Sappiamo tutti che il dibattito intorno all’autopubblicazione non terminerà domani e nemmeno fra qualche anno.

È la battaglia, chiamiamola così, fra tradizione e innovazione. Fra chi difende (per rimanere nella metafora) l’editoria tradizionale e chi si ribella cercando nuovi porti a cui approdare.

Una battaglia che, come tante, non ha né vinti né vincitori, ma due fronti lunghi ormai chilometri.


Mi autopubblico: sì o no?

Questa è una domanda che tanti autori si sono posti, e si pongono, più di una volta nella loro carriera. La risposta tranchant, sì oppure no, va modulata poiché in un contesto come quello dell’editoria, che checché ne dicano è in continua evoluzione, non si può vedere tutto bianco o tutto nero.

C’è chi è propenso all’editoria tradizionale e c’è chi si lancia subito nell’innovazione (ormai nemmeno più tanto) del self-publishing (come ben sai, io sono più favorevole a quest’ultimo).

Chi invece è ancora indeciso, non può altro che informarsi, ascoltare, leggere, e tentare di discernere fra le varie risposte che troverà. Il che è come gettarsi a pesce in un ginepraio.

Lungi da me, in questo articolo, dibattere sui pro e sui contro dell’autopubblicazione (visto che ne ho già parlato), voglio soltanto ragionare su alcuni miti legati al self-publishing, e proprio perché miti, screditarli.

Due su tutti, uno a favore e uno contro.

Self-publishing sì: diventerò ricco in breve tempo

Sarà che ormai su internet si trova di tutto, sarà che le sue potenzialità sono infinite, fatto sta che sorgono di tanto in tanto siti che offrono servizi di autopubblicazione e che assicurano, basta seguire le loro direttive, un guadagno spropositato nel giro di poco tempo. Il motto più o meno comune è: “Pubblica su Amazon (o affini) e sarai ricco in X giorni” (magari seguendo un corso, generosamente offerto).

Niente di più sbagliato.

Certo, chiunque può arricchirsi vendendo i propri e-book o i propri cartacei, non lo nego e sono a conoscenza di soggetti (privati o aziende) che si sono fatti un nome grazie all’autopubblicazione (e anche scrittori che in seguito sono stati notati da grandi case editrici).

Ma non subito e non senza lavorare duramente.

Il “guadagno facile”, lasciamelo dire, non esiste, dai!

Piccolo aneddoto.

Quando ho aperto questo sito, un po’ di anni orsono, la prima cosa che mi sono chiesta è stata: e mo’ che faccio? Aprire un sito, pagare per farlo hostare e costruire, è come vendere un libro. Dopo l’apertura (dopo la pubblicazione), occorre guadagnare visibilità.

E quindi via a cercare consigli, corsi, farsi un’endovena di SEO e cose simili. Sono incappata in tanti corsi e infoprodotti che garantivano una visibilità immediata con scalata della classifica su Google per arrivare in prima pagina. Sono stata tentata anche di acquistarne qualcuno, o ad acquistare la consulenza, venduta, lasciamelo dire, a peso d’oro, di marketers più o meno famosi. Fortuna vuole, col senno di poi, che all’epoca non avessi tutti ’sti soldi da investire.

Infatti, il mio sito ha avuto sì visibilità, e si barcamena ancora oggi, ma solo e soltanto dopo un duro lavoro di pubblicazione di articoli e conseguente indicizzazione. Una sorta, quindi, di promozione indiretta.

Promozione: ecco la parola chiave.

Senza promozione non sarai mai visibile, né il tuo sito né tanto meno il tuo libro.

Tornando all’argomento di questo articolo: pubblicare un libro su Amazon o altrove non fa vendere subito (e quindi guadagnare pacchi di dinero), e neppure cercare di aggirare algoritmi che cambiano ogni mese e che in pochi conoscono.

Autopubblicarsi sì, certo che sì, se fatto nella giusta maniera e con criterio, ma credere che così si abbandonerà il lavoro e si andrà a vivere in qualche isola tropicale, proprio no.

Lavorare (e duramente) per far emergere il proprio libro, magari affidandosi anche ai servizi di promozione di gente seria ed esperta: allora sì che si potrebbe ottenere qualche buon frutto.

Self-publishing no: ultima spiaggia prima della fine del mondo

Autopubblicarsi? Sia mai! Se proprio lo farò, sarà perché qualsiasi casa editrice su questa terra mi ha rifiutato.

Altro mito da sfatare: non è vero che il self-publishing è l’ultima spiaggia. Come ho scritto poc’anzi, conosco tanti soggetti che sono emersi, si sono fatti un nome e guadagnano una bella sommetta. E senza passare per la casa editrice.

Ti svelo un segreto che i “tradizionalisti” non ammetteranno mai: pubblicare con una casa editrice, anche grande, anche famosa, non equivale a vendere.

Ecco, l’ho detto, e odiami per questo.

Ma anche qui ho testimonianze di persone il cui libro è stato pubblicato da X ma che vendono meno di un self-publisher alla prima esperienza. I motivi sono svariati, prime fra tutti le esigenze di mercato (oh, anche in editoria esiste un mercato, esiste l’economia, esiste il marketing), che portano a preferire un libro anziché un altro.

Il self-publishing, quindi, non va considerato come il tentativo finale di qualcosa bensì come una scelta, ragionata, ripeto, frutto di altre scelte.

In conclusione, autopubblicarsi non è diventare ricchi e famosi in un amen, ma nemmeno la triste scelta dello scrittore che ahimè nessuno ha saputo valorizzare, e nessuno ha calcolato.

È la decisione (ragionata ragionata ragionata) di un autore che ha ponderato rischi e vantaggi, e che nulla ha da recriminarsi.

E tu cosa ne pensi?

Scrivimelo nei commenti!