

Il tempo verbale passato indica un’azione già trascorsa.

Azione che può essere accaduta in un passato recente, più vecchio o, addirittura lontano nel tempo:

  • Passato prossimo: indica un’azione compiuta — a differenza dell’imperfetto — in un tempo cronologicamente vicino. Ieri sono andato al lavoro.
  • Passato remoto: indica un’azione compiuta in un tempo lontano, e viene usato soprattutto in contesti letterari. Mi recai al mio ultimo giorno di lavoro un mese fa.
  • Imperfetto: indica un’azione che si sta compiendo nel passato. Mentre andavo al lavoro, passò una macchina e mi schizzò d’acqua.

Esistono, poi, altri tempi verbali del passato che indicano un’azione anteriore a un’altra già svolta nel passato:

  • Trapassato prossimo: indica un’azione anteriore al momento passato di un fatto. Ieri mi ha chiamato Mario, che avevo contattato due giorni prima.
  • Trapassato remoto: indica un’azione anteriore a quanto già specificato dal passato remoto. Dopo che ebbi chiuso la porta, mi recai in strada.

Nei romanzi, il tempo passato è quello più usato, in ogni genere, anche se oggi si sta diffondendo anche il presente, che vediamo adesso.

Il tempo verbale presente nell’indicativo

Il tempo verbale presente indica, semplicemente, un’azione che si compie in quel determinato momento: vado al lavoro.

In una storia, si usa per raccontare gli avvenimenti mentre stanno accadendo in quel preciso momento.

Anche se sembra facile, il tempo presente è spesso ostico, soprattutto se narriamo di fatti che avvengono a lunga distanza l’uno dall’altro.

Mi spiego meglio: usiamo il presente per indicare azioni che si compiono in un determinato momento.

Mi alzo, mi lavo i denti e il viso, faccio colazione ed esco di casa. Non mi accorgo dell’auto, che mi investe. I mesi successivi sono pieni di frammenti, di cui ricordo poco o niente. Dopo che il dottore mi dimette dall’ospedale, torno a casa, ma da adesso in poi faccio più attenzione ad attraversare la strada.

Sebbene non vi siano problemi di sorta o di grammatica in questo periodo, esso mi sembra un po’ stonato e mi confonde. Inizio a leggere di questo tizio (o tizia) che si alza come tanti altri per uscire e poi viene investito. Nella frase successiva si parla di mesi passati all’ospedale, in quella ancora dopo, il protagonista viene dimesso.

Il tempo presente non è sbagliato, ma potrebbe creare confusione: pensa a un libro scritto tutto in questo modo! Se l’autore non è furbo e gioca con i dettagli e le parole, la storia rischia di essere di difficile lettura. Proprio perché tra i tempi verbali il presente è il più semplice, facciamo attenzione a non sottovalutarlo troppo.

Il tempo verbale futuro nell’indicativo

Il tempo futuro indica un’azione che capiterà in futuro, azione che spesso è incerta.

Si divide in:

  • Futuro semplice, usato per indicare azioni che avverranno in un lasso temporale più o meno lungo (domani andò al lavoro, l’anno prossimo farò una vacanza a Roma).
  • Futuro anteriore, usato per indicare situazioni o fatti che sono già avvenuti, o che avverranno con incertezza (a ques’ora Maria sarà già uscita dal lavoro, Maria non è a casa, sarà andata a fare la spesa).

Conclusioni e oltre…

Oggi abbiamo visto come funziona no i tempi verbali per l’indicativo.

Ma…

C’è sempre un ma.

Il modo indicativo non è l’unico e, soprattutto, non è l’unico che puoi conoscere. Ce ne sono altri (tra i tanti, il congiuntivo, bestia grama per molti scrittori).

Lo vedremo nei prossimi giorni, oggi basta grammatica, direi 😉