Stravolgere un libro: sì o no?

Dilemma impervio e antipatico, come tanti altri che riguardano il rapporto scrittore-editor.

Tuttavia a volte si rende necessario; sì, necessario stravolgere un libro.

Ma perché? E perché in certi casi non conviene?


Image by Steve Buissinne from Pixabay

Un matrimonio che s’ha da finire…

… quello tra editor e scrittore.

O forse dovrei meglio dire: tra editor e libro che dovrà correggere.

Immagine strana, ne convengo, e forse anche un poco paradossale.

Eppure, succede.

Magari proprio a te che stai leggendo, magari hai inviato un libro a un editor privato o a una casa editrice, e te lo rimandano completamente stravolto.

Sì, stravolto è il termine giusto.

Stravolto nella scrittura, stravolto nella trama, nei personaggi…

E tu ti metti le mani nei capelli e ti chiedi: perché, perché, PERCHÉ?

Il divorzio, come immagino, è alle porte; o comunque poco oltre.

Cerchiamo però di capire perché un editor, o un team di editor, dovrebbe cambiare dalla A alla Z il tuo libro.

Trama o scrittura…

… a volte hanno bisogno di una bella ripulita.

Magari il tuo stile è eccessivamente prolisso e quindi necessita di una severa rilettura volta a rimodulare frasi e periodi poco chiari e difficili (come in questo caso), oppure sei troppo ridondante e quindi eccessivamente pesante con periodoni colmi zeppi pregni di aggettivi avverbi e chi più ne ha più ne metta.

In italiano tendiamo a complicarci le cose (me compresa), e per dire una frase di due parole ne usiamo quattro o cinque. “Allo scopo di” diventa un tranquillo “per”, e così via.

È normale, quindi, che se scrivi in questo modo il tuo romanzo venga ripulito e alcuni punti riscritti in maniera più semplice. Deve avere impatto e, soprattutto, essere leggibile dal futuro lettore.

La trama è un altro punto debole. Ci potrebbero essere passaggi o scene che non servono a niente, se non a confondere, che l’editor rimuove; o, al contrario, passaggi che andrebbero approfonditi, e l’editor integra mettendoci del suo (o chiedendo a te di farlo).

Chiedere un lavoro di editing e vedersi rispedito il manoscritto con ben poche correzioni significa due cose: o il tuo libro davvero non ne ha bisogno (e succede, fidati!), oppure l’editor non ha fatto bene il suo lavoro. O ancora, hai beccato una casa editrice poco seria (e ce ne sono).

Ma cosa succede quando le modifiche che ti hanno apportato al libro… come dire… non c’entrano nulla e soprattutto non servono a nulla?

editing

Editor egocentrici e case editrici ancor di più

Anni fa, quando mi sono approcciata per la prima volta a questo bel lavoro, ovviamente ho divorato subito tantissimi manuali di scrittura creativa.

Tra i tanti, me ne è balzato all’occhio uno, molto ben fatto, tra l’altro, che proponeva anche alcuni esercizi di editing, dal testo originale a quello corretto, e poi pubblicato.

Be’, la differenza era enorme. Il testo, certo, scorreva meglio nella versione editata, ma col senno di poi mi ritrovo a pensare che forse gli editor avessero, come si suol dire, fatto il passo più lungo della gamba.

Io appartengo a quella categoria di redattori che cerca di mantenere quanto possibile lo stile dello scrittore, e se ci metto del mio tento di mascherarmi dietro il sipario, evitando finché posso termini o modi di formulare una frase tipicamente miei.

L’idea di riscrivere da capo un paragrafo senza motivo se non quello di renderlo migliore agli occhi (e alla vanità) di chi corregge, la trovo aberrante ancora oggi.

Diciamocelo: l’editing non è una gara tra lo scrittore e l’editor per vedere chi è più bravo.

Per non parlare poi di chi aggiunge personaggi e altro di testa sua e senza alcuna motivazione (o motivazione sensata)!

Come mi disse uno scrittore a cui era successo proprio questo, “siamo nell’editing o nel ghostwriting?”

In effetti, il confine è molto labile.

Ovviamente, se la storia lo necessita (e la storia, o trama, ricordiamolo, è sempre la protagonista), è fondamentale inserire qualcosa di più, anche un personaggio (che è un inserimento pesante, poiché si presuppone abbia un ruolo importante, sennò perché inserirlo?).

Se non serve, però, lasciamo a casa l’ego e torniamo umili.

Un breve esempio per chiarire meglio questo passaggio.

Hai iniziato la storia parlando di Mario, il protagonista. Proseguendo introduci anche altri personaggi, come Luigi, che alla fine avrà un ruolo molto importante. Purtroppo Luigi viene considerato poco o niente, e il suo ruolo importante “stona” con il poco peso che ha nella narrazione. L’editor potrebbe chiederti di approfondire Luigi, magari con dei flashback sulla sua vita o inserendo scene con il suo punto di vista. È normale, e la storia ne gioverebbe.

Se invece ci sono già i personaggi giusti, Mario, Luigi, Wario, Toad e la bella Peach, e tutti sono funzionali alla storia (e soprattutto non ne servono altri), inserire Koopa Troopa stravolgerebbe tutto.

È come se nel mio romanzo “Io sono l’usignolo” l’editor avesse voluto aggiungere un personaggio in più, un’amica di Rachele, oppure avesse voluto approfondire la vita di Riccardo, che ha un ruolo marginale e di solo “supporto” al protagonista Rubino.

Occorre quindi distinguere tra revisioni necessarie e revisioni che non servono a nulla, come dicevo prima, se non ad aumentare l’ego dell’editor.

In caso contrario c’è davvero il rischio di sconfinare in un ghostwriting, magari nemmeno voluto.