Fantasy è bello

In questa serie di articoli dedicati al genere fantasy ho chiesto aiuto a numerosi autori che si sono offerti volontari per spulciare tutto quanto riguarda questo genere letterario vastissimo e complicatissimo.

Il fantasy è bello. Dai, ci piace. Ci piace immergerci in mondi sconosciuti ai nostri. Ci piace scoprire nuove razze, oscuri poteri e armi strane.

Che sia epico, urban o qualsiasi altro sottogenere, il fantasy attrae da sempre molti lettori. Ci basti pensare a trilogie e saghe cult come Il signore degli anelli o Harry Potter. O ancora Il trono di spade. O Twilight…

Molti scrittori hanno cercato di emulare gli scrittori più famosi, dicendo: “Ma sì, proviamoci”. Molti hanno abbandonato subito, altri sono arrivati in fondo.

Ma scrivere fantasy non è solo voglia di emulazione; scrivere fantasy è creare mondi immaginari, dove noi siamo gli artefici, dove la nostra mano è quella di Dio che con qualche pennellata tratteggia città, leggi, montagne e fiumi. Scrivere fantasy è la possibilità di costruire personaggi con potenzialità uniche, o addirittura creare delle nuove razze.

Fantasy: perché?

Ripondere alla domanda: perché scrivi un romanzo fantasy? non è così immediato come sembra.

C’è molto di più che un semplice “scrivo fantasy perché mi piace”.

Sole Vismara (autrice di Ladri del cielo – Luc), ad esempio, ci confida che non sa di preciso perché ha scelto il fantasy rispetto a un altro genere: secondo lei è “la storia che nasce così, è il personaggio che chiede di non essere umano”. Poi ci svela forse uno degli aspetti che accomuna molti scrittori fantasy: il fatto che con questo genere c’è molto più spazio per l’invenzione.

In effetti, in un romanzo fantasy l’autore non deve chiedersi sempre se ciò che scrive sarà vero o no (Martina Mesaroli, autrice de Il Lupo e il Drago). È più libero “sia a livello contenutistico che a livello di “forma” (Susan Mikhaiel, autrice di The Black Rose Saga). Velma Starling si spinge ancora avanti con uno sfizioso spunto d’analisi: ogni argomento che ci ispira, che ci interessa, può essere il punto di partenza per una trama fantasy. “Se vogliamo indagare sulle dinamiche di adulterio, possiamo creare una razza che si riproduce solo per poligamia”.   

In un certo senso cadono due importanti aspetti del romanzo in generale: la ricerca e la documentazione. Non dobbiamo ripescare come vivevano le contadine piemontesi nel secondo dopoguerra, né qual era la bevanda preferita nelle corti di Luigi XIV. Non dobbiamo farci venire gli occhi a palla a furia di sbirciare una città su Google Earth.

Sembra facile, vero? In realtà l’opposto della medaglia è che dobbiamo costruire da zero la nostra ambientazione fantasy. E non è cosa da poco!

Scrivere fantasy, però, non è solo avere la piena libertà di manovra e la possibilità di “spaziare”. È qualcosa che ci tocca nel profondo, che accarezza la nostra intimità.

C’è chi sente di appartenere al fantasy, come Pietro Ferruzzi (autore de Il sigillo di Aetherea): “Ho scelto il fantasy perchè io appartengo al fantasy fin dalla prima infazia, dalle prime letture, dai primi giochi spensierati… In tutto quello che faccio ci metto passione, tempo e sudore perché non ne posso fare a meno, io sono quello che faccio, appartengo alle mie azioni e tutto quello che faccio appartiene a me”.

C’è chi sceglie il fantasy per evadere dalla quotidianità (Giorgia Pozzolini), chi perché questo soddisfa voglie personali di paranormale, battaglie e magia (Maddalena Cafaro, autrice di Ombre e The Master of Shadows), e chi, ancora, perché può scrivere di argomenti che adora da sempre (Diana Mistera, autrice di Orpheus).

Insomma, scrivere un romanzo fantasy può sembrare banale, ma non lo è.

C’è tanto dietro, tanta voglia di evadere, di creare qualcosa di nuovo; c’è tanta immaginazione che non aspetta altro che qualcuno la lasci libera di correre.