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La Stagione della fine si fa sempre più buia, mentre la civiltà sprofonda in una notte senza termine.

Essun ha trovato un luogo dove rifugiarsi, ma soprattutto ha trovato Alabaster, sorprendentemente ancora vivo; ha inoltre scoperto che è stato lui, ormai in procinto di trasformarsi in pietra, a provocare la frattura nel continente e a scatenare una Stagione che forse non terminerà mai.

E ora Alabaster ha una richiesta da farle: deve usare il suo potere per chiamare un obelisco. Agendo così, però, segnerà per sempre il destino del continente Immoto.

Nel frattempo, molto lontano, anche Nassun, la figlia perduta di Essun, è forse approdata in un luogo dove sentirsi a casa, dove coltivare la sua straordinaria dote di orogenia, per diventare sempre più potente. Ma anche Nassun dovrà compiere scelte decisive, in grado di mutare il futuro del mondo intero.


In ogni trilogia, il secondo volume è sempre quello più difficile.

Sì, perché deve iniziare a gettare le basi per la conclusione, e al contempo non trascinarsi troppo, con il rischio di annoiare il lettore.

Ho letto tanti secondi volumi di trilogie che dicevano poco e niente, rimandando il “grosso” al terzo e conclusivo.

Non è il caso de “Il portale degli obelischi”.

Se devo essere sincera, quando ho iniziato a leggere questo libro avevo paura. Sì, paura.

Paura che non fosse all’altezza di quella perla che è stato il primo. Con i romanzi di tipo fantasy-distopico sono molto esigente (dopo vent’anni che ne leggo è anche normale!), e temevo che “Il portale degli obelischi” non mi piacesse chissà che.

Per fortuna mi sbagliavo.

Certo, manca la sensazione di “meraviglia” scaturita dal primo, da un mondo in cui ci immergiamo e non conosciamo, però la bravura dell’autrice a creare una trama dal ritmo incalzante ha fatto sì che arrivassi alla fine senza nemmeno rendermene conto.

Della serie: ma è già finito? E ora?

In questo secondo volume riprendiamo le fila di dove si era fermato il primo, ossia con l’incontro tra Essun e Alabaster e lo scioglimento di alcuni nodi che erano rimasti sospesi in “La quinta stagione”. Ma ripercorriamo anche la vita di Nassun, figlia di Essun, da dopo che il padre ha ucciso il fratellino e l’ha portata via con sé.

Tieni bene a mente il nome di Nassun, perché secondo me avrà molta importanza nel capitolo conclusivo della serie (che tra l’altro bramo di leggere come un viandante che brama acqua nel deserto).

Un nome che è comparso spesso nel primo volume, ma solo in questo finalmente riusciamo a darvi un volto. E non so se a molti piacerà, perché Nassun è una personalità molto complessa, forse più della madre, e anche lei cela in sé un’oscurità che preme per tornare a galla.

Com’era successo nel primo volume, la mia attenzione è stata canalizzata in Alabaster che, diamine, adoro davvero, e quando è successo… ah, non posso dire nulla perché entrerei nello spoiler, ma immagina me seduta sulla sdraio con lo sguardo fisso per l’ineluttabilità di quanto avvenuto e per l’impossibilità di entrare nel libro e fare qualcosa. Spero di aver reso l’idea; in caso contrario mi capirai se leggerai il libro.

La serie della Terra spezzata mi ha preso tantissimo, e se hai letto la recensione del primo volume penso tu te ne sia accorto. Sono romanzi che anche quando non li leggi pensi a cosa succederà, a cosa è già successo, a come si devono essere sentiti i personaggi. Vivi con loro, insomma. Soffri, gioisci, ti arrabbi.

E questo grazie anche alla superba penna della Jemisin, che con la sua scrittura trascinante ti ipnotizza e non ti lascia più andare.

Il problema è che la mia ipnosi sta proseguendo per conto suo da un po’ di giorni.

Mi toccherà aspettare che esca il terzo volume per uscirci, forse, anche se non credo.

Una parte di me vive ormai nell’Immoto.

Classificazione: 5 su 5.