Letteralmente “saltare da una testa all’altra”, è uno degli errori più frequenti del punto di vista.

Lo scrittore, credendo di far bene, e forse spinto da incertezza, vuole mostrare a tutti i costi ogni pensiero di ogni personaggio… nello stesso tempo.

Risultato: un minestrone in cui non si capisce più niente.


yelling formal man watching news on laptop
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Teste che saltano

Immagina questo passaggio.

«Non ti aspettavo così presto» disse Fiorella. Guardava suo marito con la coda dell’occhio, attentissima non farsi notare. E soprattutto a celare l’espressione colpevole che sentiva dipinta sul volto.

Attila posò il borsone sul divano. A Fiorella non piaceva, preferiva che lo lasciasse per terra, ma diamine, quella sera non ne aveva proprio voglia. E sì, quel nervosismo che lo aveva accompagnato tutto il giorno faceva sì che cercasse una qualsiasi scusa per litigare.

«Non avevo voglia di fermarmi in palestra. Il lavoro mi ha distrutto.»

Fiorella continuava a guardarlo di sottecchi. Qualcosa non le tornava. «Avevo inteso che facessi soltanto mezza giornata.»

Attila si stava dirigendo in cucina. Si fermò. Era vero, diavolo. Si era completamente scordato di quella frottola. Si grattò la testa. «Sì, ma… Ettore mi ha chiesto di fermarmi. Sai, il nuovo progetto…»

In quel momento arrivò Ezio. Eccoli lì, i suoi genitori. Ancora una volta pronti a saltarsi addosso… ma non per passione. Fremevano cercando inutilmente di trattenersi. Chissà cos’altro era successo.

A primo acchito, non sembrerebbe esservi alcun errore (tralascia stile e refusi, l’ho scritto di getto). Tuttavia, un editor più attento noterà che l’errore c’è eccome, ed è uno dei più difficili da risolvere.

In effetti, tra gli errori del punto di vista, l’head hopping è uno dei più ostici.

In sostanza, mostrando i pensieri di ogni personaggio presente sulla scena, e soprattutto mostrando la scena da diverse prospettive, c’è il rischio che non solo il lettore vada in confusione, ma che non si capisca più chi è il personaggio portante.

Saltare da una testa all’altra impedisce una visione lineare e potrebbe causare difficoltà nella lettura. Se inizio una scena in cui c’è Fiorella, ipotizzo che quella scena sia vista tutta attraverso i suoi occhi. E invece poi salto ad Attila, e poi ancora a Ezio… Pensa se è così per un romanzo di 300 pagine!

Inoltre, voler mostrare a tutti i costi tutti i pensieri di ogni personaggio sulla scena potrebbe anche significare svelare tutto, anche qualcosa che magari era meglio celare per lasciare suspense.

Nonostante qualsiasi editor e scuola di scrittura creativa dica espressamente di evitare l’head hopping, è uno degli errori più frequenti che trovo e che so che continuerò a trovare.

Ma perché ci piace così tanto?

L’autore che salta da una testa all’altra non ammetterà mai questo errore (sì, lo so per esperienza).

Tra le varie scuse (oltre a “non so cosa sia” e l’usatissima “ma così non mostro bene i sentimenti dei miei personaggi), c’è quella di stare utilizzando il narratore onnisciente.

Il confine tra onniscienza e head hopping è davvero sottile, lo ammetto.

Trovare un modo per spiegare questa differenza senza perdersi in salamelecchi è complicato, ma per fortuna ho letto un bellissimo (ed esaustivo) articolo che schiarirà un po’ le idee.

Jami Gold infatti parla di voce.

È la voce l’elemento portante, che segna la differenza fra onnisciente e head hopping. L’onnisciente riporta sì i pensieri dei vari personaggi, ma lo fa in modo asettico, esterno, quasi fosse un computer: “The story is told in the author/non-character narrator/eye-of-God’s voice”.

Al contrario, una terza persona (a meno che il narratore non sia esterno e sappia meno dei personaggi stessi) è ancorata al singolo personaggio e parlerà con la sua voce.

Ecco un esempio.

Narratore esterno. Fiorella non sapeva cosa dire, né come comportarsi. Diamine, che ci faceva Attila lì con quella faccia da cane bastonato? E così presto… Meno male che Benito se ne era andato prima del previsto. Sennò come spiegare la sua presenza lì? Ecco, adesso Attila sorrideva. Perché diavolo sorrideva?

Onnisciente. Fiorella non sapeva cosa dire, né come comportarsi. Il fatto che Attila fosse tornato così presto e avesse un’espressione avvilita non giocava a suo favore. Meno male che Benito se ne era andato prima del previsto. Come avrebbe spiegato la sua presenza lì, in caso contrario? Suo marito sorrise, e quel sorriso canalizzò la sua attenzione.

Head hopping. Fiorella non sapeva cosa dire, né come comportarsi. Diamine, che ci faceva Attila lì con quella faccia da cane bastonato? E così presto… Meno male che Benito se ne era andato prima del previsto. Sennò come spiegare la sua presenza lì? Attila sorrise. Forse così si sarebbe tolto dall’impaccio e soprattutto avrebbe evitato l’ennesimo litigio. Che però non è che gli fosse sgradito. Anzi, forse avrebbe scaricato la tensione…

Una volta bene in mente la differenza, saltare da una testa all’altra sarà impossibile.

Quello che consiglio ai miei autori è di legare ogni scena a un punto di vista, e uno soltanto, così da evitare questo spiacevole errore. Ed evitare così, in sede di editing, di dover rivedere intere scene e legarle a un solo punto di vista. Processo lungo e faticoso, e anche antipatico.

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