L’emergenza che ci vede vittime purtroppo non passa…

… e nemmeno la mia voglia di regalarti qualcos’altro di utile!

Ecco un altro capitolo del mio manuale “Prontuario di editing” pronto per te 🙂

Ti sei perso il precedente? Eccolo qui!


Il punto di vista

Il punto di vista sono gli occhi attraverso i quali il lettore si immerge nella storia. Possono essere gli occhi di un’entità che guarda dall’alto, che conosce tutto di tutti (focalizzazione zero, narratore onnisciente); o possono essere gli occhi di un’entità che si posiziona accanto al personaggio e vede solo quello che vede lui (focalizzazione esterna); o, ancora, sono gli occhi dello stesso personaggio, il cui campo visivo è ancora più limitato (focalizzazione interna).

È importante conoscere come funziona ogni punto di vista e saperlo padroneggiare bene per non incappare in sviste o veri e propri errori.

Verifica se il punto di vista adottato è uniforme

Spesso ti capita di cambiare la prospettiva attraverso la quale osservi la scena ― il punto di vista.

Talvolta il cambiamento è voluto, perché per dovute ragioni decidi di narrare le vicende di un personaggio in terza persona e di un altro in prima (è il caso di Amabile Giusti con “Tentare di non amarti”); bisogna comunque fare attenzione a non complicarsi la vita. Se, invece, non te ne sei reso conto, allora ti tocca riscrivere tutto.

Un esempio:

Andrea si riscosse al suono della sua voce. «Serena! Tutto a posto?».

Serena scosse la testa. «C’è un… problema».

Mi drizzo a sedere. «Cioè?». La guardo di sottecchi.

Qui ti sei dimenticato che seguivi la scena da un punto di vista esterno e sei entrato nella testa di Andrea. Un errore grossolano, dettato più dalla fretta e dalla disattenzione.

Controlla il tuo romanzo: il punto di vista è sempre lo stesso? O ci sono momenti in cui cambia senza motivo?

Verifica se le informazioni date sono possibili per il punto di vista adottato

Uno slittamento lungo la linea dei punti di vista può capitare. Magari, spinto dalla foga della scrittura, non ti accorgi che le informazioni che stai dando non possono essere visualizzabili dal punto di vista adottato.

Ad esempio:

Michela rimase in quella posizione per alcuni minuti che le sembrarono eterni, poi si alzò. Una fitta alla schiena la fece piegare di nuovo. Rise tra sé e sé e le lacrime le caddero lungo le guance miste al mascara e all’eye-liner. Una mano andò alla tasca dei jeans e trovò le chiavi. Le inserì nella serratura e diede due mandate. Un lembo della t-shirt le pendeva sulla schiena come la pagina semiaperta di un libro.

Come fa Michela a vedere il lembo della t-shirt che le pende sulla schiena? Al massimo può sentire che la t-shirt è strappata.

Un altro esempio:

Mi muovo circospetto lungo tutto il perimetro della casa. Sbircio da una finestra. La stanza è deserta. Mi appiattisco e mi avvicino alla porta di ingresso. Faccio per aprirla, quando Luigi, dietro di me, mi colpisce alla testa con un bastone.

Altro errore: sei in prima persona, quindi visuale limitatissima, e la narrazione è al presente. Come fa il protagonista a sapere che Luigi è dietro di lui e lo colpisce con un bastone? Non si sarebbe trattato di un errore, invece, se la narrazione fosse stata al passato e il protagonista avesse ripercorso eventi già conosciuti.

La stessa cosa succede se un personaggio legge un libro scritto in arabo, una lingua a lui sconosciuta: se è sconosciuta, come fa a sapere che è arabo? E così via.

Controlla ogni punto della tua storia. Hai dato informazioni che non potevi dare in quel contesto e con quel punto di vista? Sei uscito dal punto di vista per adottarne un altro senza motivo?

Evita il fenomeno dell’“head hopping”

L’head hopping è un termine inglese che significa saltare dal punto di vista di un personaggio a un altro nel bel mezzo della narrazione.

Riprendo uno dei tanti esempi di questo prontuario:

«Ciao, Matteo» disse Luca. Si sedette accanto a lui. Aveva notato come non lo guardasse in faccia, i suoi occhi erano palline di un flipper che saettavano qua e là.

«Luca.»

«Come stai?»

«Da quando ti interessa?» replicò Matteo. Che faccia tosta aveva a presentarsi lì!

Luca si mosse a disagio sulla sedia. «Come va il lavoro?»

«Mi hanno sbattuto fuori.»

«Mi dispiace» disse Luca. Si era pentito di essere andato lì.

«Vi ho visti, tu e mia moglie. Sull’auto, qualche sera fa» disse Matteo. E adesso come avrebbe reagito? Lo fissò dritto negli occhi per la prima volta.

Riesci a trovare l’head hopping? Esatto, sei saltato nella testa dei due personaggi per tutto il dialogo. Immagina il lettore: anche i suoi occhi saranno saettati qua e là per cercare di capire la prospettiva della narrazione. Di Luca o di Matteo?

Attento a non confondere questo errore con il narratore onnisciente. La linea è sottile.

In effetti, il narratore onnisciente sa tutto di tutti, “e manifesta questa sua onniscienza quanto e come gli pare: vede e sa tutto (anche il futuro), entra nelle coscienze dei personaggi, emette dei giudizi inappellabili” (Giulio Mozzi, “L’officina della parola”).

Per meglio comprendere come viene usato il narratore onnisciente nella scrittura, ti riporto alcuni passaggi del romanzo di J. K. Rowling, “Il seggio vacante”. L’autrice si muove fra i vari personaggi all’interno della medesima scena, analizzandone volta per volta pensieri ed emozioni. In questa scena i protagonisti sono riuniti in chiesa per il funerale di Barry Fairbrogher.

Shirley disgiunse le mani, sollevò la testa e dedicò tutta la sua attenzione all’abbigliamento di chi passava e al numero e alle dimensioni delle corone di fiori. Alcune erano state appoggiate contro la balaustra dell’altare.

[…]

Sukhvinder si girò sulla panca per cercare Lauren: era stata sua madre, fiorista, a realizzare il remo e lei voleva dire all’amica, con qualche cenno, che l’aveva visto e le piaceva, ma in quella folla così fitta non la vide. Pur nel suo dolore, Sukhvinder era orgogliosa di quel dono e lo fu soprattutto quando vide che la gente, sedendosi, lo indicava con il dito.

[…]

Samantha era schiacciata fra Miles e Maureen, a tal punto che sentiva nella carne l’anca appuntita di Maureen da una parte e le chiavi nella tasca di Miles dall’altra. Seccata, cercò di prendersi qualche centimetro in più, ma né Miles né Maureen avevano spazio per spostarsi…

Un altro romanzo dove ho trovato l’uso dell’onnisciente è “Scrigno della memoria” di M.J. Rose.

Ne riporto un passaggio:

Senza preavviso, Jeremy si avvicinò all’inferriata e afferrò il flauto in mano a Sebastian. Il suo unico pensiero era quello di far cessare la sofferenza di Meer e non pensò a sottrargli invece la chiave, che l’uomo teneva appesa alla cintura.

Sebastian si ribellò al tentativo di Jeremy, e lo respinse, facendolo cadere all’indietro e urtare la parete di pietra con la testa.

Prigioniera fa passato e presente, Meer non riuscì a reagire con la prontezza necessaria a raggiungere l’inferriata e strappare la chiave a Sebastian.

Nota come, oltre a presentare diversi punti di vista in un unico paragrafo, l’autrice dia anche alcune informazioni dall’alto, come nella frase “e non pensò a sottrargli invece la chiave, che l’uomo teneva appesa alla cintura”.

Distinguere il narratore onnisciente da un errore di punto di vista non è semplice. Devi decidere tu prima di cominciare a scrivere; sappi, però, che se scegli un narratore esterno o affidi il punto di vista a un personaggio (o più di uno), dovrai mantenerlo fisso.

E se usci l’onnisciente, devi usarlo bene. Sennò rischi di saltare da una testa all’altra e di confondere il lettore.

Controlla se non vi è confusione tra i personaggi

Se sbalzare da un personaggio all’altro nello stesso paragrafo può creare disagio nel lettore, confondere i vari personaggi è ancora peggio.

Che cosa intendo?

Considera questo dialogo:

«Non credevo che se ne fossero andati via tutti», mormorò Diego mentre frugava nella tasca alla ricerca dell’accendino.

Monica gli porse il suo. «Non se ne sono andati». Aspirò il fumo della sigaretta. «Sono morti».

«Morti?» domandò.

«Sì» rispose.

Osservò il cielo. In lontananza nubi pesanti come macigni sembravano stringere il mare in una morsa. «Sarà meglio che vada», sussurrò. Si incamminò a passo svelto verso il portoncino di legno marcio.

All’inizio sappiamo che stanno parlando Diego e Monica. Monica dice a Diego che qualcuno è morto e lui sembra stupito. Ma chi è che osserva il cielo e se ne va? Monica o Diego? Dalla narrazione sembra essere Diego, ma in realtà è Monica. Però questo il lettore non lo sa.

Controlla ogni punto della narrazione dove sono presenti più personaggi: si capisce sempre chi dice cosa? O in alcuni pezzi c’è confusione? Attento soprattutto nei dialoghi a più voci.

Che cosa devi fare

  1. Controlla il punto di vista. È uniforme? O in alcuni passaggi l’hai variato senza pensare?
  2. Controlla le informazioni che hai dato attraverso il (o i) punto di vista. Sono corrette? O hai parlato di qualcosa che da quel punto di vista non si poteva sapere?
  3. Controlla il punto di vista. In alcuni casi sei saltato da una testa all’altra nello stesso paragrafo? Attenzione! Questo punto non vale se usi (con coscienza) il narratore onnisciente.
  4. Controlla il punto di vista, soprattutto nei dialoghi. Ci sono punti in cui non si capisce chi dice cosa, chi fa cosa?