self-publishing italiano

Conosciamo gli autori attraverso le loro parole

Credo che l’intervista, prima di altri strumenti, sia davvero utile. Per il lettore, che conosce qualcosa di più del suo autore preferito; e per lo scrittore, che si mette a nudo e (si) racconta.

Elide Ceragioli la conosciamo già, ha partecipato a questa rubrica la settimana scorsa (se ti sei perso la recensione e la presentazione del suo ultimo libro, ecco clicca qui).

Oggi l’autrice ha deciso di raccontare qualcosa di sé, quindi basta indugiare e lasciamo a lei la parola.

Ciao e grazie per aver partecipato alla rubrica #ioleggoself. Iniziamo parlando un po’ di te. Chi sei? Che cosa fai nella vita?

Mi chiamo Elide Ceragioli, sono moglie da 35 anni, mamma di due figli (ormai grandi); di professione faccio il medico neuropsichiatra infantile, occupo il tempo libero in attività di volontariato con mio marito e, per passione, scrivo racconti e romanzi.

Com’è nata la tua passione per la scrittura?

Sono una lettrice accanita da sempre (ho cominciato a leggere a 4 anni) e la passione per la scrittura fa parte di me. Ho pubblicato il mio primo libro, “Cristiana a modo mio”, a poco più di 20 anni, nel 1978, poi c’è stato un lungo periodo di sospensione con il matrimonio, la laurea, la specializzazione, i figli… Ho ripreso scrivendo favole per i miei bambini, poi dal 2000 ho iniziato a scrivere racconti per adulti e alcuni di questi sono diventati romanzi. Ad oggi ho pubblicato due raccolte di racconti, un racconto illustrato, otto romanzi: storici e una serie di quattro giallo-polizieschi.

Il tuo ultimo libro si chiama “L’uomo che parlava alle pietre” ed è un romanzo preistorico. Ci racconti le motivazioni di questa scelta?

Ogni storia che scrivo nasce da un incontro, quasi sempre fortuito, o da un’esperienza vissuta, anche se poi la fantasia lo trasforma in una vicenda apparentemente senza riferimenti all’evento originario. Durante una vacanza in Alto Adige, casualmente ho “incontrato” Ötzi, la mummia del Similaun, e l’uomo venuto dal ghiaccio mi ha ispirato, mi ha trasmesso in qualche modo la sua storia.

Com’è nata l’idea di scrivere un romanzo ambientato nella preistoria?

La storia mi ha sempre affascinato, soprattutto quella medioevale. La scelta “preistorica” è nata, come ho detto prima, dall’incontro con Ötzi; poi, leggendo alcuni testi sulla preistoria mi ci sono appassionata e sono rimasta affascinata dai protagonisti di quell’epoca remota.

Hai qualche aneddoto da raccontarci su “L’uomo che parlava alle pietre”?

Uno dei valori più importanti per me è la famiglia. Mentre io scrivevo il romanzo ed Elena De Giorgi lavorava alle illustrazioni è emersa l’idea di valorizzare dando un volto familiare ai protagonisti. Abbiamo scelto delle fotografie a cui Elena si è ispirata e così io son diventata Ola, mio marito Uta, i miei figli Pua e Una, nostro nipote Gael, il fidanzato di Elena Tarash, e poi ci sono mio padre, mia suocera, la fidanzata di nostro figlio e il figlio della impaginatrice del libro. È stato spesso divertente lo scambio tra me ed Elena per pensare i nostri familiari facendoli “arretrare” di diversi millenni.

“L’uomo che parlava alle pietre” è arricchito con le illustrazioni di Elena De Giorgi. Ci racconti com’è nata questa collaborazione e perché hai deciso di pubblicare un libro (in parte) illustrato?

La risposta a questa domanda è ben descritta nella prefazione del libro. Nel 2011, ho partecipato alla XV Edizione Premio Letterario “Carlo Ulcigrai” con il racconto “L’uomo che parlava alle pietre” ed ricevuto una menzione speciale con la motivazione «Raffinata scrittura al servizio di una coinvolgente rievocazione del vivere primordiale». Il racconto venne pubblicato nell’antologia curata dagli organizzatori del concorso con le illustrazioni di Elena De Giorgi.

Di qui l’incontro a distanza tra me ed Elena da cui nasce un’amicizia sincera ed una interazione artistica animata dalla comune passione per il bello inteso soprattutto come valore da condividere e da offrire. L’incontro diventa occasione di sfida: se io dal racconto farò germogliare un romanzo, Elena lo farà fiorire con i suoi disegni. Ed ecco il risultato arricchito dall’idea, nata in corso d’opera, di dare ai protagonisti il volto delle nostre famiglie.

Come mai hai scelto l’auto-pubblicazione? C’è qualche ragione particolare?

Ho fatto esperienza con diversi editori, non sempre positive, sicuramente sempre complesse. Nel caso di “L’uomo che parlava alle pietre” nessun editore voleva rischiare con la pubblicazione di un romanzo illustrato. Di qui la scelta di auto-pubblicare. È una scommessa di cui non so ancora l’esito: spero possa essere un’esperienza che porta i frutti che il valore del libro merita.

Il tuo primo romanzo si chiama “La libertà delle foglie morte”. Ce ne parli brevemente?

“La libertà delle foglie morte” è un romanzo ambientato a Berlino nel 1935 quando iniziava l’applicazione delle leggi razziali. I protagonisti sono Jacob (un ragazzo molto sfigato, ma dotato) e un gruppo di suoi amici liceali. Il lettore viene accompagnato a vivere la storia di quel periodo guardandola con gli occhi di quei ragazzi e condividendo le loro esperienze.

Progetti letterari futuri che ci vuoi svelare?

Ho già detto che una delle mie passioni è il Medio Evo. Mi ci sono cimentata in diversi racconti, in “San Galgano” e soprattutto ne “Il falco e il falcone” (500 pagine “templari” ambientate tra la fine del XIII secolo e l’inizio del 1300). Il prossimo romanzo che pubblicherò (lo sto portando a termine) è ambientato in Germania nel XII secolo (epoca di Federico Barbarossa e Bernardo di Chiaravalle) ed ha come protagonista principale Santa Ildegarde di Bingen: una grande donna.

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