Pillole di editing #1: bambini, ragazzi, uomini…

In questa nuovissima rubrica mi occupo di dare consigli editing su dettagli: pillole, appunto.

Dettagli che, però, se non curati, rischiano di confondere il lettore, come nel caso di oggi.

Oggi parliamo di bambini, ragazzi e uomini.

No, non è gossip né mi sono fumata il cervello.

Ma andiamo per ordine.

Foto di jklugiewicz/pixabay

Due esempi

Prendi questo breve paragrafo.

Nicoletta entrò come una furia in casa. “Roberto sta male!”
Sua madre si alzò di scatto dal divano, il libro che aveva in grembo cadde a terra. Seguì la ragazza nel corridoio e nell’appartamento di fianco.
L’uomo era riverso a terra tra il mobiletto del telefono e il porta-ombrelli.
“Che cos’è successo?” chiese la madre.
“Abbiamo litigato” rispose Nicoletta. “Poi lui ha fatto per uscire e…”
Si avvicinò al ragazzo disteso a terra.

Se già conosci i miei articoli, saprai già dove voglio arrivare.

Nel breve paragrafo parliamo di un uomo, Roberto, che è riverso a terra tra il mobiletto del telefono e il porta-ombrelli. Sta male, come afferma Nicoletta. Tuttavia quest’ultima si avvicina a un ragazzo disteso a terra.

La domanda che mi sorge spontanea è: Roberto è un uomo o un ragazzo?

C’è una differenza abissale, se vogliamo essere pignoli.

E io lo sono.

Oppure considera quest’altro esempio.

Quella ragazza mi stava sulle palle. Davvero: non sopportavo il suo essere spocchiosa, il fatto che riempisse il corpo e i vestiti di quel profumo così forte, che si atteggiasse a Dea. Non la sopportavo. Mi alzai dal banco e in pochi passi fui davanti a lei. Il profumo mi provocò un conato di vomito.
“Stammi bene a sentire” l’aggredii. “Marcus è mio. Hai capito?”
La bambina mi osservò dall’alto al basso. “Marcus chi?”

Questo esempio è ancora più lampante: la tizia che sta antipatica alla voce narrante è una ragazza o una bambina?

editing

Qualche definizione

Facciamo chiarezza.

Ecco le definizione di Treccani di uomo, ragazzo e bambino:

Essere umano di sesso maschile (uomo).

Chi è nell’età dell’adolescenza o della giovinezza (ragazzo).

L’essere umano nell’età compresa tra la nascita e l’inizio della fanciullezza (bambino).

Se uomo ha un’accezione più generica, non possiamo sbagliarci con bambino e ragazzo: entrambi designano una persona in una particolare fascia di età.

Nel momento in cui, quindi, inseriamo queste tre parole nelle nostre storie (e immagino lo facciamo molto spesso), ricordiamoci del loro significato.

Se il nostro protagonista è un maschio di quarantacinque anni, non possiamo definirlo ragazzo e nemmeno bambino (a parte alcune eccezioni, ad esempio se un altro personaggio, più anziano, si rivolge a lui in tono affettuoso: “Sei speciale, ragazzo mio”.).

Idem se la protagonista è una sedicenne: sarà antipatica, arrogante, spocchiosa, ma di certo non è una bambina. A meno che chi si rivolge a lei non le dica, con lo scopo di offenderla: “Levati dai piedi, mocciosa”.  Anche se, se la frase è attribuita a una sua coetanea, farebbe ridere: un po’ come il ladro che dà del ladro a un suo collega.

Foto: vborodinova/pixabay

Per concludere: ingoiamo questa pillola una volta per tutte!

Ogni volta che decidi di parlare dei tuoi personaggi usando un nome comune (come possono essere uomo, donna, ragazzo, eccetera), assicurati di farlo con criterio.

Non c’è cosa più antipatica che leggere un capitolo in cui Roberto è un uomo (e, quindi, nel nostro immaginario pensiamo a un tipo in età adulta) per poi scoprire nel capitolo successivo che ha diciassette anni. O che una ragazza diventa bambina e poi di nuovo ragazza: a meno che non abbia strani poteri, questo è impossibile.

editing