Perché parliamo sempre più inglese (e sempre meno italiano)

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Questo weekend con il mio staff abbiamo acquistato sul web un ticket fitness all inclusive per un po’ di relax e per prenderci un break. Da lunedì sarà una full immersion nel lavoro!

Ecco come, per fortuna non tutti, parliamo al giorno d’oggi.

L’italiano è una lingua in continua evoluzione, ma stiamo attenti a non ucciderla.


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Situazione peggiorata con la pandemia

È vero, questa anglomania è nettamente peggiorata nel corso di questi mesi.

Lockdown, contact tracing, smart working, termoscanner, cluster, droplet…

In pratica una parola su tre riferita alla pandemia da Covid-19 è inglese.

E spesso solo in Italia (tra i paesi europei più vicini a noi): in Francia si parla di confinement al posto di lockdown, in Spagna confinamiento (ho preso come esempio due paesi sempre molto rigidi ad accettare parole straniere).

Un fenomeno ormai dilagato, ma che getta le radici molto indietro nel tempo.

Non so quando è iniziata…

… perché non ho mai fatto studi in merito (ma sarebbe interessante) e non è il mio ramo, ma da anni, da che ho memoria, si usavano parole inglesi.

Quando ero piccola usavo il walkman. E nel 2000 mi arrivò il primo computer. Con modem 56K. Ah, e guardavo il Festivalbar. E sul Cioè uscivano i primi lip-gloss. E poi i primi smartphone, i concerti di band famosissime, i social media, la rete wireless, per arrivare allo smart working di questi mesi (accennato già prima).

Se guardiamo i linguaggi settoriali, 1 parola su 3 è inglese. Nel campo del marketing (appunto) abbiamo la SEO, gli influencer, le call-to-action, le keyword, la lead generation, l’advertising, il funnel, la landing page…

Per non parlare del campo dei videogiochi. Di recente ho letto una recensione e non ci ho capito nulla, non tanto perché fosse scritta male ma perché conteneva tanti di quei termini specifici in inglese che… boh… Backtracking, easter egg, grind, ban, tank… Eh??

E nella cosmesi? Make-up, gloss, skincare, glow, eye pencil, eye shadow, lipstick, lipbalm!

Insomma, un’invasione.

Ma perché parliamo inglese?

Davvero una bella domanda.

Rimando a un interessante articolo che ne indaga le cause, quello che posso dire io è che tendiamo a omologarci agli altri, e se quindi vengono usate parole straniere (in questo caso inglesi) piano piano ce ne accaparriamo anche noi. A volte senza rendercene conto, perché molte parole sono entrate nell’italiano già prima (come computer, mouse, scanner…) e quindi nasciamo già con esse nel nostro cervello.

In altri casi, dai, ci piace essere “fighi” e una parolina straniera ci rende più cool (appunto). A volte non c’è un traducente italiano, o se c’è è talmente poco funzionale da farci preferire il termine straniero. Pagina di atterraggio al posto di landing page? È ovvio che l’inglese funziona meglio, è più corto e più d’impatto.

Siamo comunque, quali che siano cause e motivazioni, ormai bombardati da anglicismi, è innegabile. Ho prestato attenzione a telegiornali e pubblicità, e zac! ecco che ci infilano un termine inglese. Basta ricordare il Black Friday dello scorso mese.

E le previsioni non sono rosee, tempo: chissà tra qualche mese quale altro vocabolo entrerà nella nostra lingua, e perché.

Certo, l’italiano è una lingua in costante evoluzione e tale deve essere, ma a mio avviso assistiamo a un progressivo e lento snaturamento in favore di altri idiomi, processo che per fortuna non avviene in altri Paesi, dove invece si ha a cuore la propria lingua e si cerca di preservarla, anche con commissioni ad hoc (come in Francia).

Quale sarà il futuro dell’italiano non ci è dato sapere, ma aspettiamoci altre ingerenze (non sempre utili e spesso dannose).