Cronache di Miagola

Cronache di Miagola è una rubrica miagolosa. Siccome i miei gatti hanno manie di protagonismo, di tanto in tanto vogliono dire la loro. Per questo ho creato una rubrica tutta per loro. Attenzione, però: sono molto cattivi, quindi leggete a vostro rischio e pericolo.


Un giorno, Gutta La Gatta decise di partecipare a qualche fiera letteraria, nello specifico il Salone del Gatto.

Sicuramente, si disse mentre era intenta a una lunga toelettatura del suo pelo bianco e arancione, se la gente vede fisicamente il mio libro, è più spronata ad acquistarlo.


Stampò allora una cinquantina di copie del suo libro, rigorosamente autopubblicato, il bestseller (a suo dire): “Come grattare una porta”. Prenotò una camera nell’hotel più economico, per lei e per il fratello Napoleone Bonaparte, e acquistò i biglietti dei treni regionali per raggiungere la località dell’evento.

Ho speso quasi duecento eurogatti, pensò un po’ arrabbiata, osservando il salvadanaio miseramente rotto e qualche centesimo che correva qua e là, ma sicuramente con le vendite del mio libro mi rifarò delle spese, e anche delle spese per trascinarmi dietro quel grosso e peloso fratello che ogni tanto gli salta il grillo e vuole montarmi.

Arrivò finalmente il giorno prima della fiera.

Gutta La Gatta e Napoleone partirono di buona mattina, per arrivare in orario in stazione e prendere così i quattro treni che li avrebbero portati a destinazione. Sarebbero partiti alle 8:54 da Gattile con il regionale numero 8325, e sarebbero arrivati a Vibrissa Centrale alle ore 15 e trenta precise precise.

Ovviamente, non mancarono i litigi: Napoleone era (ed è) di per sé un gattone molto pigro e dedito al pisolo facile, quindi fargli trascinare una valigia e uno zaino sarebbe stata un’impresa da eroi. La povera Gutta La Gatta dovette minacciarlo più volte che avrebbero perso il primo dei quattro treni e che avrebbero dovuto viaggiare tutto il giorno, e sarebbero arrivati a destinazione tre ore dopo.

Non che servisse molto, eh! Riuscì a smuoverlo solamente dopo avergli promesso una cena luculliana a base di paté e crocchette della miglior marca. Allora il vecchio (si fa per dire) Napoleone si caricò lo zaino in spalla e, non senza lunghi sospiri e orecchie basse, seguì la sorella verso la stazione.

Per fortuna i treni furono tutti in orario, e alle ore 15 e 30 precise, Gutta La Gatta e Napoleone arrivarono a Vibrissa Centrale. Un altro litigio perché non trovarono subito l’hotel, e poi Napoleone si spalmò sul letto matrimoniale lamentando un forte dolore alle zampe posteriori, alla coda, al naso e perfino alle stesse vibrisse!

Andrò in avanscoperta, disse Gutta La Gatta al fratello, anche se lui stava già ronfando della grossa, così vedo la location e dove ci hanno piazzati. E magari mi compro anche qualcosa.

Mi raccomando crocchette e paté, si premurò di ricordarle Napoleone, improvvisamente sveglio e vigile.

Gutta neanche gli rispose.

Gutta La Gatta in un raro momento di relax.

Dopo una cena pantagruelica a spese della povera Gutta La Gatta, i due fratelli si rifugiarono in camera. Napoleone si spiaggiò per l’ennesima volta sul letto, proprio al centro, mentre Gutta La Gatta, dopo aver visto la location della fiera, sedette pensierosa sul balcone.

Il posto mi sembra un po’ infelice, pensò mentre si grattava dietro le orecchie. Ma anche strategico. Sicuramente domani venderò un sacco, visto che accanto a me ho una casa editrice di cani sfigati, e dall’altra parte un’autrice che so che scrive male, una certa Fiorellin del Prato. Che nome stupido. Per non parlare del suo libro! “Gli alberi di Natale: come tirare giù le palle”. Ma chi compra libri del genere in estate?!

Il grande giorno arrivò.

Gutta La Gatta e il fratello partirono al mattino presto, poiché la location della fiera distava dall’hotel qualche chilometro. Due zaini pieni di libri, e due borse dove avevano il pranzo , rigorosamente al sacco.  Ovviamente il povero Napoleone iniziò subito a lamentarsi: aveva fame (anche se aveva fatto una colazione di dimensioni ciclopiche), aveva male ai gommini e persino ai peli della coda. Ennesimo litigio.

Gutta La Gatta dovette nuovamente promettergli un’ennesima cena luculliana per spronarlo, e tra una scaramuccia e l’altra arrivarono alla location della fiera mezz’ora prima dell’inizio, sistemarono i libri sul tavolo a loro dedicato, li decorarono con segnalibri e volantini, e dietro sistemarono il roll-up del bestseller (a suo dire) “Come grattare una porta”.

La gente iniziò a defluire all’interno della location, ma sembrava disinteressata ai libri, specialmente a quello di Gutta La Gatta, che iniziò a piegare le orecchie e a socchiudere gli occhi (questa volta per insoddisfazione, anche se lo faceva sempre quando era contenta). Per non parlare del noiosissimo fratello, che con quella faccia da gatto bastonato di certo non spronava le persone ad avvicinarsi al loro tavolo!

Gutta La Gatta lo spedì più volte al bar per acquistare un caffè, un tè, un dolcetto, un altro caffè, altro tè, un succo di frutta, fino a che Napoleone si lasciò cadere sulla sedia, sempre più stanco, e Gutta La Gatta si posizionò accanto al tavolo, dritta, impettita e sempre più nervosa – colpa anche del caffè.

Alle ore 12:09 non aveva venduto nemmeno una copia.

 Poco male, si disse mentre beveva il quinto caffè che ilpovero Napoleone le era andato a prendere, la maggior parte della gente arriverà oggi pomeriggio.

Napoleone Bonaparte con la solita espressione afflitta.

E il pomeriggio arrivò.

E arrivò anche la sera.

E Gutta La Gatta continuò a non vendere nulla.

La casa editrice accanto a lei aveva ormai sbaraccato tutto,e pure l’autrice Fiorellin del Prato che, Gutta La Gatta l’aveva tenuta d’occhio tutto il giorno, aveva venduto sì e no tre copie. Ma sempre tre copie erano!

Andiamo? le disse Napoleone, le vibrisse basse basse. Ho fame,sono stanco, ho mal di testa, mal di gommini, mal di coda e mal di naso.

Ancora qualche minuto, gli rispose la sorella, magari vendo.

Ma cosa vuoi vendere! Non li comprano nemmeno a prezzo stracciato di fine fiera!

 Per una volta, Gutta La Gatta dovette dare ragione al fratello – cosa che capitava raramente.

 E così, mesta mesta, la coda proprio tra le zampe, che tra un po’ la faceva inciampare, Gutta La Gatta dovette rassegnarsi a riempire di nuovo gli zaini con l’invenduto – cioè tutto.

Il Salone del Gatto fu un vero e proprio flop.

Gutta La Gatta giunse ad alcune conclusioni:

  1.  Non è detto che a una fiera si venda: la gente sì è interessata, ma magari non lo è al tuo libro.
  2. Non sei da solo, anche se hai un tavolo tutto per te, e le persone potrebbero non accorgersi nemmeno del tuo libro.
  3. Proprio perché non sei da solo, ci sono meno possibilità di vendere, e ciò cresce proporzionalmente alla grandezza della fiera.

Che fare, quindi?

Gutta La Gatta decise di accantonare momentaneamente le fiere per dedicarsi a rendere più accattivante la presentazione del suo libro.

Se creo una copertina originale e che attiri l’attenzione,avrò più occhi sul mio libro, e magari la gente sarà più spronata a comprarlo,si disse. Giusto?

Non so se sia giusto o meno, ma so che le fiere letterarie e i saloni del libro sono sì belli, ma anche molto difficili da affrontare. Occorre quindi sì investire, ma non sperare di sbarcare all’Enalotto, perché è proprio così: un gioco d’azzardo, una roulette russa. O rosso o nero. Non esistono cinquanta sfumature di grigio, e nemmeno di gatto grigio.