Una delle prime cose che insegnano nei corsi di scrittura creativa e in quelli di editing è: se puoi scriverlo con meno parole, fallo.

Ossia: evita circonlocuzioni aerobiche: ne va della scrittura.

In effetti, se ci sono solo due parole per dirlo, perché usarne quattro?


Parola d’ordine: semplicità

Attenzione: una scrittura semplice non è una scrittura banale. Si tratta invece di una scrittura che scorre bene, con periodi e frasi comprensibili e un’andatura mai pesante.

È un tipo di scrittura molto utile in certi casi (storie dal ritmo veloce, ad esempio, oppure manuali che devono essere fruibili per tutti e non solo per i “tecnici”), in altri invece si predilige uno stile, diciamo, magari più sostenuto. Anche in questo caso, però, la parola d’ordine rimane sempre (nei limiti): semplicità.

Ma quando una scrittura non è semplice?

Innanzitutto quando, leggendo, soprattutto ad alta voce, ci sembra che manchi il respiro. Sicuramente siamo di fronte a un periodo lungo, con più subordinate o coordinate, e magari con un utilizzo sovrabbondante di connettivi.

La falce di luna che scendeva a picco sul lago, il quale lambiva le coste di Vallechiara, che era un piccolo borgo emiliano e meta turistica in un certo periodo dell’anno, andava a specchiarsi anche in una pozza un poco più in là, che però faticava a essere rischiarata del tutto.

Un periodo come questo, in un foglio A4 di Word con corpo Calibri 12 punti, prende quasi tre righe. Non troppe, ma nemmeno poche, soprattutto perché ci si “perde per strada” a causa dei numerosi incisi, che fanno perdere di vista il soggetto, ossia la falce di luna. Sarebbe opportuno depurarlo di ogni elemento pesante che, se utile ai fini della narrazione, andrà spostato altrove. In questo caso occorre sempre tenere presente che cosa si vuole dire in questo periodo specifico, e attirare l’attenzione del lettore su quello e soltanto quello. Ad esempio, se vogliamo attirare l’attenzione sull’immagine della luna, possiamo togliere qualsiasi riferimento a Vallechiara.

La falce di luna che scendeva a picco sul lago di Vallechiara andava a specchiarsi anche in una pozza un poco più in là, che però faticava a essere rischiarata del tutto.

Periodi pesanti possono essere dei tipi più svariati, spesso però il fil rouge è l’eccessivo impiego di avverbi, connettori (come nel caso di sopra) o gerundi (e ricordiamo che, se mal impiegato, il gerundio può provocare confusione).

Avendo letto per filo e per segno quanto recato sulla missiva, ed essendo ormai conscio di dover andare fino in fondo alla situazione, dopo che Pierpaolo ebbe consumato una veloce cena, e dopo essersi fatto una doccia ancor più veloce, uscì di casa.

Stessa lunghezza del periodo precedente, e anche in questo caso c’è qualche difficoltà a recepire il messaggio. A causa, ancora una volta, di una sovrabbondanza di informazioni (non infodump, almeno qui) che possiamo spostare altrove o riformulare.

Innanzitutto il gerundio: è davvero fondamentale? Una frase che inizia così sa sempre di “burocratese” e, a meno che non si tratti di un regolamento o altro, è meglio evitare.

Pierpaolo aveva letto per filo e per segno quanto recato sulla missiva ed era ormai conscio di dover andare fino in fondo alla situazione.

La frase è molto più snella e attira l’attenzione su due punti importanti: il contenuto della missiva e il fatto che occorre fare qualcosa.

Successivamente, l’uso ripetuto dell’avverbio ancora una volta appesantisce. Possiamo eliminarne uno, oppure entrambi. La leggibilità ne gioverà in tutti i casi.

Dopo aver consumato una veloce cena ed essersi fatto una doccia ancor più veloce, [Pierpaolo] uscì di casa.

[Pierpaolo] consumò una veloce cena, si fece una doccia ancor più veloce e uscì di casa.

Giri di parole più insidiosi

Frasi lunghe “mozza-respiro” sono soltanto un esempio di leggibilità difficile, e sono l’esempio che balza agli occhi subito.

Ci sono anche altre circonlocuzioni che sarebbe bene evitare, più piccole e magari meno evidenti, ma che uno sguardo esperto scova subito.

Innanzitutto, le incertezze.

A volte la scrittura è incerta, ma questo non è un problema perché magari è il contesto a esserlo (ad esempio un personaggio che crede di poter far qualcosa ma non è sicuro), altre volte è incerta perché per primo è lo scrittore a esserlo.

Sono sicuro che poteva essere vero che Simona aveva tradito Loris con il cugino.

Perché “poteva essere”? Se è sicuro, via l’incertezza.

Sono sicuro che Simona aveva tradito Loris con il cugino.

O ancora.

Credeva di poter affermare con certezza di non aver bevuto quella sera.

Lunga, pesante, arrampicata sugli specchi.

Quella sera non aveva bevuto.

Abbiamo poi alcune locuzioni che possono essere tranquillamente sostituite da avverbi senza che la frase perda significato.

Nel caso in cui Matteo abbia mangiato, possiamo uscire subito.

Inserendo un più agevole “se”, guadagniamo in scorrevolezza.

Se Matteo ha mangiato, possiamo uscire subito.

Idem con “nel mentre in cui”.

Nel mentre in cui pioveva, mi ritrovai a camminare senza ombrello.

Mentre pioveva, mi ritrovai a camminare senza ombrello.

Altri esempi di arrampicate sugli specchi:

  • Giuliano ebbe modo di essere informato dal superiore che quel giorno non avrebbe lavorato > Giuliano venne informato dal superiore che quel giorno non avrebbe lavorato > confusione! Chi non lavora, Giuliano o il superiore? > Il superiore informò Giuliano che quel giorno non avrebbe lavorato.
  • Giunsi/arrivai a capire di aver commesso uno sbaglio > capii di aver commesso uno sbaglio.
  • Ebbero modo di constatare che nulla di quanto avevano richiesto era stato fatto > Constatarono che nulla di quanto avevano richiesto era stato fatto.