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Estate 1901. Un’antica dimora nel Vermont, piena di cose preziose e sorprendenti. La più peculiare è forse January Scaller, che vive nella casa sotto la tutela del facoltoso signor Locke. Peculiare e atipica, almeno, è come si sente lei: al pari dei vari manufatti che decorano la magione è infatti ben custodita, ampiamente ignorata, e soprattutto fuori posto. Suo padre lavora per Locke, va in giro per il mondo a raccogliere oggetti “di un valore singolare e unico”, e per lunghi mesi la ragazzina rimane nella villa ridondante di reperti e stranezze, facendo impazzire le bambinaie e, soprattutto, rifugiandosi nelle storie. È così che, a sette anni, January trova una porta. Anzi, una Porta, attraverso cui si accede a mondi incantati che profumano di sabbia, di antico e di avventura… Sciocchezze da bambini. Fantasie assurde, le dicono gli adulti. E January si impegna con tutta se stessa per rinunciare a quei sogni di mari d’argento e città tinte di bianco. Per diventare grande, insomma. Fino al giorno in cui, ormai adolescente, non trova uno strano libriccino rilegato in pelle, con gli angoli consumati e il titolo stampigliato in oro semiconsunto: “Le diecim por”. Un libro che ha l’aroma di cannella e carbone, catacombe e terra argillosa. E che porta il conforto di storie meravigliose nel momento in cui January viene a sapere che il padre è disperso da mesi. Probabilmente morto. Così la ragazza si tuffa in quella lettura che riaccende il turbine di sogni irrealizzabili. Ma lo sono davvero? Forse basta avere il coraggio di inseguirli, quei sogni, per farli diventare realtà. Perché pagina dopo pagina January si accorge che la vicenda narrata sembra essere indissolubilmente legata a lei…

Dovetti passare molte altre ore sdraiata sulla schiena, a fissare il misero raggio di sole che avanzava lentamente sul pavimento, prima di ricordare la lezione che avevo imparato da bambina: non sono dolore e sofferenza a distruggerti, è solo il tempo. Il tempo che ti si siede sullo sterno come un drago dalle squame nere, i minuti che tamburellano come artigli sul pavimento, le ore che scivolano via su ali sulfuree.

Questo romanzo è molto lungo ma capace di regalare numerose emozioni.

All’inizio un po’ lento, ma piano piano prende la giusta andatura e direzione, e non puoi che seguirne la strada alla sua mercé.

Da piccola, January vede una porta. Anzi, una Porta. E se già usiamo la P maiuscola capiamo che questa non è una porta qualsiasi. Infatti, dà su una scogliera. Ma com’è possibile se January si trova in un campo incolto?

Questo è l’inizio di una storia che molti forse riterranno banale, ma che invece, scavando a fondo (e dotati penso di una certa sensibilità), porta con sé numerose riflessioni.

In effetti, scrivere di porte che danno su mondi fantastici può sembrare logoro e ripetitivo (e ahimè pure io sto scrivendo un romanzo che parla di porte!): quanti fantasy conosciamo dove una porta (o portale, o anta o qualsiasi altro elemento che vi assomigli) conduce in un altro mondo? Tantissimi.

Eppure (come d’altronde mi hanno fatto notare numerosi sostenitori di fronte alla mia disperazione), non conta tanto la Porta, ma dove conduce.

E il romanzo della Harrow conduce in un universo davvero spettacolare.

O meglio: in universi davvero spettacolari.

I mondi non sono mai stati destinati a essere prigioni, chiuse a chiave, soffocanti e sicure. I mondi sono fatti per essere enormi case vaganti con tutte le finestre spalancate e il vento e la pioggia d’estate che ci passano attraverso, con passaggi magici negli sgabuzzini e scrigni segreti nelle soffitte.

“Le diecimila porte di January” è un inno alla fantasia, alla creatività insita in ognuno di noi: basta un semplice oggetto, anche una porta sgangherata, ad aprire la nostra mente.

Se chiedessi a dieci persone cosa immaginano dietro una porta, mi risponderebbero tutte in maniera diversa. Perché la creatività di ognuno di noi è diversa. Noi siamo tutti diversi. E così possono esistere una, due, tre… diecimila porte, e ciascuna condurrà in un mondo differente. Come nel libro della Harrow.

Ma non solo.

La storia di January è anche un inno all’amore, all’Amore, quello più forte e vero e fisico: l’amore per una madre e per un padre. Tutte le avventure di January sono rivolte a ritrovare i genitori, in una corsa contro il tempo e contro mille difficoltà che solo chi è guidato dall’Amore vero può affrontare.

Tutto questo per dirti che da una semplice storia, che sia fantasy come in questo caso ma anche di altro genere, fuoriescono milioni di messaggi. Basta saperli cogliere.

E accogliere, beninteso.