Le brevissime

Le Brevissime è la rubrica dedicata ai miei racconti brevi o brevissimi. Stralci di deliri, sogni, incubi; o racconti creati per gioco.

Scream

Un altro racconto dal corso di Scrittura e Narrazione del Gruppo di Supporto Scrittori Pigri, edizione 2018. In questa esercitazione dovevamo recuperare un fatto di cronaca delle nostre parti e costruirci un racconto brevissimo usando il narratore onnisciente. Ecco il mio.

I due uomini erano fermi sulla vecchia Opel Corsa blu metallizzato da circa un’ora. Fuori, il buio era mangiato soltanto dagli ovali biancastri dei lampioni e da qualche luce proveniente dai caseggiati lungo la via. Nessuno si sarebbe accorto di quell’auto parcheggiata lungo il marciapiede, confusa tra le altre.

Un uomo, all’anagrafe Marcello Zardi, camminava lungo il marciapiede, infagottato in un parka marrone di una taglia più grande, con un cappello nero a coprirgli parte della pelata. Teneva accanto a sé il borsello Napapijri. Sarebbe dovuto rientrare prima a casa, ma quella sera il turno all’ospedale si era protratto più a lungo del previsto. Non si accorse dei movimenti dentro l’Opel Corsa.

I due uomini si guardarono e annuirono.

«Okay, si parte» disse il più vecchio, e si allungò sul sedile posteriore per prendere un sacchetto di plastica, dal quale sfilò una maschera di Scream.

L’altro tamburellò le dita sul volante lasciando impronte di sudore. Poi prese una Glock dal vano portaoggetti. «Si parte» ripeté.

Indossarono le maschere e uscirono dall’auto, accostando le portiere per non far rumore.

Zardi continuava a camminare, ignaro dei tipi dietro di lui, e sbuffava nuvole di alito condensato a ogni respiro.

«Fermati e consegnaci quello che hai.»

Quella frase secca, perentoria, quasi sussurrata, bloccò Zardi, che si arrestò nel bel mezzo di un passo e si voltò, spaesato.

«Dacci quello che hai, svelto» ringhiò l’uomo più alto da sotto la maschera di Scream, puntandogli addosso la pistola.

«Io…» Zardi alzò le mani e il borsello gli sbatté contro l’anca. «Io…» I suoi occhi zigzagavano dalle maschere alla pistola, dalla pistola alle maschere. «Io…»

«Non è uno scherzo. Muoviti!» L’uomo senza la pistola si avvicinò e senza preavviso gli mollò un ceffone in pieno volto.

Zardi indietreggiò, portandosi la mano al volto. «Okay… io…»

«Muoviti!» L’uomo con la pistola fece due passi avanti.

«Santo Cielo» mormorò Zardi, e si affrettò a prendere il portafoglio dal borsello. Mostrò una banconota da venti euro e una da dieci.

L’uomo con la pistola gliele strappò di mano. «Anche il cellulare, svelto.»

«Io…»

«Svelto!»

Zardi consegnò anche il vecchio Samsung Galaxy SIII, e i due uomini si allontanarono velocemente, sempre puntandogli contro la pistola.

Zardi aspettò che entrassero nell’Opel, e li maledì notando che avevano coperto la targa. Ma in quel momento ciò che più agognava era di rientrare in casa e vomitare nel water. Scappò.

Sull’auto, i due uomini si tolsero le maschere di Scream e le gettarono sui sedili posteriori.

Quello seduto sul sedile del passeggero diede una piccola pacca sulla spalla dell’altro. «Bravo, Marcello. Hai superato la prova.»

Marcello ripose la Glock nel portaoggetti. La mano tremava.