Lo so, spesso ci capita di lasciar trascorrere del tempo tra un capitolo e l’altro di una storia (romanzo o racconto che dir si voglia), o di un manuale. Magari in quel periodo siamo presi da altre cose, oppure, semplicemente, non ci va di scrivere.

E così la nostra stesura inizia ad andare a singhiozzo.

Oggi, con qualche esempio tratto dalle mie avventure di imbrattacarte, ti racconterò perché è meglio scrivere con un certo ritmo, e non a spizzichi e bocconi, anche se pure a questo c’è rimedio.


Volevo scrivere…

… ma non trovavo mai il tempo.

Dai, lo so che è capitato anche a te. Cavolo, soprattutto nei mesi estivi, chi ne ha voglia di chiudersi in casa davanti a uno schermo, o a un foglio, quando fuori il sole splende? Gli amici chiamano? Il figlio vuole andare al mare? Il partner in vacanza? Il capo che ha un estremo bisogno di te anche nel weekend… Oppure sei stanco, e dopo una giornata di lavoro o studio, la voglia di scrivere proprio non ce l’hai.

Niente di più raro; anzi, non è nemmeno da stigmatizzare. Capita a tutti.

Certo, gli scrittori “duri e puri” ti diranno che in verità, se ti comporti così, di scrivere non ne hai realmente voglia, ma chi lo sa? Magari è solo un periodo no.

E il tuo libro/saggio/racconto latita, scrivi una pagina, dopo una settimana ne scrivi un’altra, e dopo una settimana un’altra ancora…

Orbene, di per sé una scrittura così frammentata non danneggia te come scrittore (è come guidare un’auto: non è che te ne dimentichi se stai senza guidare per una settimana), ma danneggia la storia.

È capitato a me di recente e voglio condividere con te le mie riflessioni. Se ti ritrovi, allora mi fa piacere sapere di non essere da sola. Se invece non è così, mi aspetto una sana risata alla mia salute!

Primo problema: dimentichi le cose

O almeno, io le dimentico.

Sono dietro alla raccolta di una serie di racconti che ho scritto in questi anni. Alcuni sono terminati, altri, dopo averli ripresi, ho deciso di allungarli. Altri sono stati scritti di volta in volta, anche dopo mesi.

In questi ultimi ho notato le mie… dimenticanze.

In questo racconto, ad esempio, a un certo punto scrivo: “Quando chiuse la telefonata, Diego si passò una mano sui radi capelli. Sfilò una Merit dal pacchetto sul tavolino di vetro e l’accese. La mano gli tremava leggermente. Forse, se avesse chiamato sua suocera… no. Doveva andare lui di persona.

Magicamente, qualche paragrafo dopo, la suocera di Diego diventa sua madre! Meccanismi parentali in via di evoluzione? No, semplice svista.

Ma non è finita qui! Sempre nel medesimo racconto, a denotare la mia distrazione livello cento, Diego prima si chiamava… Fabrizio. La suocera/madre prima era Norma, poi Dora.

Insomma, un disastro.

Queste dimenticanze capitano perché la scrittura è discontinua, e spesso quando si riprende “da dov’eravamo rimasti” non si ha voglia di rileggere i pezzi precedenti, perché sì, l’ho scritto io e quindi me lo ricordo.

Infatti.

A me non piace rileggermi, soprattutto quando sono in fase di prima stesura. So che mi bloccherei a rivedere frasi poco chiare o poco scorrevoli, e rimarrei impantanata lì anziché proseguire.

Ma il rischio di non rileggersi è di dimenticare le cose.

Secondo problema: voragini di sceneggiatura

Altro problema della scrittura a singhiozzo è incappare in clamorosi buchi di sceneggiatura, soprattutto se trascorre tanto tempo tra una pagina e l’altra (e non ci siamo riletti prima).

Sempre in questa raccolta di racconti, nel finale di una storia scrivo che gli abitanti del paese X non si capacitavano di come Mario avesse ucciso Luigi e Maria: era una così brava persona! Il problema… è che non avevo detto da nessuna parte che vi era la certezza che Mario li avesse uccisi. Come facevano a rammaricarsene, gli abitanti del paese X, se non lo sapevano?

Poteri magici? No, distrazione.

Terzo problema: ingorghi nell’intreccio

Sempre dalla mia raccolta (diamine, potrei fare un corso di editing soltanto prendendo come esempio questi racconti!), in una storia la protagonista è accanto al fratello quando questi sviene.

Quel giorno, XXX non stava bene. YYY se ne era accorta, ma lui aveva fatto finta di nulla.” Dopo, però… “Se YYY fosse stata a suo fianco, forse sarebbe riuscita a salvarlo. Invece, si trovava alla fine di un tunnel che conduceva a uno dei tanti impianti di estrazione…

O la nostra eroina ha il dono dell’ubiquità, oppure c’è qualcosa che traballa, e di certo non è il tunnel!

Non oso immaginare quali altre oscenità troverò continuando a rileggere!

C’è però una soluzione

Se anche tu ti sei trovato, o ti trovi, in una situazione del genere, tranquillo.

Hai molteplici soluzioni davanti a te.

Innanzitutto, scrivere regolarmente. Ed è la soluzione più difficile, lo ammetto. Ma non demordere. Anche se sei discontinuo, puoi riprendere a scrivere felicemente dopo aver preso alcuni accorgimenti.

Il primo accorgimento è una bella dose di editing massiccio, magari fatto da un esterno, che noterà meglio di te incongruenze, dimenticanze, buchi di sceneggiatura di una scrittura a singhiozzo.

Il secondo è una lettura approfondita dopo aver terminato la stesura e aver lasciato trascorrere un po’ di tempo. Come nel mio caso, avendo preso in mano le storie dopo mesi, mi sono balzati subito agli occhi i problemi.

Il terzo è rileggere ogni capitolo/paragrafo/pagina prima di riprendere la scrittura: solo così potrai evitare alcune sviste e dimenticanze.

Quale che sia la soluzione adottata, comunque, non abbatterti se qualcuno ti dirà che scrivendo a spizzichi e bocconi non va bene, perché una cosa la si fa o non la si fa. Ognuno ha i suoi tempi, le proprie routine. Può capitare un periodo più stressante in cui scrivere risulta più difficile, o semplicemente non senti dentro di te l’estro creativo. Ci passano tutti.

L’importante è rivedere bene ciò che si ha sul foglio quando la scrittura riprende, per evitare i problemi che ti ho descritto prima, e ben altri che magari hai avuto tu (anzi, se ti va scrivimeli in commento!)