Perché scrivere un incipit efficace cattura i lettori

La prima cosa che mi colpisce di un libro è la copertina. A seguire il titolo, poi uno sguardo alla quarta e poi, per convincermi, leggo le prime righe.

Si gioca tutto lì: le prime righe.

Scrivere un incipit che funzioni non è semplice, sia chiaro.

Anzi, scrivere un incipit è la parte più difficile.

In poche righe si gioca tutto, e poco importa se il tuo libro è avvincente per cento pagine: se non riesci a catturare l’attenzione del lettore all’inizio, è tempo perso.

Oggi ho preparato per te tre parole chiave da usare per i tuoi incipit.

Prima, però, lascia che ti mostri alcuni incipit per farti capire come essi, seppur diversi, riescano ad attirare il lettore.

Ad esempio, ecco come inizia Revival di Stephen King, uno dei miei autori preferiti.

In un certo senso la nostra vita è veramente un film. I protagonisti sono i famigliari e gli amici. Tra i comprimari rientrano vicini, colleghi, insegnanti e conoscenze occasionali. Non mancano i ruoli minori: la giovane cassiera del supermercato con il sorriso carino, il barista affabile del locale all’angolo, i tipi con cui vi allenate in palestra tre giorni alla settimana. E ci sono migliaia di comparse, persone che attraversano la vita di ognuno come fa l’acqua in un colino, viste una volta e poi mai più. Il ragazzino che curiosa tra le graphic novel in libreria, che avete dovuto scansare (sussurrando uno «Scusami») per raggiungere le riviste. La donna nell’auto di fianco, che approfitta del semaforo per aggiustarsi il rossetto. La madre che pulisce dal gelato la faccia del suo marmocchio in un autogrill dove vi siete fermati per un boccone al volo. Il venditore allo stadio dal quale avete comperato un sacchetto di noccioline durante una partita di baseball.

Però a volte compare nella vostra esistenza qualcuno di estraneo a tali categorie. Una specie di jolly, che ogni tanto sbuca dal mazzo nel corso degli anni, soprattutto in momenti di crisi. Nei film un personaggio simile viene definito il quinto elemento o l’agente del cambiamento. Quando si presenta in un lungometraggio, sapete che è stato lo sceneggiatore a inserircelo. Ma chi scrive la nostra vita? Il fato o la pura coincidenza? Voglio credere che sia la seconda. Lo voglio con tutto me stesso. Quando ripenso a Charles Jacobs (il mio quinto elemento, il mio agente del cambiamento, la mia nemesi), non riesco neppure a considerare che la sua presenza nella mia vita fosse dovuta al destino.

Un inizio introspettivo, dove l’io narrante, la voce del protagonista, si lascia andare a considerazioni personali sulla vita e sui paragoni con una pellicola cinematografica.

Solo nel secondo paragrafo King introduce il quinto elemento e entra nel vivo della narrazione, parlando di Jacobs e come il protagonista l’ha conosciuto. Per chi non avesse letto Revival, Jacobs è la colonna portante del romanzo.

Qual è il rischio di incipit di questo genere?

Che se non sei bravo a dosare tra introspezione e azione, rischi di far addormentare il lettore.

Dicevamo… le prime righe.

Adesso leggi questo incipit, tratto da La paranza dei bambini di Saviano. L’opposto del precedente: siamo catapultati nella scena senza possibilità di fuga.

— Me staje guardanno?

— Neh, ma chi te sta cacanno.

— E che guard’a fà?

— Guarda, frate’, che mi hai preso per un altro! Io nun te penzo proprio.

Renatino stava tra gli altri ragazzi, era da tempo che lo avevano puntato in mezzo alla selva di corpi, ma quando se ne accorse lo avevano già circondato in quattro. Lo sguardo è territorio, è patria, guardare qualcuno è entrargli in casa senza permesso. Fissare qualcuno è invaderlo. Non voltare lo sguardo è manifestazione di potere.

Oppure, di tutt’altro tipo, è l’incipit di Una brava ragazza, di Mary Kubica.

Quando squilla il telefono, sono seduta in cucina, al tavolinetto riservato alla colazione, e mi sto gustando una tazza di cioccolata. Sono sovrappensiero, dalla finestra fisso il giardino che, nel pieno di un autunno arrivato in anticipo, è cosparso di foglie.

In questo caso la prima frase dice tutto: quando squilla il telefono. Benché il restante paragrafo sia descrittivo, il lettore capisce che lo squillo del telefono introduce qualcosa.

Tre incipit diversi, nello stile e nella scrittura, ma tutti e tre riescono a catturare l’attenzione del lettore.

In Revival, il lettore è incuriosito e vuole sapere perché questo Charles Jacobs sia così importante per il protagonista, che lo definisce addirittura la sua nemesi. La paranza dei bambini inizia con uno scambio di battute pungenti che anticipano quello che accadrà, la punizione per aver incrociato ingiustamente uno sguardo. In Una brava ragazza, come scrivevo, l’atto del telefono che squilla introduce qualcosa, un interrogativo: chi è? Che cosa succederà?

Scrivere un incipit: 3 parole chiave

Potrei citarti altri dieci incipit, e tutti e dieci ti incuriosiranno.

La capacità di questi autori è di essere riusciti, in poche frasi o anche in una parola, a trascinare il lettore con sé.

Non è semplice, lo ripeto, ma nemmeno impossibile.

Vediamo quali sono le tre parole chiave per un incipit che convinca (lettori e editori).

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Azione

Un incipit che racchiuda azione, se ben scritto, è più coinvolgente rispetto a incipit più riflessivi, che, tuttavia, come nel precedente esempio tratto da Revival, se strutturati bene, hanno la loro efficacia.

L’incipit in media res (nel mezzo delle cose, nel mezzo degli avvenimenti) è tipico della letteratura contemporanea, che preferisce inizi che calano direttamente il lettore nella storia, lasciando che i personaggi si raccontino attraverso le loro azioni.

In poche righe, si stabilisce il COSA. Il resto verrà dopo.

Un incipit che si avvicina a questo tipo è quello della Kubica dell’esempio precedente, ma soprattutto il libro di Saviano, che inizia con un dialogo, che assume un significato cruciale per quello che accadrà dopo.

Non sempre è possibile iniziare con un’azione, dipende dalla storia e da come vogliamo costruirla.

Se, però, vuoi scrivere un incipit che catturi il lettore, ti consiglio di inserire un’azione (anche un dialogo).

L’incipit più conosciuto di questo tipo è senza dubbio quello de La metamorfosi di Kafka.

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Sdraiato nel letto sulla schiena dura come una corazza, bastava che alzasse un po’ la testa per vedersi il ventre convesso, bruniccio, spartito da solchi arcuati; in cima al ventre la coperta, sul punto di scivolare per terra, si reggeva a malapena. Davanti agli occhi gli si agitavano le gambe, molto più numerose di prima, ma di una sottigliezza desolante.

Mostrare

“Quel ramo del lago di Como…”

Ti ricorda qualcosa? Sì, lui. Proprio lui.

L’incipit manzoniano è il più conosciuto se parliamo di inizi descrittivi e discorsivi. Un incipit che, ai giorni nostri, ci risulta un po’ stretto.

Un errore che gli scrittori alle prime armi fanno (me compresa) è scrivere descrivendo.

Scusa il gioco di parole, ma la sostanza è quella.

Se conosci la regola del Show, don’t tell, saprai già che raccontare non va sempre bene, e che spesso mostrare è la soluzione migliore.

Questo vale anche per gli incipit: se vuoi catturare l’attenzione del lettore, prediligi situazioni dove mostrerai i fatti, e lascia le descrizioni per altri punti della storia.

Certo, come nel caso precedente, dipende dal tipo di storia che vuoi raccontare: ma iniziare mostrando è meglio che iniziare raccontando.

Curiosità

Suonerà banale.

Sì, ho capito che devo catturare l’attenzione del lettore, non è il caso che me lo ripeti.

E invece io lo faccio.

Suscitare curiosità: ecco un incipit perfetto.

In qualsiasi modo tu voglia iniziare la tua storia (anche se con un’azione e mostrando sarebbe meglio), devi instillare la curiosità nel lettore, devi spingerlo a fargli girare le pagine.

Ricordi i tre incipit a inizio articolo? Tutti e tre gli scrittori hanno inserito uno o più dettagli nelle prime righe (va be’, King un po’ dopo, ma scusiamolo 😉 ) che hanno acceso la curiosità del lettore: l’agente del cambiamento, il gioco di sguardi, il telefono che squilla. Per non parlare del povero Samsa, che si è svegliato insetto!

Curiosità.

La parola chiave principale per scrivere un incipit come si deve.

Il resto è acqua sporca.

Per concludere…

In questo articolo hai scoperto le tre parole chiave per scrivere un incipit convincente:

  • Azione
  • Mostrare
  • Curiosità

E poi?

Non pensare che sia finita lì. Una volta catturate l’attenzione del lettore, devi mantenerla alta. In altre parole: anche se hai un incipit perfetto, non ti adagiare sugli allori.

Continua a incuriosire il lettore, inserisci situazioni conflittuali, dettagli che lo spingano ad andare avanti, crea personaggi che vogliono qualcosa, inserisci ostacoli.

Fermati a riprendere fiato con sezioni descrittive o didascaliche, ma non lasciare che esse abbiano il sopravvento (sì, Tolkien riempie pagine e pagine di descrizioni, ma tu non sei lui 😉 ).

Tieni incollato il lettore, da qui non si scappa.

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